Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28219 del 06/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 06/11/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 06/11/2018), n.28219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 6649-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., nella qualità di erede di S.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 405, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO CASU, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO PANNUZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 461/34/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

08/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro C.M., che si è costituita, avverso la sentenza della CTR della Sicilia con la quale, confermando la sentenza di primo grado, è stato accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il provvedimento di silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso del 90% dell’IRPEF, corrisposta per gli anni 1990, 1991, 1992 mediante istanza presentata in adesione alla disposizione sul condono previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.

La ricorrente ha depositato memoria.

La causa può essere decisa con motivazione semplificata.

La ricorrente prospetta, con il primo motivo, la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 nonchè L. n. 190 del 2014.

La censura, ammissibile in n. 22726 del 03/11/2011 -, è infondata.

Ed invero, questa Corte, esaminando specificamente la tematica prospettata dall’Agenzia volta a sostenere che il sostituto d’imposta non sarebbe legittimato a richiedere il rimborso delle imposte versate per il triennio 1990/1992 alla stregua dell’art. 9, comma 17 L. cit. e della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 ha di recente ribadito che “in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, può essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) sia dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) nella sua qualità di lavoratore dipendente.” (Cass. nn. 14406/2016, 18905/2016, Cass. n. 15027/2017, Cass. n.17472/2017).

Va poi aggiunto che la legittimazione del sostituito d’imposta ha trovato conferma nel D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octiesconv. L. n. 123 del 2017, che ha testualmente incluso nel perimetro di godimento del beneficio L. n. 190 del 2014, ex art. 1, comma 665, “i titolari di redditi di lavoro dipendente nonchè i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite”; il limite introdotto dalla norma sopravvenuta laddove autorizza il rimborso fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con riduzione del 50% in ipotesi di eccedenza delle richieste non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio.

La censura è quindi priva di fondamento, avendo la CTR legittimamente riconosciuto alla parte contribuente (sostituito lavoratore dipendente) il diritto a pretendere il rimborso delle somme corrisposte dal sostituto.

Con il secondo motivo si prospetta poi la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 nonchè degli artt. 11 e 14preleggi ed ancora della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3 e dell’art. 2033 c.c. Si deduce l’erroneità dei principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 20641/2007, nella parte in cui aveva esteso il beneficio del condono ai soggetti interessati dal sisma del 1990 che avevano già corrisposto il proprio debito tributario, interpretando in modo errato la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 introdotto a favore esclusivo dei contribuenti che non avevano ancora versato le imposte dovute alla data di entrata in vigore della disposizione condoniale.

Il motivo è manifestamente infondato.

La giurisprudenza di questa Corte si è ormai consolidata nel senso che in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9,comma 17, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post” – Cass. n. 9577/2012 -.

Peraltro, la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015), da ultimo ha stabilito: “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248…”.

Si tratta, all’evidenza, di una disposizione legislativa che ha normativizzato l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato -cfr. Cass. n. 15027/2017 -.

Ne consegue il rigetto della censura.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della parte controricorrente in Euro 1200,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori come per legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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