Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28218 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. III, 04/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 04/11/2019), n.28218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7606-2018 proposto da:

PAM SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 78,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ORSINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO BOCCAGNA;

– ricorrente –

contro

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PREVESA 11, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SIGILLO’, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO PENAZZI,

FRANCESCO BENATTI;

– controricorrente –

e contro

COMPAGNIE FRANCAISE D’ASSURANCE POUR LE COMMERCE EXTERIEUR SA COFACE,

EURO AMERICAN FOOD GROUP CO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3680/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

in relazione a un contratto di Factoring intercorrente fra PAM s.p.a. (cedente) e Mediofactoring s.p.a. (factor), la PAM chiese al Tribunale di Torre Annunziata, Sez. Dist. di Gragnano l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del Mediocredito Italiano s.p.a. (già Mediofactoring) e della Euro American Foods Group Co. (debitore ceduto), per il pagamento della somma capitale di 293.931,46 Euro, oltre accessori, a titolo di insoluti maturati dalla EAFG per forniture di pasta;

il Mediocredito Italiano propose opposizione assumendo -fra l’altro- l’avvenuta retrocessione dei crediti e l’assoggettamento delle cessioni alla disciplina pro solvendo; l’opponente chiamò in causa la Euro American Foods Group e la COFACE, s.a. (assicuratrice del credito di Mediofactoring verso il debitore ceduto);

il decreto ingiuntivo non venne, invece, opposto dalla EAFG;

accogliendo l’eccezione sollevata dalla opponente, il Tribunale di Torre Annunziata dichiarò la propria incompetenza per territorio e la nullità del decreto ingiuntivo;

il Tribunale di Milano, avanti al quale la causa era stata riassunta dalla PAM, emise sentenza con cui rigettò le domande del Mediocredito nei confronti di PAM e COFACE e dichiarò improponibili quelle svolte contro la EAFG, condannando il Mediocredito Italiano, in solido con la EAFG, al pagamento della somma originariamente ingiunta;

la Corte di Appello di Milano ha accolto il gravame proposto dal Mediocredito Italiano, accertando “l’intervenuto giudicato formatosi per effetto del decreto ingiuntivo n. 22/2009 emesso dal Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano (…) nei confronti della Euro American Foods Group Company Inc,. in relazione ai crediti oggetto di cessione” e affermando che “i crediti oggetto di cessione tra PAM s.p.a. e Mediocredito s.p.a. (…) sono retrocessi in capo alla cedente PAM per effetto del giudicato di cui sopra”; per l’effetto, ha condannato “PAM s.p.a. a restituire a Mediocredito s.p.a. la somma di 498.059,38 da quest’ultima versata in ragione del factoring e della sentenza di primo grado”, oltre accessori;

ha proposto ricorso per cassazione la P.A.M. s.r.l. in liquidazione, affidandosi a tre motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, il Mediocredito Italiano s.p.a. e la Compagnie Francaise d’Assurance pour le Commerce Exterieur s.a. (COFACE); tutte le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte ha “completamente omesso di pronunciarsi sulle eccezioni sollevate dalla parte allora appellata” in merito alla “inammissibilità ex art. 342 c.p.c. e/o ex art. 348 bis del gravame prodotto da Mediocredito Italiano”;

il secondo motivo deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 164 e 342 c.p.c. a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3 anche in relazione all’art. 384 c.p.c. cpv”: la ricorrente assume che, qualora avesse “implicitamente rigettato senza alcuna motivazione l’eccezione di inammissibilità del gravame”, la Corte territoriale “sarebbe incorsa nella violazione e/o nella falsa applicazione degli artt. 342 e 164 c.p.c. non dichiarando l’inammissibilità del gravame”; rileva che “l’appellante non aveva indicato con precisione le parti della sentenza che intendeva appellare e, soprattutto, le modifiche che richiedeva alla ricostruzione del fatto compiuta dal Giudice di primo grado”, nè aveva indicato “le circostanze da cui sarebbe derivata la violazione di legge e la loro rilevanza”; chiede pertanto a questa Corte di procedere, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, alla declaratoria di inammissibilità del gravame;

i due motivi -che possono essere trattati congiuntamente- vanno disattesi, in quanto:

il primo è infondato, dovendosi ritenere che l’eccezione sia stata esaminata e implicitamente rigettata per il fatto stesso che la Corte abbia ritenuto di dover procedere allo scrutinio dei motivi di appello (cfr. Cass. n. 13649/2005 e Cass. n. 7406/2014);

il secondo motivo è inammissibile, poichè la ricorrente non ha trascritto in alcuna misura l’atto di appello del Mediocredito al fine di consentire a questa Corte di apprezzare, sulla base della lettura del ricorso, la sussistenza della dedotta carenza di specificità dell’impugnazione (cfr. Cass. n. 86/2012 e Cass. n. 12664/2012);

col terzo motivo (“violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 20 delle condizioni generali del contratto di factor nonchè degli artt. 1260 c.c. e ss., art. 1453 c.c. e art. 112 c.p.c.”), la ricorrente si duole che la Corte di Appello abbia “statuito la retrocessione del credito della PAM senza che alcuna domanda sul punto fosse stata formulata e, soprattutto, sulla scorta di due pattuizioni contrattuali (…) artt. 14 e 20 del contratto di factor, che contemplavano ipotesi ben diverse e, comunque, dichiarando d’ufficio una sorta di risoluzione del contratto di cessione, mai richiesta, per volontà unilaterale del fornitore, la PAM s.r.l., cadendo nella violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1260 c.c. e ss., art. 1453 c.c. e art. 112 c.p.c.”;

il motivo è inammissibile, in quanto non investe adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, sintetizzata nel rilievo che “il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo (…) a favore della cedente PAM nei confronti di EAFG, in quanto non impugnato dalla stessa debitrice ceduta (…), dispiega infatti un effetto preclusivo delle pretese di PAM nei confronti di Mediocredito”, dovendo “ritenersi che il decreto ingiuntivo non impugnato abbia sancito la definitiva titolarità dei crediti vantati nei confronti della debitrice ceduta, con effetto di retrocessione degli stessi, in capo alla cedente PAM e che, conseguentemente, quest’ultima non potrebbe pretendere anche il pagamento da parte del factor” (tanto più che era “stata la stessa cedente a svolgere ricorso per decreto ingiuntivo per pretendere il pagamento di un credito nei confronti del debitore ceduto, con ciò assumendo implicitamente di essere titolare legittimata a ottenere il pagamento del credito”);

invero la ricorrente non censura in alcun modo l’affermazione circa l’effetto preclusivo del giudicato formatosi sul decreto non opposto, ma si limita a contestare che la Corte potesse individuare una “retrocessione del credito” sulla base delle condizioni generali di contratto o in conseguenza di una non richiesta risoluzione del contratto, senza tener conto, tuttavia, che la retrocessione non è stata affermata in applicazione delle anzidette condizioni contrattuali o come effetto della risoluzione, bensì quale logico corollario dell’accertamento (conseguente al giudicato) della titolarità in capo alla PAM dei crediti già da questa ceduti al Mediocredito;

le censure risultano dunque “eccentriche” rispetto alle ragioni della decisione e, come tali, inidonee ad intaccarne la fondatezza;

al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di entrambi i controricorrenti;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate, per ciascun controricorrente, in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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