Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28238 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. III, 10/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29428-2019 proposto da:

D.K.C., domiciliato ex lege in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANIA RUSSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

06/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.K.C., cittadino (OMISSIS) ((OMISSIS), (OMISSIS)), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza dedusse di essere fuggito dalla (OMISSIS) per sottrarsi al rischio della furia vendicativa dei parenti dell’uomo che aveva ucciso accidentalmente durante una colluttazione.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza. Avverso tale provvedimento propose opposizione ex art. 702 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Brescia, che con ordinanza n. 4523 del 6 settembre 2019 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) il richiedente asilo non credibile;

b) infondata la domanda di protezione internazionale perchè il richiedente asilo non aveva dedotto a sostegno di essa alcun fatto di persecuzione;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria perchè nella regione di provenienza del richiedente asilo non era in atto un conflitto armato;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria poichè l’istante non aveva nè allegato, nè provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per sè dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità.

4. Avverso tale pronuncia D.K.C. ricorre per cassazione con 2 motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 perchè la valutazione della credibilità deve essere effettuata secondo i criteri previsti dalla suddetta norma. Pertanto avrebbe errato il giudice di merito che ha considerato non credibili le dichiarazioni del ricorrente.

Il motivo è infondato.

Certamente la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del detto potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa ed attuale conoscenza della complessiva situazione dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez.6, 25/07,12018, n. 19716).

Il giudice deve, in limine, prendere le mosse da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova, perchè non reperibile o non esigibile, della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è sicuramente funzionale, in astratto, all’attivazione officiosi del dovere di cooperazione volta all’accertamento della situazione del Paese di origine del richiedente asilo;

il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 stabilisce che anche in difetto di prova, la veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati.

Il contenuto dei parametri sub c) ed e), sopra indicati, evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro assertivo e probatorio fornito non sia esauriente, ma la relativa subordinazione, tout court al giudizio di veridicità della narrazione alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca: Sez.6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez.6, 10/5/2011, n. 10202) non appare legittimamente predicabile.

Il principio secondo il quale le dichiarazioni del richiedente giudicate inattendibili non richiedano, comunque, un approfondimento istruttorio officioso va, difatti, opportunamente precisato e circoscritto, nel senso che ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), del qualora la mancanza di tali presupposti emerga ex actis. Di converso, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (in tal senso, di recente, del tutto condivisibilmente, Cass. 2954/2020; Cass. 3016/2019).

Nella specie – per quanto di qui a breve meglio si dirà – risulta tuttavia accertato che, nella regione di provenienza dell’odierno ricorrente, non sussiste una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Sotto il profilo della credibilità intrinseca della narrazione, nel caso di specie il giudice del merito ha affermato che il ricorrente non è riuscito a chiarire la vicenda narrata e a superare le criticità evidenziate dalla commissione nel provvedimento impugnato (Cfr. pag. 3 e 4 decreto impugnato).

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Lamenta che il Tribunale di Brescia non avrebbe proceduto all’acquisizione delle informazioni che evidenziano in (OMISSIS) l’aumento di violenza sia da parte di gruppi privati che delle forze dell’ordine.

Il motivo è infondato.

In tema protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, che è disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, a seguito del quale opera il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (Cass. 11096/2019).

Pertanto sulla base di tali principi il giudice del merito deve verificare la situazione attuale del Paese attraverso delle Coi aggiornate. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente esaminato le Coi aggiornate al 2017 dove emerge che la situazione dell'(OMISSIS) è causata da una criminalità sostanzialmente comune e comunque non tale da determinare una rilevante e stabile perdita di controllo del territorio da parte dell’Autorità governative. Nè risulta che il ricorrente abbia allegato Coi aggiornate dove si possa evincere una situazione del paese diversa da quella indicata dal giudice.

6. Pertanto la Corte rigetta i due motivi di ricorso.

6.1. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

 

 

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