Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28222 del 04/11/2019
Cassazione civile sez. III, 04/11/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28222
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso N. 23944/2017 proposto da:
R.D.D., R.G.L. e R.E.,
domiciliati in ROMA, presso la Cancelleria Civile della Corte di
Cassazione, rappresentati e difesi dall’AVVOCATO GIOVANNI D’ERME;
– ricorrenti –
contro
UNIPOLSAI Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante
in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, via G. MENGARINI, n.
88, presso lo studio dell’AVVOCATO CARLA SILVESTRI, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
E.L., quale procuratore speciale di R.C.,
R.G., R.Z., M.I. e M.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 01491/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 04/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/07/2019 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udita l’Avvocato Carla Silvestri per UNIPOLSAI Assicurazioni S.p.a.
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
osserva quanto segue:
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n.
01491 del 2016, ha rigettato l’appello avverso la sentenza del Tribunale
della stessa città, proposto da R.D.D.,
R.G.L. e R.E. quali figli i primi due e moglie di R.I.,
deceduto in incidente stradale accaduto in (OMISSIS).
Il Tribunale di Firenze, per quanto ancora rileva
in questa sede, ritenuto il concorso di colpa, in percentuale del
cinquanta per cento, di R.I. nella causazione del sinistro, aveva
liquidato Euro cinquantamila in favore di ciascuno dei due figli, oramai
maggiorenni ( R.D.D. e R.G.L.) a titolo di
danno non patrimoniale e non aveva riconosciuto alcun risarcimento in
favore di R.E., moglie del deceduto, separata di fatto dallo
stesso, viceversa accordando il risarcimento dei danni in favore di
R.C., R.G., R.Z., M.I. e M.G.,
fratelli, sorelle e nuova compagna di vita, e di lei fratello, di
R.I..
Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorrono con tre motivi R.D.D., R.G.L. ed R.E..
Resiste con controricorso UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a..
E.L. quale procuratore speciale di R.C.,
R.G., R.Z., M.I. e M.G. è rimasto
intimato.
Non risulta il deposito di memorie.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2059 e 2727 c.c., e artt. 115 e 116 c.p.c..
Parte ricorrente afferma che erroneamente, violando i principi in
tema di prova presuntiva, la Corte di merito ha ritenuto che la
circostanza che R.I. non convivesse più, da lungo tempo, nè con la
moglie R.E., dal quale era soltanto separato di fatto, nè con i
figli, e non avesse, quindi, più provveduto al loro sostentamento,
giustificasse il riconoscimento, in favore dei figli, del risarcimento
in misura notevolmente ridotta rispetto a quanto previsto dalle Tabelle
del Tribunale di Milano.
Il secondo mezzo, pure per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente degli artt. 1226 e 2056 c.c.,
è incentrato sulla misura del risarcimento, come sopra detto
asseritamente estremamente limitato, accordato dai giudici di merito ai
figli della vittima.
Il terzo motivo, anch’esso per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nella specie degli artt. 2043,2059 e 2727 c.c.,
e 115 e 116 c.p.c. censura l’omesso riconoscimento del risarcimento del
danno non patrimoniale a R.E., moglie legittima dello
R.I., dallo stesso separata soltanto di fatto.
I primi due mezzi si muovono essenzialmente sulla linea
dell’asserita contraddittorietà delle testimonianze assunte in primo
grado, affermando che entrambi i testi sentiti, B.M., figlio
della convivente dello R.I. e C.T., vicino di casa
dell’attuale, al momento del decesso, convivente dello R.I.,
avrebbero offerto delle versioni distorte della realtà, affermando,
peraltro, di essere a conoscenza di fatti di cui normalmente degli
estranei al nucleo familiare originario non possono essere a conoscenza,
nonchè sull’erronea applicazione delle cd. Tabelle Milanesi.
I due mezzi possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.
Essi sono infondati, oltre che, in parte, inammissibili.
Inammissibili in quanto si chiede a questa Corte il riesame di
circostanze fattuali e comunque della valutazione della prova,
notoriamente precluse al giudice di legittimità (da ultimo si veda: Cass. n. 16467 del 04/07/2017
che conferma che al giudice di merito è rimessa la valutazione delle
risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi,
nonchè la scelta tra le varie risultanze probatorie, di quelle
maggiormente idonee a sorreggere la motivazione e detta attività
selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la
verità).
Le censure si appuntano, inoltre, sull’improprio, nella
prospettazione di parte ricorrente, ricorso al ragionamento presuntivo
da parte dei giudici del merito.
In detta prospettiva deve ribadirsi l’orientamento di questa Corte (da ultimo: Cass. n. 01234 del 17/01/2019 e in precedenza Cass. n. 11511 del 23/05/2014)
che afferma l’incensurabilità in sede di legittimità l’apprezzamento
del giudice di merito circa la valutazione della ricorrenza dei
requisiti di precisione, gravità e concordanza previsti dalla legge per
valorizzare determinati elementi di fatto come fonti di presunzione,
restando circoscritto il sindacato di legittimità alla tenuta della
motivazione sul punto, nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In ordine alla valutazione delle prove, ferma restando la suddetta
valutazione di sostanziale inammissibilità della censura, così come
formulata, deve osservarsi che la sentenza della Corte territoriale,
aderendo alla motivazione del Tribunale, ha affermato, con logico e
coerente percorso motivazionale (pag. 12), che non vi era contraddizione
tra quanto affermato dai due testi entrambi escussi su iniziativa della
convivente di fatto M.I., pure parte processuale nella fase di
merito, in quanto uno aveva fatto riferimento alla durata della
relazione tra R.I. e la nuova compagna, e l’altro alla durata della
convivenza tra i due, che era iniziata in Italia, successivamente
all’esordio, avvenuto in Romania, del legame affettivo.
In ordine alla liquidazione del danno deve rilevarsi che i
ricorrenti R.D.D. e R.L.G. sono figli, oramai
ultratrentenni, in quanto nati nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS), al
momento del decesso del padre R.I. (deceduto nel giugno 2007), ma
da tempo, come incontestato, non più conviventi con lo stesso.
La Corte ha confermato per i due figli un risarcimento di Euro
cinquantamila ciascuno, affermando, con convinta adesione alla
motivazione di prime cure, che il legame di R.I. con i figli non
poteva dirsi del tutto cessato, sebbene questi avesse, oramai, una nuova
compagna e convivesse con la stessa da molti anni ed ha giustificato la
ridotta – di oltre due terzi – misura del risarcimento del danno non
patrimoniale, rispetto al minimo previsto dalle cd. Tabelle milanesi,
sulla base della circostanza che la convivenza con i figli era cessata
da quasi venti anni.
Il percorso motivazionale seguito dalla Corte di Appello di Firenze
è coerente con la giurisprudenza di legittimità, che nell’affermare la
generale valenza delle Tabelle del Tribunale di Milano, quale parametro
ai sensi dell’art. 1226 (e 2056) c.c. per la liquidazione dei danni (Cass. n. 12408 del 07/06/2011),
ha ritenuto legittimo lo scostamento da esse, sia per i valori massimi
che per quelli minimi, in considerazione delle circostanze del caso
concreto, individuate correttamente, nella sentenza in scrutinio, dalla
lontananza non solo geografica, in quanto è incontestato che
R.D.D. e L.G. non vivessero più con R.I. da molto tempo,
ma anche affettiva.
Deve, inoltre, rilevarsi che nella censura si fa riferimento ad
un’inversione dell’onere probatorio operato asseritamente dal giudice di
merito, tuttavia non si individua, in concreto, alcun elemento dal
quale potere inferire che il legame affettivo tra i due figli da una
parte ed il padre si fosse mantenuto così come normalmente avviene in
costanza di convivenza.
La conclusione alla quale è pervenuta il giudice del merito va,
pertanto, confermata, in quanto coerente con le affermazioni di questa
Corte, in casi analoghi (nei quali, tuttavia, non erano stati
correttamente individuati, dai giudici di merito, elementi idonei a
giustificare lo scostamento dal minimo degli importi delle cd. Tabelle
milanesi: Cass. n. 03505 del 23/02/2016): nel caso di specie, assume,
invero, un ruolo determinante la cessazione della convivenza da quasi un
ventennio in una con l’impossibilità di ricostituirla stante la
consolidata distanza affettiva tra R.I. ed i figli.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso sono pertanto rigettati.
Il terzo mezzo è pure esso infondato.
La sentenza in esame ha escluso che ad R.E. spettasse il
risarcimento del danno valorizzando adeguatamente circostanze di fatto
quali: la cessazione della convivenza tra la ricorrente e il marito
R.I. da oltre venti anni, l’instaurazione di una nuova relazione
affettiva da parte di R.I. in Italia, con sostanziale cessazione
dei rapporti con la moglie, pur senza addivenire ad una separazione
legale, l’assenza di un contributo economico da parte di R.I. al
sostentamento della moglie, mentre è incontestato che in favore dei
figli vi erano state delle elargizioni, seppure modeste, in caso di
bisogno.
La Corte di merito ha richiamato la costante affermazione della
giurisprudenza di legittimità, secondo la quale (Cass. n. 01025 del
17/01/2013, con riferimento a coniuge separato legalmente da un solo
mese) il risarcimento del danno non patrimoniale può essere riconosciuto
al coniuge separato a condizione che si accerti che il fatto illecito
del terzo abbia provocato quel dolore e quelle sofferenze morali che di
solito ai accompagnano alla morte di una persona cara, previa
dimostrazione che, nonostante la separazione, anche se solo di fatto, e
non giudizialmente o consensualmente raggiunta, vi sia ancora un vincolo
affettivo particolarmente intenso.
L’esclusione del risarcimento del danno patrimoniale, in assenza di
una stabile convivenza e di fondati indizi di una possibile ripresa
della stessa è stata, pertanto, adeguatamente motivata (sul rilievo
della situazione di convivenza, in caso di danno subito dai prossimi
congiunti della vittima: Cass. n. 01410 del 21/01/2011).
Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Si reputa opportuno disporre che in caso di utilizzazione della
presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione
scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti
di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e
degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che
liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso
forfetario al 15% e oltre CA ed VA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis.
Dispone oscuramento dati identificativi e generalità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione nella Sezione Terza Civile, il 4 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019