Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28227 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 10/12/2020), n.28227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23312-2014 proposto da:

CASSA DI RISPARMIO DI VENEZIA S.P.A., (ora INTESA SANPAOLO S.P.A.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 11, presso lo studio

dell’Avvocato MANLIO ABATI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 397/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/10/2013 R.G.N. 583/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per cessazione della materia del

contendere, in subordine inammissibilità o rigetto;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Brescia, con la gravata sentenza, decidendo quale giudice di rinvio a seguito della pronuncia di legittimità n. 24603 del 2011, in parziale riforma della decisione n. 348/03 del Tribunale di Venezia, ha accertato la inesistenza dell’obbligo, per la Cassa di Risparmio di Venezia spa, di versare il contributo di solidarietà sui premi di assicurazione per le polizze stipulate a copertura dei rischi professionali derivanti dalle violazioni di cui all’art. 2087 c.c. e ha condannato l’INPS alla restituzione delle somme a tale titolo dovute, maggiorate degli interessi legali dalla domanda al saldo; ha dichiarato compensate per 1/5 le spese di lite e ha condannato la Cassa di Risparmio di Venezia spa alla rifusione dei restanti 4/5.

2. Per quello che interessa in questa sede, la Corte di merito ha ritenuto che nessuna condanna alla restituzione di una somma determinata poteva essere pronunciata, perchè si trattava di domanda nuova, dal momento che in primo grado era stata chiesta solo una condanna generica; in ordine alle spese, ha precisato che la parziale compensazione, nella misura statuita, trovava il suo fondamento nella circostanza che la domanda di accertamento negativo del credito non era risultata infondata per la sua quasi totalità.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa di Risparmio di Venezia spa articolato su due motivi, cui ha resistito l’INPS.

4. Intesa San Paolo spa, già Cassa di Risparmio di Venezia spa per incorporazione di quest’ultima, in prossimità dell’udienza ha depositato memoria in cui si dava atto che l’INPS aveva provveduto a corrispondere la somma di Euro 24.864,25 per cui, stante il comportamento suddetto di riconoscimento della fondatezza delle richieste di pagamento a suo tempo avanzata dalla Cassa di Risparmio, era da ritenersi cessata la materia del contendere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale errato nel limitare, senza alcuna motivazione sulla base di specifiche allegazioni e delle prove in atti, l’accoglimento delle richieste di essa Cassa di Risparmio soltanto per il profilo afferente l’an debeatur rigettando, conseguentemente, la domanda sul quantum. Deduce che la richiesta di condanna al pagamento di Euro 24.864,25 non poteva considerarsi domanda nuova perchè nei gradi di merito non solo era stata chiesta la restituzione delle quote già versate all’INPS a titolo di contributo D.Lgs. n. 103 del 1991, ex art. 9 bis ma anche di quelle ulteriori che sarebbero state versate in corso di causa e che l’importo indicato era frutto di un mero calcolo tra le quote originariamente già pagate e quelle corrisposte a tale titolo.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere erroneamente la Corte di merito compensato per 1/5 le spese di giudizio e per avere condannato la Cassa di Risparmio di Venezia spa alla refusione, in favore dell’INPS, dei restanti 4/5, pur essendo stata riconosciuta e dichiarata l’inesistenza dell’obbligo di versare il contributo di solidarietà sui premi di assicurazione per le polizza stipulate a copertura dei rischi professionali di cui all’art. 2087 c.c., con conseguente condanna dell’INPS alla restituzione: statuizione, quindi, che rendeva illegittima la disposta condanna alle spese.

4. Preliminarmente va disattesa la richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere avanzata da parte ricorrente.

5. Invero, l’avvenuto pagamento da parte dell’INPS dell’importo oggetto del giudizio non rileva ai fini dell’oggetto del contendere della presente causa che concerne i profili formali e processuali della domanda, oltre che la statuizione sul regime delle spese del giudice del rinvio, e non certo gli aspetti sostanziali della fondatezza della pretesa.

6. Venendo, quindi, allo scrutinio del primo motivo, rileva il Collegio la sua infondatezza.

7. E’ opportuno precisare che la Corte di merito, con la pronuncia n. 397 del 2013, ha condannato l’INPS a restituire le somme versate dalla Cassa di Risparmio di Venezia spa, dovute a titolo di contributi di solidarietà sui premi di assicurazione stipulate a copertura dei rischi professionali di cui all’art. 2087 c.c., maggiorate di interessi legali, senza quindi operare alcuna distinzione tra quelle originarie e quelle corrisposte in corso di giudizio.

8. La ricorrente, poi, in sede di atto introduttivo di primo grado, ha avanzato una domanda di condanna generica e, nella memoria difensiva in appello con ricorso incidentale, una domanda di condanna parzialmente generica, instando per la restituzione dell’importo versato di Euro 3.572,24 oltre alle somme che avrebbero dovuto essere ancora versate a tale titolo nelle more del giudizio.

9. Non avendo formulato la richiesta di quantificazione della somma, totalmente e precisamente dovuta, nello stesso giudizio ex art. 278 c.p.c., deve ritenersi che abbia proposto una istanza di condanna, sì in parte generica, ma definitiva (Cass. n. 15066 del 2000; Cass. n. 7888 del 1997), da liquidarsi, nella sua esatta determinazione, eventualmente in separato giudizio.

10. Delineato, quindi, il thema decidendum, l’ulteriore questione da valutarsi è se, rispetto ad una domanda di condanna generica, la richiesta di quantificazione dell’importo rappresenti una domanda nuova.

11. In sede di legittimità la risposta è stata positiva (Cass. n. 14782 del 2009; Cass. n. 25918 del 2019; Cass. n. 7004 del 2015).

12. Il giudizio di rinvio, quale disciplinato dagli artt. 392 c.p.c. e ss., è un processo ad istruzione sostanzialmente chiusa, in cui è preclusa la proposizione di nuove domande (Cass. n. 19950 del 2004; Cass. n. 10046 del 2002; Cass. n. 1437 del 2000).

13. Infatti, tendendo il giudizio in questione ad una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, nei limiti rigorosamente segnati dalla sentenza di cassazione, intangibile da parte del giudice di rinvio, la materia del contendere non può che essere quella di cui al procedimento nel quale è stata pronunciata la sentenza cassata, sebbene con gli adeguamenti e le limitazioni imposte dalla sentenza di cassazione.

14. Nel caso concreto, la Corte bresciana si è attenuta a tali principi, dichiarando correttamente quale domanda nuova la richiesta di condanna alla restituzione di una somma determinata, che non era stata avanzata in primo grado, di talchè le denunziate violazioni di legge non sussistono.

15. Il secondo motivo è anche esso infondato.

16. Osserva il Collegio che non meritano accoglimento le dedotte violazioni sia dell’art. 91 c.p.c. (che sussiste solo se si pongono, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. n. 12963 del 2007) e ciò non è ravvisabile nel caso de quo) sia dell’art. 92 c.p.c. (perchè la parziale compensazione, disposta in relazione all’esito complessivo della lite, rappresenta esercizio del potere discrezionale del giudice di merito che non è sindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 30952 del 2017).

17. Inoltre, va evidenziato che, in tema di impugnazioni, sussiste il potere del giudice di appello di procedere di ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali quale conseguenza della pronuncia di merito, in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite (Cass. n. 27606 del 2019; Cass. n. 1775 del 2017; Cass. n. 26985 del 2009; Cass. n. 6259 del 2014), per cui ben potevano i giudici di seconde cure rimodulare le spese di tutte le fasi e gradi, avendo riguardo all’esito di tutto il giudizio.

18. Con riferimento, poi, alla disposta compensazione, poichè il sindacato della Suprema Corte è limitato ad accertare i principi di cui sopra, esula da tale controllo e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia nella ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella di concorso di altri motivi (Cass. n. 24502 del 2017; Cass. n. 17457 del 2006).

19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

20. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

21. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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