Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28243 del 06/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2018, (ud. 06/07/2018, dep. 06/11/2018), n.28243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7962-2017 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 20, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO ALFREDO BIANCHI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CETRANGOLO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati EMMA TORTORA, GENNARO SASSO, VALERIO CASILLI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 810/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 07/10/2016 R.G.N. 1367/2014.

Fatto

RILEVATO

1. la Corte di Appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta da D.M.G., volta alla condanna della Azienda Sanitaria Locale di Salerno al pagamento delle differenze retributive correlate allo svolgimento di mansioni di dirigente di struttura complessa;

2. avverso questa sentenza D.M.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale ha resistito con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno.

Diritto

CONSIDERATO

3. con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., degli artt. 2089 c.c. e sgg, difetto di motivazione ed errata interpretazione dell’art. “41 CCNL Dirigenza medica e Veterinaria 1998/2001- 2002-2005 integrativo (10.2.2004) -31.11.2005; 17-10-2008; 7/1/2011; deduce che la sostituzione si era protratta per ben 19 anni

4. con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 5, violazione dell’art. 36 Cost., degli artt. 2089 c.c. e sgg., dell’art. 8, comma 7 (“recte” art. 18, comma 7) del CCNL Areca Dirigenza medica e Sanitaria del quadriennio 1998-2001 e successive integrazioni; addebita alla Corte territoriale di non avere valutato attraverso la rinnovazione della CTU se le differenze retributive limitatamente alla indennità di posizione e alla indennità di cui all’art. 18, comma 7 del CCNL 1998-2001 fossero state corrisposte nella misura dovuta per tal via incorrendo in errore di diritto per erronea valutazione degli atti “processuali e probatori”;

5. in via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

6. l’art. 360 bis c.p.c., si applica soltanto laddove la giurisprudenza della Corte di cassazione già abbia giudicato nello stesso modo della sentenza di merito la specifica fattispecie proposta dal ricorrente oppure quando il caso concreto non sia stato ancora deciso ma, tuttavia, si presti palesemente ad essere facilmente ricondotto, secondo i principi applicati da detta giurisprudenza, a casi assolutamente consimili, e comunque in base alla logica pacificamente affermata con riguardo all’esegesi di un istituto nell’ambito del quale la vicenda particolare pacificamente si iscriva;

7. evenienze, queste, che non ricorrono nella fattispecie in esame perchè le censure, al di là della loro fondatezza e della loro ammissibilità sotto profili diversi da quello eccepito, mettono in discussione la corretta applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio dei principi di diritto già affermati da questa Corte in tema di trattamento retributivo spettante ai dirigenti medici in caso di svolgimento di funzioni dirigenziali di struttura complessa in sostituzione del titolare della struttura e la valutazione del materiale probatorio;

8. la questione posta con le censure in esame è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella qui controversa, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. 15577/2015, 584/2016, 9879/2017);

9. il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perchè l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale;

10. l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 29 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;

11. per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo 2^;

12. quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 6 del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”;

13. il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”;

14. la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”; hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice);

15. il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici;

16. è, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori;

17. il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;

18. le considerazioni che precedono inducono, pertanto, il Collegio a non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 13809/2015, che ha ritenuto di poter ravvisare lo svolgimento di mansioni superiori in caso di sostituzione protrattasi oltre il limite massimo di dodici mesi;

19. la pronuncia, rimasta isolata, è stata superata dalle decisioni richiamate al punto 4, sicchè allo stato non è più configurabile un effettivo contrasto, idoneo a giustificare la rimessione ex art. 374 c.p.c., comma 2, alle Sezioni Unite di questa Corte;

20. le censure che addebitano alla sentenza la violazione degli artt. 2089 c.c. e sgg. sono incomprensibili perchè riferite a disposizioni di legge non più in vigore (R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721, D.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369);

21. le censure formulate nel primo e nel secondo motivo sono inammissibili nella parte in cui imputano alla sentenza vizi motivazionali sulle questioni giuridiche dedotte in giudizio in quanto il vizio motivazionale può concernere soltanto una questione di fatto e non di diritto perchè la violazione o falsa applicazione della norma ricorre o non ricorre a prescindere dagli argomenti posti dal giudice a fondamento della decisione. (Cass. SSUU 28054/2008; Cass. 1648/2018);

22. le censure formulate nel secondo motivo sono inammissibili nella parte in cui deducono l’omessa valutazione di atti processuali e di documenti che proverebbero la mancata corresponsione di alcuna indennità economica nel periodo compreso tra il 25.2.1998 e il 15.11.2003 perchè il ricorrente, in violazione dei principi sanciti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, non ha specificato il contenuto, almeno nelle parti significative, degli atti processuali e dei documenti che la Corte territoriale non avrebbe esaminato, non li allega al ricorso e non ne specifica la sede di produzione (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010);

23. sulla scorta delle conclusioni svolte, il ricorso va rigettato con compensazione delle spese del giudizio in considerazione del precedente giurisprudenziale favorevole alle tesi del ricorrente;

24. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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