Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28232 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. III, 10/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28377-2019 proposto da:

A.A., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria

della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato

GIACINTO CORACE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 03/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.A., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza dedusse di essere fuggito dal (OMISSIS) a causa degli intenti vendicativi dei familiari di un ragazzo deceduto in seguito ad una lite avvenuta con il ricorrente per motivi legati ad una partita di calcio.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza. Avverso tale provvedimento propose opposizione ex art. 702 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Milano, che con decreto del 3 settembre 2019 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) il richiedente asilo non credibile;

b) infondata la domanda di protezione internazionale perchè A.A. non aveva dedotto a sostegno di essa alcun fatto di persecuzione;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria perchè nella regione di provenienza del richiedente asilo non era in atto un conflitto armato;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria poichè l’istante non aveva nè allegato, nè provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per sè dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità.

4. Avverso tale pronuncia A.A. ricorre per cassazione con 5 motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con i primi due motivi il ricorrente lamenta la violazione dei parametri normativi fissati dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e dal D.lgs. n. 25 del 2008. Il Tribunale non avrebbe compiuto alcun esame sulle informazioni provenienti dal richiedente stesso e la situazione generale in (OMISSIS) e soprattutto nelle aree da esso indicate. Esame da eseguirsi mediante la puntuale osservanza degli obblighi di cooperazione istruttorie incombenti sull’autorità giurisdizionale.

I motivi sono infondati.

La valutazione di (non) credibilità del ricorrente in merito alla vicenda narrata appare, difatti, rispettosa tout court dei criteri e dei principi che questo stesso collegio ha specificamente ed analiticamente indicato con la pronuncia n. 8819/2020, essendo stata puntualmente condotta alla luce della necessaria disamina complessiva dell’intera vicenda riferita dal richiedente asilo (cfr. 6, 7, 8 decreto impugnato).

5.2. Con il terzo motivo censura la decisione del tribunale di Milano per aver disatteso il dato normativo che prevede chiaramente l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza di comparizione delle parti nel caso di indisponibilità della video registrazione dell’audizione del richiedente asilo avanti la commissione territoriale di Milano per il riconoscimento della protezione internazionale. Il tribunale avrebbe errato perchè ha deciso nel merito del ricorso senza fissare udienza E senza la presenza del difensore nella camera di consiglio, basandosi sulle sole dichiarazioni scritte e trasmesse dalla commissione, ritenendole complete.

Il motivo è infondato.

In relazione alla mancata audizione del richiedente asilo, può dirsi ormai consolidato, presso questa Corte, il principio secondo il quale, fermo l’obbligo di fissare, a pena di nullità, l’udienza di comparizione, “nel procedimento relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza” (tra le tante conformi, Cass. n. 3003/2018 e Cass. 14600/2019).

Non ignora il collegio che, con la recente ordinanza n. 9228/2020, questa stessa Corte ha enunciato il diverso principio secondo cui “nel giudizio di impugna pione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 ed 11 che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza, da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle interazioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerate non partecipata della fase giurisdizionale”.

La solidità ed il rigore delle argomentazioni poste a fondamento di tale principio, che si leggono nella parte motiva della poc’anzi richiamata ordinanza, non appaiono, peraltro, idonee, a giudizio del collegio, a modificare radicalmente il tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità.

E’ pur vero che l’omessa audizione del richiedente asilo da parte dell’organo giurisdizionale trova il suo presupposto normativo, prima ancora che logico, nell’obbligo di videoregistrazione del suo interpello dinanzi alla Commissione territoriale; ma è parimenti ius receptum presso questa Corte, anche alla luce degli insegnamenti della giurisprudenza sovranazionale, quello secondo cui tale obbligo (ove non adempiuto) non si pone come necessariamente speculare a quello dell’audizione dinanzi al Tribunale e/o alla Corte di appello investiti del ricorso, qualora il contenuto del verbale formato dinanzi alla Commissione territoriale appaia completo ed esaustivo di tutti gli aspetti della vicenda personale narrata dal ricorrente.

Ne consegue che il principio tradizionale, cui il collegio intende dare continuità, deve essere in parte qua specificato nel senso che, al fine di ritenere legittimamente predicabile un vero e proprio obbligo di audizione da parte del giudice, è necessario che, in sede di udienza di comparizione ovvero attraverso gli scritti difensivi tempestivamente depositati, il richiedente asilo, oltre ad allegare le circostanze che intende riferire all’organo giurisdizionale, evidenzi specificamente i motivi per i quali la nuova audizione di renderebbe necessaria (motivi quali la non corretta traduzione delle dichiarazioni da parte dell’interprete, la necessità di fornire chiarimenti indispensabili al fine di dar conto delle apparenti contraddizioni emerse in sede di audizione e poste a fondamento del provvedimento di rigetto dell’istanza da parte della Commissione territoriale, l’omissione di fatti decisivi al fine di valutare la credibilità del racconto, l’omessa formulazione, da parte dei componenti della Commissione, di domande altrettanto decisive perchè funzionali ad una miglior comprensione e valutazione del contenuto dell’audizione stessa.

Nella specie, il giudice del merito, correttamente, sulla base della valutazione delle dichiarazioni rese dal richiedete in sede amministrativa e del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio dove non sono stati allegati fatti per cui si rendeva necessario l’audizione del ricorrente, ha ritenuto non procedere ad una nuova audizione.

5.3. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta che il tribunale di Milano avrebbe errato perchè, pur prendendo in considerazione quale fonte principale di informazione sulla regione di origine del ricorrente l’ultimo report del 2017 non ha considerato la presenza di violenza, omettendo di valutare anche l’esistenza di un conflitto armato tra le forze governative e altri movimenti secessionisti nonostante abbia riportato che il sito viaggiare sicuri sconsigli i viaggi in (OMISSIS).

Il motivo è infondato. Il Tribunale ha deciso secondo Coi aggiornate al momento della decisione. Tali fonti hanno escluso la sussistenza di una situazione di conflitto armato interno ed in particolare per l’area di provenienza del richiedente asilo.

5.4. Con il quinto motivo il ricorrente si duole che il giudice del merito non avrebbe considerato nel caso in esame, ai fini della concessione della protezione umanitaria1i motivi di vulnerabilità allegati dal ricorrente. Non avrebbe valutato la circostanza che il ricorrente ha risieduto per circa due anni in Libia dove da alcuni anni si registra un progressivo aggravarsi delle condizioni di sicurezza, scontri armati e minacce terroristiche. Su tali aspetti di carattere decisivo nessun accertamento officioso è stato svolto dal tribunale, nonostante la specifica allegazione. Il rischio è stato del tutto ignorato così come la specifica documentazione fornita dal ricorrente.

Il Tribunale avrebbe anche omesso di considerare che, secondo le stesse fonti di informazioni prodotte in giudizio dalla ricorrente e le notizie di pubblico dominio, il (OMISSIS) espone le persone ad elevatissimo rischio anche da soggetti privati in assenza di autorità statale che impedisca tali comportamenti dannosi.

Il motivo relativo alla richiesta di protezione umanitaria è fondato.

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina previgente al D.L. n. 113 del 2018, conv., con modif., in L. n. 132 del 2018) costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso. Nel caso di specie il giudice del merito non ha comparato la situazione di vulnerabilità del ricorrente considerando le violenze subite nel territorio di transito (Libia).

Risulta del tutto carente (ben al di sotto del “minimo costituzionale” imposto dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità), nella motivazione impugnata, la valutazione comparativa tra la odierna situazione della ricorrente e la possibile compressione del nucleo dei suoi diritti fondamentali, in caso di rimpatrio nel Pese d’origine, da condurre in ossequio ai principi che si andranno ad esporre.

Sul punto, va ricordato in premessa che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 4455/2018, per come confermata anche da Cass., ss.uu., sent. 29459/2019), in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

Quanto al giudizio di credibilità del racconto, va osservato come, nel caso di specie, il giudice del merito enunci i motivi per cui ha ritenuto non credibile il ricorrente ma lo fa in relazione alla valutazione della protezione sussidiaria.

Orbene occorre chiarire che per il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, deve essere dimostrato che il richiedente asilo abbia subito, o rischi concretamente di subire, atti persecutori come definiti dall’art. 7 (atti sufficientemente gravi per natura o frequenza, tali da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, ovvero costituire la somma di diverse misure il cui impatto si deve risolvere in una grave violazione dei medesimi diritti). la decisione di accoglimento consegue ad una valutazione prognostica dell’esistenza di un rischio.

Tali atti devono concretizzarsi sotto forma di persecuzione per i motivi di cui all’art. 2 (motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale, opinione politica);

gli atti persecutori devono provenire dai soggetti indicati nell’art. 5: stato, partiti, organizzazioni che controllano lo stato o gran parte del suo territorio, soggetti non statuali se i responsabili dello stato o degli altri soggetti indicati dalla norma non possano o non vogliano fornire protezione.

Requisito essenziale per il riconoscimento dello status di rifugiato è il fondato timore di persecuzione, personale e diretta, nel paese di origine del richiedente asilo, e la situazione socio-politica o normativa del richiedente asilo è rilevante, ai fini del riconoscimento della misura, solo se si correla alla specifica posizione del richiedente, il quale rischi verosimilmente specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità psico-fisica (cass. 18353/2006; cass. s.u. 27310; cass. 10177/2011);

Lo status di rifugiato presuppone, pertanto, l’accertamento di una violazione individualizzata – e cioè riferibile direttamente ed individualmente alla persona del richiedente asilo -in relazione alla situazione del paese di provenienza – in base al racconto ed alla valutazione di credibilità operata dal giudice di merito: una valutazione negativa esclude, pertanto, ipso facto, la possibilità del riconoscimento dello status di rifugiato.

La valutazione di credibilità potrebbe, comunque, non essere sempre necessaria ove, dalla stessa prospettazione del ricorrente, non emerga l’esistenza dei fattori di inclusione nelle due forme di protezione maggiori.

Diversa, invece, è la prospettiva del giudice in tema di protezione umanitaria, per il riconoscimento della quale è necessaria e sufficiente (anche al di là ed a prescindere dalla valutazione di credibilità del racconto) la valutazione comparativa tra il livello di integrazione raggiunto in Italia e la situazione del paese di origine, qualora ne sia accertata la violazione del nucleo incomprimibile dei diritti della persona che ne vulnerino la dignità (accertamento da compiersi anche alla luce del dettato costituzionale di cui all’art. 10, comma 3, ove si discorre di impedimento allo straniero dell’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana).

Per il riconoscimento della protezione umanitaria, infatti, è sufficiente la valutazione dell’esistenza di presupposti che non sono influenzati dalla valutazione (negativa) di credibilità: es. condizioni di salute, come confermate dall’esistenza di certificati medici; conflitto a bassa intensità nel paese d’origine (cfr. circolare della commissione nazionale per il diritto di asilo del 30.7.2015).

Il Tribunale ha omesso, nel caso di specie di applicare tutti i predetti principi.

6. Pertanto la Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso e accoglie il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Milano in diversa composizione.

PQM

la Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso e accoglie il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

 

 

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