Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28221 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. III, 04/11/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23593-2017 proposto da:

D.M.R.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato DAVIDE CARIOLA;

– ricorrente –

contro

M.V., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

PAOLO PASQUALI, ANTONIO MACCHIARINI;

BERKSHIRE HATHAWAY INTERNATIONAL INSURANCE LIMITED, in persona del

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVUOR 19, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO FRANCESCO

GALANTINI;

AZIENDA USL TOSCANA NORD OVEST, in persona del suo Direttore

Generale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRENTA 2-A, presso

lo studio dell’avvocato ISABELLA MARIA STOPPANI, rappresentata e

difesa dagli avvocati VINCENZINA RITA LIGUORI, FRANCO BERTOLINI;

– controricorrenti –

e contro

ALLIANZ SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 878/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 01/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per accoglimento motivo 1 assorbiti

e rigettati gli altri;

udito l’Avvocato STOPPANI ISABELLA MARIA per delega;

udito l’Avvocato RAUSO FRANCESCA per delega;

udito l’Avvocato MACCHIARINI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.M.R.M. convenne in giudizio il Dott. M.V. (primario oculista) e l’Azienda USL n. (OMISSIS) di Massa e Carrara per essere risarcito dei danni conseguiti ad un intervento di rimozione di cataratta all’occhio destro, cui era stato sottoposto presso l’Ospedale di (OMISSIS), dal quale era derivato un distacco retinico che non aveva potuto essere risolto nonostante due successivi interventi effettuati presso altri nosocomi e che aveva determinato la completa perdita del visus.

Sia il M. che l’Azienda Usl resistettero alla domanda e chiamarono in causa, per l’eventuale manleva, le rispettive compagnie assicuratrici, ossia la RAS s.p.a e la Sompo Japan Insurance Company of Europe Ltd, che si costituirono in giudizio contestando la domanda attorea.

Il Tribunale di Massa e Carrara rigettò la domanda del D.M., compensando le spese di lite.

La sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello di Genova, che ha condannato il D.M. al pagamento delle spese del grado.

Ha proposto ricorso per cassazione il D.M. affidandosi a cinque motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, M.V., la Azienda Toscana Nord Ovest (già Azienda USL di Massa e Carrara) e la Berkshire Hathaway International Insurance Limited (succeduta già nel corso del giudizio di appello alla Sompo Japan Insurance); il ricorrente, il M. e la Berkshire Hathaway hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello ha seguito il seguente percorso argomentativo:

dalla c.t.u. era emerso che durante l’intervento di asportazione della cataratta si era verificata la rottura capsulare della lente con passaggio di massa catarattale in camera vitrea; ciò rientrava nelle possibili complicanze dell’intervento, ma avrebbe richiesto che si procedesse in tempi rapidi alla rimozione delle masse catarattose mediante intervento di vitrectomia, con successivo impianto di IOL;

per quanto dalla cartella clinica non risultasse il diario clinico del decorso post-operatorio, dalle dichiarazioni della teste C. (moglie del D.M.) emergeva che il Dott. M. aveva controllato il paziente nei giorni 25, 27, 29 e 30 dicembre ed il 3 gennaio e che dopo tale controllo il D.M. non si era più presentato presso l’Ospedale di (OMISSIS);

ciò premesso e, tenuto conto del breve lasso di tempo trascorso dalla data dell’intervento presso l’ospedale ((OMISSIS)) e quella dell’ultima visita ((OMISSIS)), non era “possibile affermare la responsabilità del (…) M. nella causazione dell’evento dannoso” e la circostanza che il c.t.u. avesse sottolineato -in sede di chiarimenti-che si sarebbe dovuto procedere “immediatamente” non era “incompatibile col lasso di tempo trascorso”;

nè appariva irrilevante la circostanza che, a qualche mese di distanza, il D.M. avesse subito un distacco di retina anche all’occhio non interessato dall’intervento, in quanto il fatto deponeva nel senso di una “naturale predisposizione del paziente”;

per di più, non risultava dagli atti “con certezza che l’omessa tempestiva rimozione della massa catarattosa dal corpo vitreo dell’occhio destro dell’appellante possa avere determinato il distacco della retina”.

2. Il ricorrente ha censurato la sentenza sotto i seguenti profili:

violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. per “erronea applicazione del riparto probatorio in caso di responsabilità da contatto sociale e dell’accertamento del nesso causale tra attività medico sanitaria ed evento dannoso” (primo motivo): premesse considerazioni sulla natura contrattuale della responsabilità e sulla necessità per gli obbligati di “dimostrare compiutamente che la prestazione sia stata ineccepibile e/o che i danni, comunque, non trovano nessuna derivazione da detta prestazione medica”, il ricorrente rileva che nel caso “non vi è stata nessuna dimostrazione da parte del medico o della struttura della sopravvenienza di cause giustificabili del loro comportamento” e che il c.t.u. aveva indicato quale intervento necessario per neutralizzare la complicanza quello di immediata rimozione delle masse catarattose, evidenziando come l’omissione di tale intervento fosse strettamente collegata con il successivo distacco della retina;

violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (secondo motivo): evidenziato che il c.t.u. aveva accertato la non corretta tenuta della cartella clinica, il ricorrente assume che “l’incompletezza della cartella clinica genera una prova presuntiva del nesso causale a sfavore del sanitario convenuto, qualora la condotta dallo stesso tenuta sia astrattamente idonea a cagionare il danno”;

nullità della sentenza per mancanza e/o apparenza della motivazione (terzo motivo): considerato che, a prescindere dalla non corretta tenuta della cartella clinica, il c.t.u. aveva affermato la necessità di una immediata rimozione delle masse catarattose, il ricorrente contesta l’assunto della Corte di merito secondo cui tale necessità “non appar(iva) incompatibile con il periodo di tempo trascorso tra l’intervento e l’ultima visita del Dott. M. (10 giorni)” e evidenzia la “inconciliabilità delle affermazioni presenti nel tessuto motivazionale e dunque il vizio insanabile della motivazione”; rileva altresì che risulta “apodittica in quanto non motivata sotto nessun profilo, nè logico nè scientifico” l’affermazione secondo cui vi potrebbe essere stata una naturale predisposizione del paziente, dato che, a distanza di qualche mese, aveva subito il distacco della retina all’occhio sinistro;

omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti (quarto motivo): il ricorrente torna a contestare alla Corte di merito di avere ritenuto che l’onere di diligenza del Dott. M. fosse stato soddisfatto per il fatto di avere sottoposto il paziente a numerose visite di controllo, senza considerare che il medico -nonostante i ripetuti controlli- aveva omesso di accertare la presenza delle masse catarattose e di procedere ad un immediato intervento di vitrectomia;

violazione dell’art. 1218 c.c. in relazione alla ritenuta validità del consenso informato (quinto motivo): premesso che il c.t.u. aveva rilevato la sussistenza di gravissime carenze nella redazione della documentazione sanitaria per tutte le fasi dell’intervento e addirittura- una correzione della cartella clinica, non controfirmata, proprio sulla tipologia di intervento posto in essere, il ricorrente sostiene che il M. “parrebbe aver modificato la tipologia di intervento (…) rispetto a quella programmata”, violando “palesemente il diritto del paziente di conoscere preventivamente la tecnica chirurgica che sarebbe stata utilizzata”; aggiunge che al D.M. non era stato esplicitato che la cataratta era sub lussata e che ciò costituiva un fattore aggiuntivo di rischio di cui il paziente avrebbe dovuto essere preventivamente informato.

3. Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati.

In punto di condotta dell’oculista e di inadempimento della struttura, la Corte ha trascurato il dato fondamentale che non è risultato che il Dott. M., nonostante i ripetuti controlli cui aveva sottoposto il D.M. dopo 1″intervento, si fosse reso conto della presenza della massa catarattosa nel vitreo, che, per quanto evidenziato dal c.t.u., avrebbe richiesto un immediato intervento di rimozione (va da sè che, ove si fosse reso conto della natura del problema, il M. avrebbe comunque errato nel non avviare immediatamente il paziente al nuovo intervento).

La Corte ha invece inteso escludere la responsabilità sul mero assunto che il periodo trascorso tra l’intervento e l’ultima visita non sarebbe incompatibile con l’esigenza di procedere immediatamente, senza tuttavia affrontare il profilo (centrale) della possibilità di diagnosticare tempestivamente la presenza della massa catarattosa nella camera vitrea e senza valutare eventuali profili di colpa del medico per non avere rilevato -nonostante le numerose visite cui il D.M. si era sottoposto e il peggioramento delle sue condizioni-l’esistenza e la natura della sopravvenuta “complicanza”.

Al riguardo, risulta violato il principio che impone al debitore (alla struttura e anche al medico, in un’ottica ancora contrattuale) di fornire piena prova liberatoria circa la correttezza dell’adempimento, rispetto al quale la Corte di merito ha assunto una posizione effettivamente apodittica laddove si è limitata a valorizzare un dato non dirimente (ossia il fatto che il Dott. M. abbia visitato più volte il paziente dopo l’intervento) e ad affermare la “non incompatibilità” fra il tempo trascorso e la necessità di immediato re-intervento, ma come detto- ha omesso del tutto di prendere posizione sulla possibilità di diagnosticare tempestivamente (nel corso delle varie visite effettuate) la presenza delle masse catarattose.

Altrettanto insoddisfacenti sono le considerazioni svolte dalla sentenza impugnata sul nesso di causa:

del tutto irrilevante è la circostanza che il D.M. potesse essere predisposto al distacco di retina: infatti, quello che rileva (e che si sarebbe dovuto accertare) è se il ritardo (di diagnosi e di intervento) abbia provocato il distacco, a prescindere dalla possibile predisposizione;

ma ciò che più conta è che la Corte di merito è incorsa in un evidente errore di diritto laddove -a pag. 17- ha ritenuto necessaria la “certezza” che il distacco retinico sia stato determinato dall’omissione della tempestiva rimozione della massa catarattosa, discostandosi dal principio assolutamente pacifico secondo cui l’accertamento del nesso di causalità in ambito civile segue il criterio della preponderanza dell’evidenza.

4. Inammissibili risultano, invece, le censure in punto di non corretta tenuta della cartella clinica e di difetto di adeguata informazione: quanto alle prime, perchè l’inadempimento posto a base della pretesa risarcitoria non attiene all’intervento di rimozione di cataratta (che è quello considerato dalla cartella clinica), ma a prestazioni successive; quanto alle seconde, perchè viene introdotto un profilo (quello del probabile mutamento della tecnica operatoria rispetto a quella preventivata) che risulta del tutto nuovo rispetto a quello affrontato dalla sentenza (attinente alla sufficienza o meno delle informazioni contenute nel modulo sottoscritto dal D.M.).

5. Il ricorso va dunque accolto nei termini illustrati al punto 3, con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte territoriale che procederà a nuovo esame della vicenda alla luce delle considerazioni sopra svolte e provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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