Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28240 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/11/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 04/11/2019), n.28240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9714-2018 proposto da:

E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI NATALE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 7076/2017 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 03/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con decreto depositato in data 3 marzo 2018, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso presentato da E.P., cittadino del Ghana, avverso la decisione della Commissione territoriale di Ancona di negare il riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure il riconoscimento della protezione umanitaria.

Ha ritenuto in particolare il Tribunale che “le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il proprio Paese di origine sono inidonee a giustificare il riconoscimento di una misura di protezione, essendo confinate nei limiti di una vicenda meramente privata determinata da motivi economici”; che “difettano le condizioni per l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato”, posto che “non si può ritenere, nel caso di specie, che egli sia un perseguitato e che si trovi nelle condizioni di non potere o non volere, a causa del timore della persecuzione, avvalersi della protezione del Paese di provenienza”; che difettano anche le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non trovandosi nell’attuale il Paese del Ghana nelle condizioni stabilite dalla norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c; che “non sussistono particolari motivi di carattere soggettivo che giustifichino l’adozione della misura della protezione umanitaria”.

3.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso E.P., articolandolo in quattro motivi di cassazione.

Ha resistito, con controricorso, il Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione del Tribunale di Ancona:

(i) col primo motivo, per violazione di legge, per non avere il decreto valutato la “coerenza e plausibilità della narrazione”;

(ii) col secondo motivo, per violazione di legge, per non avere il decreto considerato che il “ricorrente in caso di rimpatrio rischia di subire atti di violenza fisica e psichica da cui i soggetti statuali non sono in grado di fornire protezione”; (iii) col terzo motivo, per violazione di legge, per non avere il decreto “acquisito le necessarie informazioni sulla situazione del Paese di origine e di provenienza”; (iv) col quarto motivo, per violazione di legge, per non avere il decreto acquisito “informazioni precise e aggiornate sulla situazione socio politica del Paese”, nè avere “adeguatamente e chiaramente argomentato in ordine alla insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria”.

5.- Il ricorso dev’essere respinto.

Il primo motivo non si confronta con la ratio decidendi del decreto, che in realtà si concentra sul carattere “privato” della vicenda che ha determinato il richiedente all’espatrio e non già su una valutazione di (non) credibilità della narrazione del medesimo.

Il secondo motivo è inammissibile perchè, nel concreto, si limita ad asserire – in termini affatto generici – la sussistenza del rischio di violenze “fisiche e psichiche” a danno del richiedente in caso di suo rimpatrio. Senza neppure indicare le ragioni oggettive che possano in qualche modo accreditare la presenza di questo rischio (il ricorso, tra l’altro, esponendo solo che il ricorrente è stato “costretto a lasciare il Ghana nel 2015 per ragioni politiche e socio-economiche”), nè la dimensione del rischio e le sue specificità.

Il terzo motivo trascura che il Tribunale ha valutato la situazione sociale e politica del Ghana, facendo riferimento a fonti attendibili e aggiornate (cfr., in specie, Unità COI, riferito al Ghana in data 29 dicembre 2016; report EASO del 18 gennaio 2017).

Il quarto motivo, relativo al tema della protezione umanitaria, non fa cenno alcuno, poi, dell’eventuale sussistenza di condizioni di vulnerabilità che siano specifiche alla persona del richiedente.

6.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 (oltre a Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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