Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28247 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 11/12/2020), n.28247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27010/2013 R.G. proposto da:

P.M.P., in proprio e nella qualità di erede del Sig.

C.C., Pa.Ma.La. e Z.E., rappresentati e

difesi, giusta mandato a margine del ricorso, dall’Avv. Raffaello

Lupi e dall’Avv. Claudio Lucisano, elettivamente domiciliati presso

lo studio del secondo, in Roma, Via Crescenzio, n. 91;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione distaccata di Verona, n. 43/15/2013, depositata l’8

aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.L’Agenzia delle entrate emetteva l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con riferimento all’anno 2005, nei confronti della società Fior di Loto Costruzioni s.r.l. e lo notificava all’indirizzo della società (sede legale), già estinta il 31-7-2009, in data 18-10-2010. La notifica veniva effettuata a Pa.La.Ma., attuale ricorrente, che era una dei quattro soci, nonchè ex legale rappresentante della società, quale ex liquidatrice.

2.Successivamente l’Agenzia delle entrate emetteva un altro avviso di accertamento ((OMISSIS)/2010) nei confronti di P.M.P., quale socia della ormai estinta società Fior di Loto Costruzioni s.r.l., notificato il 1011-2010, quindi a distanza di circa un mese dalla notifica del precedente avviso relativo alla società; altri tre avvisi di accertamento (il n. (OMISSIS) si riferisce all’avviso notificato a Pa.Ma.La.) venivano notificati agli altri tre soci P.M.P., in proprio, Z.E. e Pa.La.Ma., in relazione agli utili extracontabili accertati nei confronti della società ed imputati singolarmente a ciascuno dei quattro soci, in quanto facenti parte di una società a ristretta base partecipativa. Nell’avviso di accertamento notificato ai singoli soci si allegava anche l’avviso di accertamento relativo alla società ormai estinta. Negli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci si leggeva “visto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS)/2010 (v. allegato n. 2) emesso da questo Ufficio nei confronti della società Fior di Loto Costruzioni s.r.l…., nei confronti della quale è stato accertato un maggior reddito imponibile pari ad Euro 270.000,00, dovuto alla omessa contabilizzazione di ricavi).

2.La Pa. proponeva ricorso eccependo la nullità/inesistenza dell’atto presupposto emesso nei confronti della società estinta, l’inesistenza di un valido accertamento nei confronti della società che determinava l’invalidità della rettifica nei confronti dei soci, la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento emesso nei sui confronti.

3.La Commissione tributaria provinciale di Verona con sentenza n. 215/1/2011 rigettava il ricorso della Pa., rilevando che doveva essere rigettata l’eccezione in ordine al difetto di motivazione, in quanto unitamente all’avviso di accertamento che la riguardava era stato allegato “il medesimo atto relativo alla Fior di Loto s.r.l., esplicativo delle ragioni fiscali”. Inoltre, il giudice di prime cure rilevava: “Va anche respinto il rilievo della ricorrente fondato sulla dichiarata inesistenza dell’accertamento in capo alla società, posto che lo stesso non è stato formalmente contestato”; per cui “non v’è ragione per eccepire alcunchè sul conseguente, distinto accertamento personale a carico della contribuente”.

4.Proponeva appello la Pa., evidenziando che l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era nullo e/o inesistente, in quanto notificato alla società quando la stessa era ormai estinta. Eccepiva, inoltre, la mancata allegazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, in quanto il documento allegato a quello emesso nei suoi confronti differiva in varie parti da quello notificato alla società. Si doleva della violazione del principio del contraddittorio, dell’impossibilità di utilizzare la presunzione di distribuzione degli utili, della natura solo indiziaria della ristretta base azionaria, del divieto di doppia imposizione, dell’erronea determinazione dell’imposta e della non applicabilità delle sanzioni.

5.L’Agenzia delle entrate chiedeva la riunione dei giudizi di appello relativi agli altri soci P.M.P. e Z.E. “considerato che entrambe le pronunce attengono agli accertamenti per distribuzione di utili della società Fior di Loto” cfr. pagina 2 della sentenza della CTR 43/15/2013 oggetto del presente giudizio).

6.La Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n. 43/15/13, rigettava l’appello della contribuente Pa., evidenziando che l’estinzione della società non poteva pregiudicare l’accertamento nei confronti della socia che, per dimostrarne l’infondatezza, poteva esperire tutte le difese comprese quelle che avrebbe potuto invocare la società, così come previsto da questa Corte a sezioni unite n. 6070 del 2013. La difformità dell’avviso di accertamento relativo alla società, rispetto a quello “allegato” (sempre della società) all’accertamento della socia, era irrilevante ai fini della determinazione del quantum posto a suo carico (cfr. motivazione della CTR 43/15/13 “non risultano condivisibili le eccezioni sollevate dall’appellante circa la supposta mancata allegazione dell’avviso di accertamento intestato alla società che risulterebbe diverso da quello allegato all’accertamento dei soci per il motivo che la difformità risulterebbe irrilevante…”). Non era stato violato il contraddittorio in quanto non esisteva un procedimento nei confronti della società, sicchè i singoli soci avevano potuto impugnare ciascuno l’avviso di accertamento emesso nei propri confronti. Non vi era stata doppia imposizione e neppure violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47 in quanto tale norma si applicava solo agli utili regolarmente annotati nella contabilità della società, e non certo agli utili extracontabili. Non vi erano motivi per annullare le sanzioni “correttamente applicate”.

7.Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i soci P.M.P., in proprio ed in qualità di erede di C.C., Pa.Ma.La. e Z.E., depositando anche memoria scritta.

8.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Preliminarmente, deve accogliersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla Agenzia delle entrate con riferimento alla assenza di legittimazione attiva dei ricorrenti P.M.P., in proprio e nella qualità di erede di C.C., e di Z.E., perchè non sono stati parti nel giudizio definito con sentenza della Commissione regionale del Veneto 43/15/13.

Infatti, nella intestazione della sentenza della CTR si fa riferimento solo alla ricorrente Pa.La.Ma. ed anche nella motivazione si legge che “si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate che preliminarmente chiede la riunione del presente appello con quello dei signori P.M.P. e Z.E. considerato che entrambe le pronunce attengono agli accertamenti per distribuzione di utili della società Fior di Loto s.r.l.”.

La sentenza della CTR del Veneto fa riferimento sempre e soltanto alla ricorrente Pa., senza menzionare mai gli altri soci.

Infatti, le posizioni degli altri soci sono state definite con sentenza della Commissione regionale del Veneto 42/15/13, passata in giudicato, che ha respinto gli appelli dei contribuenti avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Verona n. 218/01/11.

1.1.Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente Pa. deduce la “omessa pronuncia o motivazione apparente su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Mancata considerazione di quanto specificamente prospettato dalla contribuente a dimostrazione dell’assenza dei presupposti per applicare la presunzione di distribuzione degli utili ai soci di società a ristretta base azionaria (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto il giudice di appello ha valutato solo superficialmente la questione in ordine alla sussistenza o meno di una società a ristretta compagine sociale-familiare. Inoltre, non v’è stato alcun contraddittorio sulla correttezza e legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e notificato presso la sede sociale in data 18-10-2010, quando la stessa era già estinta sin dal 31-7-2009, sicchè nessun soggetto era legittimato ad impugnare tale avviso. Peraltro, nessuna indagine era stata effettuata per verificare l’effettiva percezione delle somme in contestazione, “ribaltate” dalla società ai soci quali utili extracontabili. I soci in realtà erano quattro e non appartenevano tutti allo stesso nucleo familiare. L’estinzione della società non impedisce, in linea con la pronuncia delle sezioni unite della Cassazione (6070/2013) un accertamento anche nei confronti dei soci, ma alla duplice condizione che vi sia stato l’accertamento probatorio in ordine alla esistenza di una società a ristretta base societaria e che esista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati. Nell’avviso di accertamento notificatole, quale socia della Fior di Loto s.r.l., non è stato trovato il richiesto accertamento nei confronti della società e “la connessa motivazione del dato fattuale della ristretta base sociale” (cfr. pagina 10 del ricorso per cassazione della Pa.).

1.2.Tale motivo è infondato.

1.3.Si evidenzia che la sentenza della Commissione regionale è stata depositata l’8-4-2013, sicchè trova applicazione il vizio di motivazione nella versione declinata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, in vigore per le sentenze depositate a decorrere dall’11-9-2012.

Non si ravvisa, peraltro, la violazione del minimun costituzionale della motivazione, ancora oggetto di sindacato da parte del giudice, dopo la novella richiamata.

1.4.Nella specie, si rileva che per questa Corte, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass., sez. 5, 24 gennaio 2019, n. 1947).

Si è anche precisato, che, seppure sia vero che in genere l’esistenza di stretti rapporti familiari, costituisca una circostanza che rafforza la presunzione di una diffusione “circolare” delle notizie, tanto che la ristretta compagine viene evocata nell’ambito di controversie in cui i (pochi) soci della società di capitali erano (anche) legati da rapporti di parentela o di coniugio, tuttavia non è necessario che sussistano tali rapporti. Infatti, costituisce regola di comune esperienza quella per cui dalla ristrettezza della base sociale discende secondo l’id quod plerumque accidit e salva la possibilità del contribuente di fornire la prova contraria – un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci stessi; sicchè, anche nell’ipotesi, in cui siano assenti rapporti di parentela, scatta la presunzione che gli stessi siano edotti degli affari sociali e quindi siano consapevoli dell’esistenza di utili extra bilancio e se li distribuiscano in proporzione delle rispettive quote di partecipazione al capitale (Cass., sez. 5, 18 novembre 2014, n. 24572, che affrontava la fattispecie in cui vi erano quattro soci; Cass., 12 novembre 2012, n. 19680, con la presenza di tre soci).

Pertanto, il solo numero di quattro soci, con percentuali ognuno per il 25 %, fa presumere, pur in assenza di rapporti di parentela, che si sia in presenza di società a ristretta base. Tanto più che una socia ( P.M.P.) è erede del socio C.C., sicchè è evidente la sussistenza del rapporto di parentela. Il Giudice di appello, quindi, sul punto ha reso una stringata motivazione, ma non si può certo affermare che si tratti di motivazione meramente apparente. La Commissione regionale ha osservato che sussisteva la ristretta composizione tra soci, tanto che ha richiamato proprio la giurisprudenza di legittimità sul tema; ha, infatti, rilevato che “in merito al rapporto società-soci, il Giudice di legittimità,…ha stabilito che in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo a quelli di capitale, nel caso di società a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili…”.

Infatti, in presenza di ristretta base sociale, come nella specie, in presenza di appena quattro soci, tutti con quote del 25%, di cui due con rapporto di parentela, era onere dei contribuenti fornire la prova contraria sulla insussistenza della “ristretta base sociale”.

1.5.Il giudice di appello ha anche chiarito le ragioni per cui, nonostante l’estinzione della società, avvenuta già prima della notifica dell’avviso di accertamento nei confronti della stessa, fosse legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti dei singoli soci in relazione alla presunzione di distribuzione degli utili extra contabili.

1.6.Invero, è pacifico che la decisione sulla sussistenza degli utili extracontabili in capo alla società, e quindi sulla legittimità dell’avviso emesso nei confronti della stessa, sia pregiudiziale sulla controversia relativa agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci, che attiene alla presunzione di distribuzione degli stessi in proporzione tra loro. Se si accerta, dunque, l’insussistenza degli utili della società è chiaro che tale accertamento negativo rimuove, in tutto o in parte, il presupposto da cui dipende il maggior utile da partecipazione conseguito dal socio (Cass., sez. 5, 23 maggio 2019, che fa riferimento all’efficacia riflessa del giudicato sull’avviso di accertamento nei confronti della società rispetto ai giudizi sulla legittimità degli avvisi di accertamento ai singoli soci). E’ questa la ragione per cui in tali casi si procede alla sospensione ex art. 295 c.p.c. della controversia relativa alla impugnazione degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci, in attesa della decisione, con sentenza passata in giudicato, della controversia che ad oggetto la sussistenza degli utili extra contabili in capo alla società (Cass., sez.5, 7 marzo 2916, n. 4485; Cass., sez. 5, 19 marzo 2015, n. 5581; Cass., sez. 5, 16 luglio 2014, n. 16294; Cass., sez. 5, 31 gennaio 2011, n. 2214).

1.6.La situazione muta, però, nel caso in cui la società di capitali a ristretta base sociale sia estinta ai sensi dell’art. 2495 c.c. Per questa Corte, in tema di contenzioso tributario, la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale, se fondata su motivi di rito (nella specie, per l’estinzione della società), non fa stato nei confronti dei soci, mancando un accertamento inconfutabile sull’inesistenza dei ricavi non contabilizzati e della relativa pretesa fiscale. Ciò che preclude l’emissione di avvisi di accertamento nei confronti della società di capitale a ristretta base sociale è la decisione passata in giudicato che non sussistono gli utili extracontabili. Diversamente, in caso di estinzione della società o, comunque, in caso di sentenza che annulla l’atto impositivo emesso nei confronti della società solo per intervenuta estinzione della stessa, tale estinzione non spiega alcuna efficacia in favore dei soci. Si è chiarito che proprio l’assenza di un accertamento irrefutabile sull’inesistenza nel merito della pretesa correlata ai ricavi non contabilizzati può, impregiudicata la sorte dell’accertamento notificato alla società, essere posto a base della pretesa nei confronti del socio e costituire, se dimostrato dall’Ufficio, condizione legittimante della richiesta fiscale correlata al maggior reddito di partecipazione a carico del socio, fermi peraltro i principi espressi da questa Corte a proposito della presunzione di attribuzione ai soci degli utili extra bilancio e dell’inversione dell’onere della prova che ad essa consegue.

1.7.Peraltro, va anche osservato che per questa Corte, a sezioni unite, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass., sez. un., 12 marzo 2013, n. 6070).

Pertanto, dopo l’estinzione della società, ai sensi dell’art. 2495 c.c., correttamente l’Agenzia delle entrate ha emesso gli avvisi di accertamento nei confronti dei soci, allegando agli stessi anche l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, ma notificato alla sede, presso la sede legale, nelle mani del socio ed ex liquidatore, quando già si era verificata l’estinzione.

Il giudice di appello, sul punto, ha reso una motivazione che, seppure sintetica, è sufficiente ad esplicitare le ragioni del suo convincimento. La Commissione regionale ha, infatti, rilevato che “è pertanto opinione di questo Collegio che, nel caso di società a ristretta base sociale e nel caso di accertamento di utili extrabilancio, l’estinzione della società non possa pregiudicare l’accertamento nei confronti dei soci i quali, per dimostrarne l’infondatezza, possono esporre tutte le difese comprese quelle che avrebbe potuto invocare la società (v. Cass. S.U., 12.3.2013 n. 6070)”.

2.Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono il “vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Violazione e/o falsa applicazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.. Assenza di contraddittorio sui presunti utili extra bilancio della società”, in quanto i soci non hanno potuto spiegare le proprie difese in ordine alla sussistenza degli utili extracontabili in capo alla società. Non è corretta, dunque, la decisione del giudice di appello laddove ha ritenuto che non vi è stata violazione del contraddittorio in quanto i procedimenti dei soci, seppure separati, si sono svolti in modo tale da non compromettere il diritto di difesa degli stessi. L’avviso di accertamento nei confronti della società è divenuto definitivo solo perchè non esisteva sin dall’origine un soggetto legittimato ad impugnarlo. Tra l’altro, non tutti i soci avevano avuto la gestione della società, essendo alcuni meri finanziatori. Il giudice di appello ha considerato come dato certo che la società avesse omesso ricavi, con conseguenti utili extracontabili, solo perchè l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era divenuto definitivo, in quanto non impugnato per essere stato notificato a società già estinta.

2.1.Tale motivo è infondato.

Il giudice di appello ha ritenuto condivisibilmente che “non risulta nemmeno violato il contraddittorio per il fatto che non esisteva un procedimento nei confronti della società e i procedimenti nei confronti dei soci, seppur separati, sono stati svolti in modo da non compromettere il diritto alla difesa dei soci stessi”. Del resto, nella motivazione si evidenzia che anche la Commissione provinciale, che ha rigettato il ricorso della contribuente, ha accertato che alla socia Pa. è stato allegato, unitamente all’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, anche quello emesso nei confronti della società già estinta (“La Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso…ha disatteso l’eccezione del contribuente concernente l’omessa motivazione in quanto all’avviso di accertamento sarebbe stato allegato l’atto relativo alla Fior di Loto”).

Proprio nel ricorso per cassazione del resto si ammette che alla socia è stato allegato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società (cfr. pagina 2 nota 1 “negli avvisi di accertamento allegati si legge testualmente “visto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) (v.allegato n. 2) emesso da questo Ufficio nei confronti della società Fior di Loto Costruzioni s.r.l., nei confronti della quale è stato accertato un maggior reddito imponibile pari ad Euro 270.000,00 dovuto alla omessa contabilizzazione di ricavi”).

Il giudice di appello ha anche affermato che la diversità esistente nell’avviso di accertamento della società allegato all’avviso emesso nei confronti della Pa., era del tutto irrilevante ai fini della determinazione del quantum accertato in capo alla stessa.

La socia, dunque, avrebbe potuto contestare, una volta venuta a conoscenza anche dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, sia la sussistenza degli utili extrabilancio, sia l’esistenza della società a ristretta partecipazione. Nè nei giudizi di merito, nè in sede di legittimità, però, la socia ha confutato specificamente le risultanze dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, fornendo la prova contraria.

Costituisce, peraltro, circostanza pacifica quella per cui l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, quando la stessa era stata già cancellata dal registro delle imprese (in data 31-7-2009), è stato notificato proprio alla Pa. in data 18-10-2010, quale ex liquidatore della società.

3.Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamentap.6 la “omessa pronuncia sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni per mancanza dell’elemento soggettivo richiesto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, in quanto il giudice di appello si è limitato ad un laconico “non risulta sussistano motivi per l’annullamento delle sanzioni che appaiono correttamente applicate”.

3.1.Tale motivo è infondato.

Invero, il giudice di appello ha pronunciato sul motivo di impugnazione ritenendo che le stesse sono state correttamente applicate e che non sussistono ragioni per il loro annullamento; sicchè non sussiste il vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c..

4.Le spese del giudizio vanno poste a carico dei ricorrenti, in solido tra loro, per il principio della soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso presentato da P.M.P., in proprio e nella qualità di erede di C.C., nonchè da Z.E.; rigetta il ricorso presentato da Pa.Ma.La..

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

 

 

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