Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2822 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 05/02/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 05/02/2021), n.2822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11468/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;

– ricorrente –

contro

R.C., R.L., nella qualità di eredi di

F.G., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G.G. BELLI 36, presso

lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO CESALI, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FILIPPO MARCIANTE;

– controricorrenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SCIACCA, depositata il 31/10/2014

R.G.N. 1215/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con decreto del 31.10.14, il Tribunale di Sciacca ha omologato l’accertamento tecnico preventivo del requisito sanitario dell’indennità di accompagnamento in favore di F.G., con decorrenza dal 5.4.12.

2. Avverso tale decreto decorre l’INPS per tre motivi, cui resistono gli eredi della assistita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Con il primo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, convertito in L. n. 326 del 2003, in relazione art. 445 bis c.p.c., per avere la sentenza impugnata pronunciato omologa di accertamento tecnico preventivo qualificando come nuovo ricorso per ATP il ricorso presentato dall’assistita e trascurando che si trattava invece di un ricorso per merito a seguito di dissenso e opposizione ad altro precedente ATP (già definito – favorevolmente all’assistita, ma con decorrenza dello stato invalidante dall’1.7.13- con provvedimento del 17.12.13), e trascurando inoltre che, ove il ricorso fosse stato per ATP, era comunque maturata decadenza dall’assistita in relazione al procedimento amministrativo.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione dell’art. 445 bis c.p.c., commi 6 e 7, per avere la sentenza impugnata pronunciato omologa in presenza di dissenso e non invece sentenza, con effetto sul relativo regime delle impugnazioni.

5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce che – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 445-bis c.p.c., per avere il decreto pronunciato ultra petita, nel riconoscere decorrenza della prestazione precedente rispetto a quella richiesta dell’assistita.

6. E’ preliminare l’esame della tempestività del ricorso per cassazione, contestata dalla parte controricorrente. Nel caso, il decreto di omologa qui impugnato con ricorso del 24.4.15 – era stato depositato il 31.10.14 e notificato all’INPS il 27.11.14; la notifica, tuttavia, era stata fatta nelle mani del funzionario dell’INPS che rappresentava lo stesso nel primo e diverso giudizio di ATP, e non invece all’avvocato dell’INPS che lo rappresentava nel giudizio relativo all’ATP definito dal decreto qui impugnato. Ne deriva che la notifica in questione non consentiva di far decorrere il termine di 60 giorni previsti dall’art. 325 c.p.c., comma 2, restando dunque l’impugnazione tempestiva, per non essere decorso il termine lungo di impugnazione.

7. I motivi di ricorso posono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono inammissibili.

8. I motivi infatti si basato tutti sul presupposto che il procedimento definito dal decreto impugnato non sia altro che la prosecuzione dell’originario procedimento per ATP definito nel 2013, rispetto al quale l’assistita avrebbe formulato dissenso e poi ricorso in opposizione. Il presupposto è peraltro erroneo, atteso che dagli atti risultano due distinti autonomi ricorsi per ATP, due separate costituzioni dell’INPS (ciascuna come detto con soggetto diverso), due distinte CTU, e due differenti decreti di omologa.

9. Se il procedimento fosse stato unico, come preteso dall’INPS, la costituzione dell’INPS con il proprio legale avrebbe fondato – in difetto di specificazioni circa l’assunzione della lite – una rappresentanza in giudizio che si sarebbe aggiunta alla rappresentanza iniziale di proprio funzionario (al quale era stata conferita nella prima costituzione dell’Istituto e poi mai revocata), sicchè il funzionario sarebbe rimasto comunque legittimato a ricevere le notifiche delle impugnazioni ed avrebbe dunque ricevuto validamente la notifica del ricorso per cassazione dell’assistito: in tal caso, il ricorso sarebbe stato però inammissibile per tardività, essendo validamente decorso il termine breve di impugnazione. Il Collegio ritiene, al contrario, che l’assistito abbia introdotto distinti procedimenti, e che oggetto del ricorso sia solo il secondo decreto di omologa.

10. Ciò posto, in presenza di un accertamento tecnico preventivo non opposto in alcun modo dalle parti ed omologato dal giudice con il decreto qui impugnato, restano inammissibili le questioni sollevate dall’INPS in ordine alla decadenza dell’assistita o alla decorrenza della prestazione, atteso che oggetto dell’ATP è esclusivamente l’accertamento delle condizioni sanitarie rilevanti e che il decreto di omologa non è ricorribile in cassazione se non in ordine al regolamento delle spese (tra le tante, Sez. Lav. n. 6010 del 14/3/2014, 27010 del 24/10/2018 e 9755 del 8/4/2019).

11. Spese secondo soccombenza.

12. Sussistono le condizioni processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in Euro 3500,00 per competenze professionali ed Euro 200,00 esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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