Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28243 del 27/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28243 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

ORDINANZA
sul ricorso 16059-2012 proposto da:
SCHIAVO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DELLA BALDUINA, 66, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE SPAGNUOLO, rappresentato e
difeso dall’avvocato PAOLO IMPERATO, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
2017
2983

S.I.S. SEGNALETICA INDUSTRIALE STRADALE S.R.L. in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO
MAROCCO, rappresentata e difesa dall’avvocato

Data pubblicazione: 27/11/2017

FABRIZIO GIOVAGNONI, giusta delega in atti;
– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 1092/2011 della CORTE
D’APPELLO di SALERNO, depositata il 05/04/2012 R.G.N.

924/2009.

1) 16059/12
!,

p

RILEVATO

Che con ricorso al Tribunale di Salerno, Stefano Schiavo esponeva di
aver lavorato, per effetto di cinque contratti di lavoro part-time, alle
dipendenze della S.I.S. (Segnaletica Industriale Stradale) s.r.I., dall’8.
4.02 al 5.8.03 con dedotte mansioni di ausiliario al traffico; lamentava
di non essere stato adeguatamente retribuito in proporzione alla

l’applicazione del c.c.n.l. EE.LL. invece di quello industrie
metalmeccaniche applicato), con condanna della SIS al pagamento
delle relative differenze retributive.
Che il Tribunale respingeva la domanda, con sentenza che veniva
appellata dallo Schiavo.
Che radicatosi il contraddittorio, con sentenza depositata il 5.4.12, la
Corte d’appello di Salerno rigettava il gravame.
Che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso lo Schiavo,
affidato a cinque motivi, cui resiste la società con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO
Che con il primo motivo il ricorrente denuncia la “violazione e\o falsa
applicazione dell’art. 2070 c.c. in relazione al principio di
autolimitazione scaturente dal vincolante contratto di appalto (col
Comune di Ravello), con conseguente violazione dei principi di
concorrenza e parità di trattamento in tema di gare pubbliche”
(relativamente alla gestione del parcheggio di piazza Duomo in
Ravello).
Che il motivo è inammissibile dovendo considerarsi che, nulla
risultando al riguardo nella motivazione della sentenza impugnata, era
onere della parte odierna ricorrente, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta
deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in
ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in
quale specifico atto del giudizio precedente, ed in quali termini, ciò
sarebbe avvenuto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la
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quantità e qualità del lavoro svolto (chiedendo al riguardo

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veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta
questione (cfr. Cass. n.7149\2015, Cass.n. 23675\2013). Il dedotto
contratto di appalto no risulta poi depositato, in contrasto con l’art.
369, comma 2, n. 4 c.p.c.
Che con secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 36
Cost., oltre a vizio di motivazione circa il raffronto, ai fini retributivi,
col c.c.n.l. autoferrotranvieri ed EE.LL.

ampiamente esaminato la questione del c.c.n.l. applicabile,
evincendone che correttamente la datrice di lavoro aveva applicato il
c.c.n.l. metalmeccanico in base all’art. 2070 c.c. a mente del quale
l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del
contratto collettivo,

si determina secondo l’attività effettivamente

esercitata dall’imprenditore. Se l’imprenditore esercita distinte attività
aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro
le norme dei contratti collettivi corrispondenti alle singole attività.
Che nella specie non è neppure dedotto, e tanto meno provato, che la
società esercitasse distinte attività aventi carattere autonomo, mentre
è pacifico che essa esercitasse attività inerente la segnaletica stradale,
mentre la pretesa dello Schiavo di vedersi applicato tutt’altro c.c.n.l.
(in particolare quello inerente gli enti locali) non è meritevole di
accoglimento, basandosi solo sulla dedotta attività personale del
lavoratore, sia pur similare a quella dedotta di ausiliario del traffico
(avente disciplina pubblicistica del tutto differente). Deve al riguardo
ribadirsi che il primo comma dell’art. 2070 cod. civ. non opera nei
riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha
efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali
stipulanti ed a coloro che, esplicitamente o implicitamente, al contratto
abbiano prestato adesione. Pertanto, (anche) nell’ipotesi di rapporto di
lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un
settore

non

corrispondente

a

quello

dell’attività

svolta

dell’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un
contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per
appartenenza sindacale (Cass. n. 16340\09).

Che il motivo è infondato, posto che la sentenza impugnata ha

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he nella specie risulta peraltro dalle stesse deposizioni testimoniali
citate dal ricorrente (pag. 10 ricorso) che i testi escussi hanno
affermato che lo Schiavo si occupava anche dei problemi tecnici legati
alla cassa centrale

del parcheggio di Piazza Duomo,

prestando

all’occorrenza la necessaria assistenza al sistema automatizzato,
mansioni, peraltro non prevalenti, che nulla hanno a che vedere con

Che con terzo motivo lo Schiavo denuncia la violazione dei canoni
ermeneutici in tema di riconoscimento dell’indennità di reperibilità e
dell’uso del proprio mezzo; che il motivo è inammissibile mirando
semplicemente a contrastare l’adeguato accertamento svolto dal
giudice di merito circa la mancanza di prova sia della dedotta
reperibilità che dell’uso del mezzo di spostamento proprio.
Che al riguardo deve rammentarsi il pacifico orientamento di questa
Corte secondo cui il controllo di logicità del giudizio di fatto, ivi
compreso quello inerente l’interpretazione degli atti negoziali e quello
denunciato sub violazione dell’art.115 e\o 116 c.p.c. (cfr. Cass. n.
15205\14, Cass. n. 12227\13), consentito dall’art. 360, comma primo,
n. 5) cod. proc. civ., non equivale alla revisione del “ragionamento
decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad
una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una
simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si
risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione,
contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del
vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di
procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma,
propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Né, ugualmente,
la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è
demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito)
giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze
istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio
diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a
fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso “sub specie” di
omesso esame di un punto decisivo. Del resto, il citato art. 360,

l’ausiliario del traffico.

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mma primo, n. 5, cod. proc. civ. non conferisce alla Corte di
cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma
solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della
correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del
merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio
convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne

probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
(Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass.
8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass.
27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass.5
maggio 2010 n.10833, Cass. n.15205\14).
Che con quarto motivo lo Schiavo lamenta la violazione dell’art. 416
c.p.c. (sotto il profilo del principio di non contestazione circa la
dovutezza di C.600,91 quale residuo sulle mensilità pregresse e t.f.r.).
Che il motivo è inammissibile non avendo il ricorrente neppure dedotto,
prima ancora che documentato, di aver devoluto la questione al giudice
del gravame (per cui si rinvia a quanto osservato in ordine al primo
motivo).
Che con quinto motivo lo Schiavo si duole della ritenuta infondatezza
della domanda in ordine alla temerarietà della domanda
riconvenzionale avanzata dalla società diretta a conseguire il
risarcimento dei danni provocati dal lavoratore per avere, in tesi,
disattivato le telecamere site in Piazza Duomo, consentendo l’ingresso
a determinati clienti attraverso l’utilizzo della sua tessera magnetica.
Che il motivo è infondato, posto che, ai fini del riconoscimento della
dedotta responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., in via generale
rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass.
n.327\10), è necessaria non solo l’infondatezza della pretesa (nella
specie indimostrata), ma altresì l’elemento soggettivo di avere agito in
mala fede (o colpa grave), parimenti indimostrata e comunque basata
su elementi e fatti che era onere del ricorrente provare di aver
devoluto al giudice del gravame.
Che il ricorso deve essere pertanto rigettato.

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l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze

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e spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per

nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.

Roma, così deciso nella Adunanza camerale del 28 giugno 2017
Il Presidente
(dr. Giovanni A
IL cAN

Maria

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esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali

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