Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28236 del 27/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 28236 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 3303-2016 proposto da:
IASIELLO LUCIO

SORRENTINO MARIA JOSE’, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo
studio dell’avvocato ESTER PERIFANO, che li rappresenta
e difende;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
2017
2517
(

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;

I.

controricorrente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Data pubblicazione: 27/11/2017

depositato il 01/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/10/2017 dal Consigliere ANTONELLO
COSENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

non

manifestamente

infondata

la

questione

di

legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 2,
decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con
riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., in
relazione agli art. 61 e 13, CEDU, come interpretati ed
applicati dalla Corte EDU, ha concluso per la
sospensione

del

l’immediata

trasmissione

Costituzionale,

presente

con

procedimento
degli

riserva

determinazione e decisione.

atti
di

ogni

ordinando
alla

Corte

ulteriore

Generale Dott. CORRADO MISTRI che ritenuta rilevante e

RITENUTO IN FATTO
I signori Lucio Iasello e Maria Josè Sorrentino ricorrono avverso il
decreto della Corte d’appello di Roma che ha respinto la domanda da

riparazione della eccessiva durata di un giudizio da loro introdotto
davanti al tribunale amministrativo regionale della Campania negli anni
’90 del secolo scorso, ancora pendente al dì della domanda di equa
riparazione.
La corte territoriale ha disatteso la domanda degli odierni ricorrenti
sul rilievo che nel giudizio amministrativo presupposto essi non
avevano presentato l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71 del codice
del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104 del 2 luglio
2010), richiesta come condizione di proponibilità della domanda di
equa riparazione dall’articolo 54, comma 2, del decreto legge n.
112/2008, nel testo, in vigore dal 16.9.10, modificato dall’articolo 3,
comma 23, dell’allegato n. 4 al suddetto decreto legislativo n.
104/2010. In particolare, la corte distrettuale ha ritenuto che detta
istanza di prelievo non potesse essere assimilata all’istanza (nella
specie proposta) di fissazione di udienza ex art. 23 L. 6 dicembre 1971
n. 1034 e che la sua mancata presentazione rendesse improponibile la
domanda di equa riparazione anche in relazione al periodo antecedente
all’entrata in vigore della disposizione introduttiva della istanza
medesima.
Il ricorso si articola in due motivi.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito con
controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1
3303/16

loro proposte nel 2011, ai sensi della legge n. 89/2001, per l’equa

1. 1 – il primo motivo – riferito alla violazione e falsa applicazione degli
artt. 6, §1, e 13 CEDU, in relazione anche agli artt. 10 e 11 Cost.,
nonché dell’art. 2 I. 89/2001, dell’art. 54, comma 2, d.l. 25.6.2008 n.
112, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008, e dell’art. 3,

modificazioni – i ricorrenti deducono che la corte territoriale avrebbe
errato nel ritenere insoddisfatta la condizione di proponibilità della
presentazione della istanza di prelievo di cui all’articolo 71 c.p.a.,
nonostante l’identità strutturale e funzionale tra tale istanza e quella
prevista dall’articolo 51 del regio decreto n. 642 del 17 agosto 1907.
1.2 – Il secondo motivo – proposto in via subordinata e riferito alla
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 I. 89/2001, dell’art. 54, comma
2, d.l. 25.6.2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge n.
133/2008, e dell’art. 3, comma 23, all. 4 al decreto legislativo n.
104/2010 e successive modificazioni – i ricorrenti censurano la
statuizione con cui la corte territoriale ha ritenuto che l’omessa
presentazione della istanza di prelievo rendesse improponibile la
domanda di equa riparazione anche per il periodo del giudizio
presupposto antecedente alla data di entrata in vigore del menzionato
allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10 (16.9.10).
2. – Premesso tra gli

atti depositati presso questa Corte non è

rinvenibile l’istanza di prelievo del 19.4.2010 a cui si fa riferimento
nell’ultimo capoverso di pag. 7 del ricorso, il Collegio rileva che entrambi
i motivi di gravame pongono, sotto diversi profili, la questione della
compatibilità del disposto dell’articolo 54, secondo comma, D.L. n.
112/08, come modificato dal D.Lgs. n. 104/10 e dal D.Lgs. correttivo n.
195/11, con i principi CEDU.
3. – Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, 2° comma, D.L. n.
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comma 23, all. 4 al decreto legislativo n. 104/2010 e successive

112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come
modificato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10 e
dall’art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del D.Lgs. correttivo n.
195/11, in relazione all’art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri

3.1. – In base alla giurisprudenza ormai del tutto costante di questa
Corte Suprema, l’art. 54, D.L. n. 112/08 e successive modifiche, va
interpretato nel senso che per i processi amministrativi pendenti, come
nella specie, alla data del 16.9.2010, la previa presentazione
dell’istanza di prelievo è condizione di proponibilità della domanda di
equa riparazione in rapporto all’intero svolgimento del giudizio
presupposto, e dunque anche per la frazione di tempo anteriore al
25.6.2008, data di entrata in vigore del D.L. n. 112/08 che tale
condizione di proponibilità ha per la prima volta previsto.
Infatti, «(I)’art. 54, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008, n.
112 – in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma I, della legge 6 agosto 2008, n. 133 in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria,
disponeva: «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi
verificata la violazione dell’art. 2, comma I, non è stata presentata
un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio
decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza
dei termini di durata di cui all’art. 4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in
sede di conversione in legge, sono state apportate all’art. 54 le
seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole “articolo 2, comma
1” sono inserite le seguenti: “della legge 24 marzo 2001, n. 89” e le
parole “nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di
cui all’art. 4, comma

1-ter,

lettera b)” sono soppresse»; c)
3

3303/16

interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU.

conseguentemente, il testo definitivo dell’art. 54, comma 2, del dl. n.
112 del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008,
risulta il seguente: «La domanda di equa riparazione non è proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume

marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un’istanza ai sensi del
secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n.
642»; d) successivamente, l’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al d.lgs.
2 luglio 2010, n. 104 – in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito
che, all’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, «le parole
“un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio
decreto 17 agosto 1907, n. 642” sono sostituite dalle seguenti:
“l’istanza di prelievo di cui all’articolo 81, comma 1, del codice del
processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua
presentazione”»; e) ancora successivamente, l’art. 1, comma 3, lettera
a), numero 6), del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni
correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104,
recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44,
comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) – in vigore dall’8
dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma 23, le parole “81,
comma I” sono sostituite dalle seguenti “71, comma 2″»; f) la
disposizione dell’art. 54, comma 2, del d. I. n. 112 del 2008 – in vigore
dal 16 settembre 2010 – risulta del seguente testuale tenore: “La
domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi
al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la
violazione dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non
è stata presentata l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2,
del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo
anteriore alla sua presentazione”»; g) per effetto delle modificazioni
4

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essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma I, della legge 24

introdotte dalla legge n. 208 del 2015 nel testo della legge n. 89 del
2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del 2015, in vigore
dal 10 gennaio 2016), «il comma 2 dell’articolo 54 del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, come modificato dall’articolo 3, comma 23,

solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016
ecceda i termini di cui all’articolo 2, comma

2-bis»;

che, questo

essendo il quadro normativo di riferimento, è del tutto evidente che in
base al principio tempus regit actum:

1) ai procedimenti per equa

riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica l’art.
54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La
domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi
al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la
violazione dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non
è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per
equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si
applica – invece l’art. 54, comma 2, dello stesso d.l. n. 112 del 2008
nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non è
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si
assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge
24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo di
cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo,
né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non
rileva (…) la previsione di cui all’art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai soli giudizi amministrativi per i quali il
termine di ragionevole durata sia violato alla data del 31 ottobre

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dell’allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica

2016» (così si esprime Cass. n. 16404/16; conformi, Cass. nn. 59145915/12 e 3740/13).
3.1.1. – Nel caso di specie – quanto alla rilevanza della questione di
legittimità costituzionale – essendo stata proposta la domanda di equa
riparazione nel 2011, relativamente ad un processo amministrativo

comma D.L. n. 112/08 nel testo in vigore alla data della domanda
stessa (ratione temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell’art.
6 legge n. 89/01, introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal
1°.1.2016, per essere stato definito il processo presupposto nel 2012).
Conseguentemente detta domanda è soggetta, anche in rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data di entrata in
vigore del D.L. n. 112/08, alla condizione di proponibilità dell’istanza di
prelievo, non surrogabile, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
con l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione.
L’istanza di prelievo disciplinata dall’art. 51 del r.d. 17 agosto 1907,
n. 642 e l’istanza di fissazione d’udienza, regolata dall’art. 23 della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono, infatti, funzioni distinte,
avendo la prima la finalità di accelerare il processo mediante il
riscontro del persistente interesse del ricorrente, e la seconda quella
d’impedire, mediante il perfezionamento della costituzione del
ricorrente e la fissazione dell’udienza, la perenzione del giudizio. Ne
consegue che dall’entrata in vigore dell’art. 54 del d.l. 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle
giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell’istanza di
prelievo, costituisce una condizione di proponibilità non fungibile con
l’istanza di fissazione d’udienza (così, Cass. nn. 16404/16, 780/15,
25572/10, nonché, tra le non massimate, 18546/14 e 785/15).
6
3303/16

pendente al 16.9.2010, la disciplina applicabile è quella dell’art. 54, 2°

Nel caso di specie, essendo mancata l’istanza di prelievo, la
domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto
vigente.
3.2. – Della cui legittimità costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei più recenti approdi della

Con la sentenza nel caso Daddi c. Italia (n. 15476/09 del 2 giugno
2009) detta Corte, pur dichiarando il ricorso inammissibile per il
mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa dell’articolo
54, secondo comma, D.L. n. 112/08 che avesse avuto per effetto
quello di opporsi all’ammissibilità dei ricorsi ex lege Pinto relativi alla
durata di un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno
2008, solo in quanto non fosse stata presentata un’istanza di prelievo,
avrebbe potuto essere di natura tale da esonerare i ricorrenti
interessati dall’obbligo di esperire il rimedio interno; e che lo stesso
sarebbe valso per quanto riguardava i procedimenti ancora pendenti in
cui la fissazione d’urgenza dell’udienza fosse stata richiesta solo dopo
l’entrata in vigore della disposizione in questione. In questi casi, aveva
concluso la Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere che la
norma, interpretata dai giudici nazionali nel senso di escludere dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori al
25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di
ricorrenti della possibilità di ottenere una riparazione adeguata e
sufficiente.
Più di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri c/ Italia del
22.2.2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12 e 22994), in
una fattispecie relativa a giudizi amministrativi iniziati nel 1990 e per i
quali era stata presentata la nuova istanza di fissazione dell’udienza ai
7
330 3/16

giurisprudenza della Corte EDU.

sensi dell’art. 9, comma 2, legge n. 205/00, ma non anche l’istanza di
prelievo, il che aveva determinato l’inammissibilità del ricorso per equa
riparazione, la Corte EDU ha affrontato in maniera diretta il problema
dell’effettività dell’istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla
condizione di proponibilità dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08. Ed

scaturito dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 104/10, ha convertito
in critica espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza
resa nel caso Daddi.
La Corte europea ha così affermato: a) che né dal contenuto della
norma né dalla relativa prassi giudiziaria si evince che l’istanza di
prelievo possa efficacemente accelerare la decisione in merito alla
causa sottoposta all’esame del tribunale;

b) che la condizione di

ammissibilità di un ricorso «Pinto» previsto dall’articolo 54, comma 2
della legge n. 112/08 risulta essere una condizione formale che
produce l’effetto di ostacolare l’accesso alla procedura interna; c) che
l’inammissibilità automatica dei ricorsi per equa riparazione, basata
unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano presentato l’istanza di
prelievo, priva questi ultimi della possibilità di ottenere una riparazione
adeguata e sufficiente.
E, richiamata la propria giurisprudenza sul principio di effettività
della tutela giurisdizionale, nel senso che è effettivo il rimedio interno
se permette di evitare che si verifichi o si protragga la violazione
dedotta o se permette di fornire all’interessato una riparazione
adeguata per tutte le violazioni che si siano già verificate, ha concluso
nel senso che «la procedura per lamentare la durata eccessiva di un
giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dalla lettura
dell’articolo 54, comma 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 in

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3303/16

esaminando diacronicamente tale disposizione, fino al suo ultimo testo

combinato disposto con la legge Pinto, non possa essere considerata
un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione».
3.3. – Benché occasionato da fattispecie aventi ad oggetto l’equa
riparazione per l’irragionevole durata del processo verificatasi
anteriormente al 25.6.08 (iniziati nel 1990, i giudizi amministrativi

marzo 2009), e sulla base di domande ex lege n. 89/01 presentate
vigente il testo dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 ante D.Lgs. n.
104/10, tale precedente appare idoneo a incidere sulla decisione del
caso in oggetto (per non dire dell’ipoteca che esso iscrive sull’intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli artt. 1-bis e 1-ter della
legge n. 89/01, ivi premessi dall’art. 1, comma 777, lett. a, della legge
n. 208/15 e basati sul medesimo principio).
Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione della sentenza
Olivieri c/ Italia (v. par. 65), il riferimento al ridetto D.Lgs. non può
liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di dubbia configurabilità
in un contesto motivazionale esclusivamente argomentativo e non
deduttivo, tipico della tecnica di raffronto tra norme appartenenti a
sistemi giuridici autonomi). Suo tramite, la Corte di Strasburgo ha
confermato e viepiù chiarito il senso del giudizio espresso sul pratico
operare congiunto della legge n. 89/01 e della previsione dell’istanza di
prelievo quale rimedio preventivo. E dunque pare sovrabbondante
pretendere ed attendere che, adita in relazione ad un caso
perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte EDU
reiteri le medesime considerazioni operate su di una tutela nazionale
giudicata in parte qua ineffettiva.
Avuto riguardo alle indicazioni di metodo ritraibili dai precedenti
della Corte costituzionale (v. tra i più prossimi quello di cui alla
sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo ricevuto
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3303/16

presupposti erano stati definiti tra il mese di novembre 2008 ed il

l’avallo della Grand Chambre, l’indirizzo espresso dalla Corte EDU con
la decisione sul caso Olivieri è da ritenersi ormai adeguatamente
consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato sviluppo del
principio già espresso nella sentenza sul caso Daddi; è stato adottato
all’unanimità; non presenta alcuna attitudine innovativa rispetto alla

una fattispecie tutt’altro che isolata o peculiare, ma anzi connotata da
ovvi elementi di serialità; si colloca, coerente, nel solco della
giurisprudenza di detta Corte europea sul principio di effettività per
come esso vive in concreto negli ordinamenti nazionali; ed è stato
espresso nella piena consapevolezza del modus operandi dei giudici
nazionali.
3.4. – Così restituito a questa Corte di cassazione il compito suo
proprio d’interpretare l’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 e successive
modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che la legittimità
costituzionale della norma è stata ritenuta in relazione specifica ai
referenti degli artt. 24 e 111 Cost. Una volta esclusane l’applicazione
retroattiva (id est, del testo attuale ai processi amministrativi non
pendenti alla data del 16.9.2010 di entrata in vigore del c.p.a.), essa
non determina né irragionevoli disparità di trattamento, né lesione
alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal
momento che l’istanza di prelievo manifesta l’interesse della parte ad
una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr. Cass. n.
26262/13).
Quest’ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell’istanza di prelievo secondo la visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell’art. 54 D.L. più volte citato.

10

3303/16

tecnica dell’interpretazione convenzionale fin qui seguita; concerne

Nell’ambito del processo amministrativo detta istanza è stata
prevista dall’art. 51, cpv. R.D. n. 642/1907 quale strumento per
sollecitare la trattazione urgente del ricorso. Abrogato detto R.D.
dall’art. 4 dell’allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10, e sostituita la
disposizione sul prelievo con l’affatto omologa norma dell’art. 71,

segnalare l’urgenza della decisione.
Non pare, invece, né rilevante né significativo ai fini in esame l’art.

71-bis, aggiunto al D.Lgs. n. 104/10 dall’art. 1, comma 781, lett. b)
della legge n. 208/15, in base al quale a seguito dell’istanza di cui al
comma 2 dell’art. 71, il giudice, accertata la completezza del
contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite,
può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma
semplificata. In disparte la sua applicabilità a decorrere dal 1°.1.2016,
tale norma si limita a prevedere la possibilità di una tecnica decisoria
più agevole e veloce, senza tuttavia imporla nell’an o nel quando. Nulla
ne scaturisce, pertanto, sul complessivo giudizio di (in)effettività del
rimedio interno secondo la concezione dell’art. 13 della Convenzione
europea, come elaborata dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone
intatta la questione in esame.
Diversa è, invece, proprio sul terreno dell’effettività, la funzione
dell’istanza di prelievo nell’ambito dell’equa riparazione. Come questa
C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto la
funzione di segnalare al giudice il permanente interesse della parte alla
definizione del giudizio, sovente venuto meno per circostanze
sopravvenute alla sua proposizione (quali atti di autotutela o
sanatorie), con la conseguenza che la mancata presentazione
dell’istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione
della domanda, costituisce indice di scarso interesse alla lite (così
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3303/16

comma 2, c.p.a., permane la medesima funzione di mezzo per

Cass. n. 3271/11, che da ciò ha desunto la legittimità di una
liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore rispetto a quella
normalmente ritenuta congrua).
Ciò non vuol dire, ovviamente, che l’assenza del prelievo impedisca
la decisione del giudice amministrativo, una volta che, come si è detto,

proposizione dell’istanza di fissazione dell’udienza di trattazione del
ricorso. Tant’è che prima del D.L. n. 112/08 questa Corte aveva
sempre affermato, anche a S.U., che la lesione del diritto alla
definizione del processo in un termine ragionevole va riscontrata,
anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento
al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento,
senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della
causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza
dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la
previsione di strumenti sollecitatori non sospende né differisce il
dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso
esercizio degli stessi, né implica il trasferimento sul ricorrente della
responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la
definizione del giudizio, salva restando la valutazione del
comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità
del lamentato pregiudizio (così e per tutte, S.U. n. 28507/05).
Il senso ultimo dell’operazione posta in essere dal legislatore del
2008-2010, confermato del resto dal più generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall’art. 1, comma
777, lett. a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell’imporre al
ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione per l’irragionevole
durata del processo.

12
3303/16

la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata con la

Non mette conto, per i limiti di rilevanza della questione, indagare
se tale tecnica, una volta che le modifiche della legge n. 89/01 operino
a regime, sia o non idonea ad assicurare l’effettività dell’istanza
giurisdizionale interna, tenuto conto del fatto che i rimedi ivi

par. 1, CEDU sia consumata (salvo rilevare sin da ora che nessuna
disposizione imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali). Per
contro, nel caso dei processi pendenti alla data del 16.9.2010, l’art.
54, comma 2, D.L. n. 112/08 impone tale prenotazione
indipendentemente dalla circostanza che la violazione si sia già
realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilità della domanda di
equa riparazione non è esclusa ove l’istanza di prelievo sia stata
presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione
del giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale
ne impongono la reiterazione ad intervalli più o meno regolari (v. Cass.
n. 14386/15); e che l’istanza di prelievo, anche quando condiziona
ratione temporis la proponibilità della domanda di indennizzo, non
incide sul computo della durata del processo, che va riferita all’intero
svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza
(cfr. Cass. nn. 13554/16 e 2172/17).
3.4.1. – Resta – difficilmente eludibile – una significativa diversità di
accenti. Mentre per la giurisprudenza della Corte EDU il rimedio interno
deve garantire o la durata ragionevole del giudizio o l’adeguata
riparazione della violazione del precetto convenzionale, sicché ogni
ostacolo che vi si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l’art.
54, comma 2, D.L. n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La
sua finalità selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate
nell’ambito di un processo peculiare come quello amministrativo, in cui
più che in altri il rapporto sostanziale tra le parti è soggetto alla
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3303/16

contemplati devono essere azionati prima che la violazione dell’art. 6,

temperie di fattori esterni e mutevoli destinati ad incidere su quello
processuale, se da un lato illumina la ratio della norma dall’altro ne
denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte
EDU, infatti, un processo finché pende è per ciò stesso e per ciò solo
soggetto al termine di durata ragionevole e alle conseguenze della

Non a caso la sentenza Olivieri c/ Italia, nel rilevare che ciascun
ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell’udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa, tra
luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione dell’udienza di
discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso che «(i)
ricorrenti non avevano dunque alcun interesse a sollecitare una
seconda volta la cancelleria del TAR per chiedere la fissazione
d’urgenza della data dell’udienza». Il che fa risaltare l’aporia intrinseca
dell’art. 54, comma 2, D.L. cit., il quale subordina l’equa riparazione ad
un adempimento che non solo non è funzionale alla progressione del
giudizio più di quanto non lo sia la semplice istanza di fissazione
dell’udienza, essendo dovuta nell’un caso come nell’altro la risposta
giurisdizionale fino al limite della perenzione; ma che altresì si
trasfigura rispetto al proprio originale, divenendo, da strumento
sollecitatorio per ragioni d’urgenza, mezzo di pura prenotazione
dell’indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione
di interesse alla decisione.
4. – Dunque, e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della
Corte EDU il rimedio preventivo è tale se efficacemente sollecitatorio,
l’interesse alla risposta giurisdizionale derivando dalla stessa pendenza
del processo, nel sistema integrato della legge n. 89/01 e del più volte
citato art. 54, comma 2, il rimedio preventivo non è sollecitatorio, ma

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relativa violazione.

puramente dichiarativo di un interesse altrimenti già incardinato nel
processo.
Non è possibile un’interpretazione convenzionalmente orientata di
tale norma che non si traduca nella sua sostanziale e intera
disapplicazione. E’ l’idea stessa del prelievo quale condizione d’accesso

Di qui la non manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionalità dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08, convertito con
modificazioni dalla legge n. 133/08, come modificato dall’art. 3,
comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10 e dall’art. 1, comma 3,
lettera a), numero 6), del D.Lgs. correttivo n. 195/11, per contrasto
con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6, par. 1, 13
e 46, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui, relativamente
ai giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 e per la loro intera
durata, subordina la proponibilità della domanda di equa riparazione
per l’irragionevole durata dei giudizi amministrativi alla presentazione
dell’istanza di prelievo.

P. Q. M.
La Corte, visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge n. 87/53, dichiara
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 117,
primo comma, della Costituzione, e ai parametri interposti degli artt.
6, par. 1, 13 e 46, par. 1 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la
legge 4 agosto 1955, n. 848, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni in
legge n. 133/08, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato
4 al D.Lgs. n. 104/10 e dall’art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del
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all’istanza indennitaria a soffrire la contraddizione.

D.Lgs. correttivo n. 195/11; dispone la sospensione del presente
giudizio e ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero
presso questa Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina,

delle due Camere del Parlamento; dispone l’immediata trasmissione
degli atti, comprensivi della documentazione attestante il
perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla
Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione
civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13.10.2017.

altresì, che l’ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti

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