Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28249 del 27/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 28249 Anno 2017
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 10008-2016 proposto da:
CESTARO PASQUALE, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
MASSIMO FARINA, giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
3163

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Data pubblicazione: 27/11/2017

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
Avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, ELISABETTA LANZETTA,
SEBASTIANO CARUSO, CHERUBINA CIRIELLO, giusta delega
in atti;
– controricorrente

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/04/2015 R.G.N.
6889/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MASSIMO FARINA;
udito l’Avvocato LUCIA POLICASTRO per delega verbale
Avvocato ELISABETTA LANZETTA.

avverso la sentenza n. 2314/2015 della CORTE

RG 10008/2016

FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 2314/15, in accoglimento dell’appello
proposto dall’INPS, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda proposta da
Cestaro Pasquale, volta alla dichiarazione di illegittimità del provvedimento di recupero di
indebito del 4 maggio 2005 adottato dall’Inps, quale datore di lavoro dell’appellato, ed avente
ad oggetto le retribuzioni erogate nel periodo dal 10 luglio 1990 al 31 dicembre 1996.
1.1. Il provvedimento era stato emesso dall’Istituto a seguito dell’annullamento, da parte del

l’attribuzione del primo livello differenziato di professionalità.
1.2. La Corte territoriale, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario,
ha osservato quanto segue:
– l’indebito era riferibile al periodo dal 1990/1996 ed era scaturito dalla sentenza di
annullamento del Tar risalente al 13 dicembre 1995, per cui il termine decennale di
prescrizione non era ancora decorso al momento dell’adozione del provvedimento di recupero
del 4 maggio 2005;
– il concorso annullato, di cui alla determina n. 869/90 del Comitato esecutivo, prevedeva tra i
titoli da valutare, ai fini dell’art. 14 d.P.R. n. 43/90, per l’attribuzione dei nuovi livelli retributivi
superiori, gli incarichi di coordinamento svolti, con l’attribuzione di un punteggio diverso a
seconda dell’estensione del coordinamento;
– le mansioni svolte costituivano però solo uno dei titoli da prendere in considerazione in sede
di concorso, unitamente ad altri parametri; pertanto, il solo fatto di avere svolto funzioni di
coordinamento, elemento su cui si incentrava la domanda del Cestaro, non era in sé motivo
sufficiente per l’attribuzione del superiore livello economico;
– tra l’altro, le mansioni di coordinamento erano state svolte solo dal 29 novembre 1994, con
ciò confermando che il Cestaro non aveva titolo ad ottenere il livello differenziato, perché il
periodo interessato dal giudizio risaliva al luglio 1990.
2. Per la cassazione di tale sentenza Cestaro Pasquale proposto ricorso affidato a sei motivi,
cui resiste con controricorso l’Inps. Il ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378
c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.,
in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di pronunciare
sull’eccezione, riproposta ex art. 436 c.p.c., di inammissibilità dell’appello per difetto di
specificità dei motivi (art. 434 c.p.c.). Assume il ricorrente che l’Inps si era limitato a
riproporre le proprie tesi difensive, senza muovere specifiche censure alla sentenza di primo

i

giudice amministrativo, della procedura selettiva avviata a seguito di delibera n. 82/1986 per

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grado e non aveva contestato in – appello l’accertamento del primo Giudice circa l’esercizio di
fatto di mansioni diverse e superiori- nel periodo interessato dal giudizio..
2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. , in
relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza’ ex S.U. n, 8053 ‘del 2014. Prospetta il
ricorrente che la Corte napoletana aveva frainteso l’oggetto ‘clila causa, che non consisteva
nella richiesta di un superiore inquadramento seppure limitato ai soli fini economici e non
coinvolgeva l’esito della procedura selettiva, che aveva già formato oggetto di pronunce

decidere se la retribuzione erogata in conseguenza dell’immissione nel primo livello
differenziato di professionalità per effetto della procedura selettiva, successivamente annullata,
abilitasse o meno l’Istituto alla ripetizione delle somme pagate in esecuzione del
provvedimento poi annullato. La motivazione adottata dalla sentenza impugnata non era in
alcun modo riferibile a tale questione.
3. Il terzo motivo censura la sentenza quanto all’interpretazione dell’art. 14 d.P.R. n. 43/90,
commi da 12 a 15. Come chiarito dalla Corte costituzionale, tale normativa, innovando il
precedente quadro legislativo, aveva istituito tre fasce di professionalità con possibilità di
accesso, sulla base di concorsi per titoli, dopo un’anzianità minima di servizio, sostituendo
preesistenti forme di valorizzazione della professionalità. Anche secondo il Consiglio di Stato, il
sistema di classificazione introdotto nel 1990 per i professionisti del parastato comporta il
mutamento delle posizioni dei professionisti inquadrati in detti livelli e il conferimento di livelli
differenziati professionalità non ha natura di mero beneficio economico.
4. Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 2126 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ,
poiché, quand’anche la promozione fosse stata illegittima, troverebbe applicazione la norma
secondo cui la nullità o l’annullamento non produce effetto per il periodo in cui rapporto di
lavoro ha avuto esecuzione, ossia il lavoratore deve essere pagato per il lavoro svolto nella
qualifica attribuitagli legittimamente o illegittimamente (C.d.S., sez. V, n. 685/2006).
5. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 69 , comma 7, D.Lgs. n.
165/01 in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Nella memoria di costituzione in appello il Cestaro
aveva eccepito l’intervenuta decadenza per improponibilità dell’azione giudiziaria tendente ad
accertare il diritto dell’Istituto alla ripetizione delle somme in oggetto. Tenuto conto che il
presunto indebito attiene a crediti anteriori al 30 giugno 1998, la relativa domanda avrebbe
dovuto essere proposta entro il 15 settembre 2000.
6.

Il sesto motivo verte sull’eccezione di prescrizione. Si denuncia violazione e falsa

applicazione degli artt. 2033 e 2935 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. La Corte di appello
ha ritenuto che il diritto al recupero da parte dell’INPS fosse scaturito dalla prima sentenza di

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definitive di annullamento emesse dal Tar e dal Consiglio di Stato. Il Collegio era chiamato a

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annullamento del Tar, risalente al 13 dicembre 1995. Tale interpretazione muove dall’errata
interpretazione del dies a quo

(art. 2935 c.c) del termine in caso di ripetizione di indebito

oggettivo. L’annullamento del Tar Campania aveva interessato tutti i pagamenti effettuati
anteriormente; pertanto la richiesta di ripetizione avanzata soltanto il 4 maggio 2005 dall’INPS
era tardiva rispetto ai crediti del medesimo Istituto maturati sui singoli pagamenti e quindi a
ritroso di tutti quelli avvenuti fino al 4 maggio 1995.
7. Il primo motivo è inammissibile.

ritenuto che l’illustrazione delle tesi giuridiche svolte dall’Inps fosse sufficientemente specifica
rispetto alla sentenza impugnata. Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione
adottata comporti una statuizione implicita di rigetto (Cass. n. 5351 del 2007; nel caso ivi
esaminato, era stato ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello
nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame; cfr.
pure Cass. n. 10696 del 2007).
7.2. A parte il rilievo che la decisione della causa nel merito evidentemente comporta l’implicito
rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, va pure osservato che, in ordine alle
questioni processuali, può profilarsi un vizio della decisione per violazione di norme diverse
dall’art. 112 c.p.c., se ed in quanto la soluzione implicitamente data dal Giudice alla
problematica prospettata dalla parte si riveli erronea e censurabile (cfr., Cass. n. 1701 del
2009, v. da ultimo Cass. 22083 del 2013).
7.3. Al riguardo, ove si ritenga che la censura verta sull’implicito rigetto, il motivo non sarebbe
esaminabile, in quanto il ricorso non rispetta gli oneri di specificità e di indicazione di cui all’art.
366 c.p.c., recando la sola trascrizione dell’eccezione svolta in sede di memoria di costituzione
ex art. 436 c.p.c., ma non il contenuto dell’atto di appello, né quello della sentenza di primo
grado.
8. Il secondo, il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente per ragioni di
connessione, sono fondati alla luce della giurisprudenza formatasi in argomento.
9. Questa Corte ha affermato (sentenze n. 7424/2016 e nn. 3377, 4325 e 4448 del 2017),
proprio con riguardo alla progressione di carriera dei dipendenti dell’Inps, che l’art. 14,
comma 14, del d.P.R. n. 43 del 1990 – nel condizionare l’accesso ai livelli differenziati di
professionalità ad un concorso per titoli cui possono partecipare i dipendenti, appartenenti alla
decima qualifica funzionale, in possesso di una data anzianità e che abbiano, per un
determinato periodo, effettivamente prestato servizio nella predetta qualifica – ha inteso
riconoscere l’aumento retributivo solo a coloro che si fossero dimostrati più meritevoli,
correlando la progressione economica al maggior valore professionale della prestazione resa.

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7.1. La Corte territoriale, esaminando il contenuto dell’atto di appello, ha implicitamente

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9.1. Invero, tale normativa va letta in coerenza con i principi di perequazione retributiva ricavabili dal combinato disposto degli articoli 3, primo comma, e 36, primo comma, della
Costituzione e dalla normativa in materia di pubblico impiego (art. 45 del D.Igs 165 del 2001,
che ha recepito l’art.49 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall’art.23 del d.lgs n.546 del
1993 – e di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione pubblica (art. 97 II comma
Cost.), sicché la progressione economica deve tradursi nel correlato maggior valore
professionale della prestazione richiedibile, e quindi in un risultato del quale l’amministrazione
9.2. La Corte territoriale ha omesso di accertare se durante il periodo di riconoscimento del
livello superiore di professionalità – successivamente revocato a seguito delle sentenze di
annullamento della graduatoria di concorso da parte del giudice amministrativo – in
considerazione del lavoro effettivamente prestato, ai sensi dell’art. 2126 c.c. (e, tramite detta
disposizione, dell’art. 36 Cost.), da reputarsi compatibile con il regime del lavoro pubblico
contrattualizzato (Cass. nn. 22287 del 2014, 11248 del 2012, 10759 del 2009), il Cestaro
avesse svolto mansioni coerenti con l’acquisizione (poi annullata) del livello superiore di
professionalità.
10. Il quinto motivo è inammissibile.
10.1. L’azione giudiziale non è stata proposta dall’Inps, che ha solo emesso – quale datore di
lavoro – il provvedimento di recupero dell’indebito relativo alle somme erogate (a suo avviso)
in eccesso. L’azione è stata proposta dal Cestaro per ottenere l’annullamento del
provvedimento di ripetizione di indebito, per cui non è neppure configurabile l’ipotizzata
decadenza da un’azione che l’Istituto non ha mai proposto.
11. Il sesto motivo è infondato.
11.1. Il diritto al recupero non poteva essere fatto valere prima della pronuncia del TAR del 13
dicembre 1995. Da tale data iniziava a decorrere il decennio ex art. 2935 c.c., che appunto
prevede che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere. Il provvedimento dell’Inps del 4.5.2005 è intervenuto prima del compimento del
decennio.
12. In accoglimento del ricorso per quanto di ragione, la sentenza va cassata per il riesame del
merito alla luce del principio di diritto sopra enunciato. Si designa quale giudice di rinvio la
Corte di appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese
del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

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possa effettivamente valersi, il quale solo giustifica l’incremento patrimoniale.

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La Corte dichiara inammissibili il primo e il quinto motivo, rigetta il sesto; accoglie il secondo, il
terzo e il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa
composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’Il luglio 2017

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