Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28245 del 27/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28245 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: VALLE CRISTIANO

ORDINANZA

sul ricorso 10871-2012 proposto da:
ATAC S.P.A. c.f. 06341981006, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio
degli avvocati GIAMPIERO PROIA, MAURO PETRASSI, che
la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
2993

OTTAVIANI VALTER, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato
RICCARDO FARANDA, che lo rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 27/11/2017

avverso

la

sentenza

n.

3161/2011

della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/05/2011 R.G.N.

3009/2009.

Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non
partecipata del 28 giugno 2017, dal consigliere relatore Cristiano Valle.
Rilevato che:
la Corte di appello di Roma, sezione lavoro, con sentenza del 8.4. – 7.5.
2011, n. 3161, ha rigettato l’appello proposto da Trambus s.p.a. avverso
la sentenza del tribunale di Roma che aveva accolto la domanda

di formazione lavoro stipulato con ATAC s.p.a. (che aveva a sua volta
stipulato contratto di fornitura di lavoro temporaneo con Obbiettivo
lavoro s.p.a.), dichiarato la sussistenza tra l’Ottaviani ed ATAC s.p.a. di
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 11.10.1999; dichiarato
il diritto dell’Ottaviani ad essere inquadrato da detta data, al IV livello,
parametro 150, con qualifica di conducente di linea ed applicazione del
trattamento economico e normativo previsto dalla legge e dalla
contrattazione collettiva, incluso l’accordo aziendale del 11.7.2000 e
condannato la Trambus s.p.a. a corrispondere al lavoratore le
corrispondenti differenze retributive, oltre accessori, e spese
processuali, da distarsi, con rigetto della domanda riconvenzionale della
società;
avverso detta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione
ATAC s.p.a. con plurimi motivi di cui: il primo con riferimento all’art.
360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 12 preleggi, all’art. 3 del
d.l. n. 726 del 1984, conv. con modif. in I. n. 863 del 1984, degli artt.
115 e 116 c.p.c., e comma 1, n. 5, c.p.c.; il secondo con riferimento
all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione
degli artt. 1321, 1362 e segg. c.p.c., in relazione all’accordo collettivo
aziendale del 11.7. 2000 ed al verbale di accordo del 24.3. 2005; il terzo
per violazione e falsa applicazione, art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., del
c.c.n.l. 23.7.1976 e dell’accordo collettivo nazionale del 12.7.1985 e
dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2126 c.c.;
Valter Ottaviani ha resistito con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
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proposta da Valter Ottaviani e pertanto: accertata la nullità del contratto

e in quella del controricorrente è chiesta la condanna della società
ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
ritenuto che Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di
contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di
formazione determina la trasformazione, fin dall’inizio, del rapporto in
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualora

totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività
formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel
progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto; in questa seconda
ipotesi il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità
dell’inadempimento, giungendo alla declaratoria di trasformazione del
rapporto (si vedano, per tutte, Cass. n. 2247 del 2006, Cass. n. 15308
e n. 19846 del 2004 e, più specificamente, Cass. n. 5644 del 2009,
relativa all’ipotesi in cui il lavoratore, già al momento della sua
assunzione con c.f.I., possegga la professionalità che, secondo gli
accordi intervenuti, dovrebbe costituire lo scopo del programma
formativo avendo espletato in precedenza analoga attività lavorativa);
la sentenza gravata, che ha rilevato che l’Ottaviani venne, dopo pochi
giorni dopo l’assunzione con c.f.I., subito addetto a servizio di linea senza
ricevere alcuna fattiva formazione è, quindi, corretta in diritto;
ritenuto che la volontà di limitare la corresponsione dell’ERS solo ai
lavoratori che al marzo del 2000 fossero formalmente dipendenti a
tempo indeterminato, con esclusione di coloro i quali fossero divenuti
tali per effetto di successivo riconoscimento giudiziale, non sia
desumibile dall’accordo del 2000, non essendovi alcuna clausola
contrattuale che legittima siffatta ricostruzione della volontà delle parti;
né la società ricorrente la indica, limitandosi a prospettare le ragioni
storiche che indussero le parti alla previsione dell’ERS, tanto, tuttavia,
non è sufficiente, atteso che la volontà esplicitata nell’intesa del 2005
non trova alcun riscontro nell’accordo del 2000, dove si fa riferimento al
“personale in forza a tempo indeterminato alla data di stipula del
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l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella

presente accordo”, né in altre clausole collettive; la ratio posta a base
dell’accordo del 2005, come prospettata dalla stessa società ricorrente
è, all’evidenza, del tutto estranea all’accordo precedente ed è funzionale
all’esigenza di far fronte ad una situazione venutasi a creare dopo
l’accordo del 2000;
ritenuto che, con riferimento al terzo motivo di ricorso, è consolidato il

deve escludersi, in relazione alle disposizioni previste dall’art. 5 r.d.l. 15
marzo 1923, n. 692 e dall’art. 3 r.d.l. 19 ottobre 1923 n. 2328 (che
prevedono una maggiorazione pari al 10% della retribuzione per la
prestazione di lavoro straordinario), l’illegittimità degli accordi aziendali
23 giugno 1983 e 28 luglio 1988, nella parte in cui prevedono la
riduzione a trentasette ore della durata della prestazione lavorativa
settimanale, rimanendo fermo il riferimento all’orario previgente,
determinato in trentanove settimanali dal c.c.n.l., ai fini retributivi (e, in
particolare, per la determinazione della quota oraria della retribuzione,
rilevante anche per il computo del compenso per lavoro straordinario),
in quanto la difformità fra l’orario rilevante ai fini normativi e retributivi
e la durata della prestazione effettivamente richiesta consegue non ad
una costruzione arbitraria o solo fittizia, ma alla imposizione di
determinati limiti, effettivamente voluti dalle parti, ad una pattuizione di
maggior favore per i lavoratori: ossia nella riduzione della prestazione
lavorativa, mediante la riduzione dell’orario di lavoro, a fronte di una
situazione normativa che non consentiva un incremento retributivo,
neppure limitato alle sole prestazioni straordinarie, in virtù del divieto di
deroghe migliorative stabilito, per gli accordi aziendali, dall’art. 5 ter di.
702 del 1978, introdotto dalla legge di conversione 8 gennaio 1979, n.
1, e vigente all’epoca della stipula dei suddetti accordi (Cass. n. 6068
del 2014, Cass. n. 10710 del 2002), sicché, non rilevano nel caso di
specie le sentenze citate dalla ricorrente (oltre a Cass. n. 12661 del
2004, Cass. n. 8423 del 2008, Cass. n. 9614 del 2006) siccome
riguardanti profili diversi da quello in discussione;
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principio secondo cui, nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri,

ritenuto, conclusivamente che il ricorso debba essere rigettato;
ritenuto che al rigetto del ricorso consegue la regolazione delle spese di
questo giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione al
difensore antistatario, senza condanna risarcitoria, richiesta dal
controricorrente in memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., non potendosi
accogliere la domanda ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. non

ricorso per cassazione le questioni agitate in esso – ed in specie quella
relativa al terzo motivo – erano ancora controverse ed oggetto di diverse
opzioni interpretative, come da precedenti scrutinati;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la società ricorrente al pagamento
delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro
4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, con distrazione in favore
dell’avvocato Faranda, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di
Cassazione, sezione IV lavoro, in data 28 giugno 2017.
Il presidente
Giovanni Am

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