Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28215 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 28215 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 417 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2010, proposto:
DA
VITO VACCARO,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo

studio Titomanlio alla Via Terenzio n. 7, con gli avv.ti
Raffaele De Bonis Cristalli e Orazio Abbamonte, che lo
rappresentano e difendono anche disgiuntamente, per procura
a margine del ricorso notificato il 23 dicembre 2009.
RICORRENTE PRINCIPALE

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Data pubblicazione: 18/12/2013

CONTRO
COMUNE DI POTENZA,

in persona del

sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e

quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso notificato a mezzo posta il 21 gennaio 2010.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
33/09, del 27 gennaio – 12 febbraio 2009, notificata al
ricorrente presso il suo difensore avv. De Bonis il 4
novembre 2009.
Udita, all’udienza del 5 novembre 2013, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Orazio Abbamonte
per il ricorrente e il P.M., in persona del sostituto
procuratore generale dr. Immacolata Zeno, che conclude per
l’inammissibilità del primo motivo del ricorso principale e
l’accoglimento del secondo motivo di esso, con assorbimento
degli altri motivi di detto ricorso e con il rigetto del
primo motivo di quello incidentale, che comporta
assorbimento degli altri motivi.
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 9 marzo 1989, Angelo Vito
2

Brigida Pignatari dell’Ufficio legale dell’ente, presso il

Vaccaro, premesso di avere ceduto, a titolo gratuito, al
Comune di Potenza con atto del 31 luglio 1982, un suolo
edificabile in Potenza di mq. 5753 in Catasto Terreni a F.

perché privo dei requisiti di legge, conveniva in giudizio
l’ente locale dinanzi al Tribunale della stessa città
perché, dichiarata la nullità che precede, condannasse il
convenuto a risarcire l’attore del danno subito per tale
condotta.
Il risarcimento chiesto ammontava al valore venale dell’area
occupata senza titolo dall’ente locale e alla perdita di
valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza utilizzato
e trasformato solo in parte detto suolo, con alloggi per i
terremotati del sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto all’attore, per la cessione del suolo, la
facoltà di edificare sul residuo suolo e il locale
Tribunale, con sentenza non definitiva del 30 novembre 1991,
dichiarava nulla la cessione di cui alla citazione, perché
priva di causa, affermando che il comune doveva restituire
all’attrice le aree di cui sopra ovvero pagare il valore
venale dell’area occupata, liquidato in £ 188.120.000 (mq.
4.703 X £ 40.000 a mq.).
3

29, P.le 614, 709 e 703, e che tale contratto era nullo

Con pronuncia definitiva del 27 gennaio 1998, lo stesso
tribunale stabiliva che la predetta somma, per la natura
risarcitoria del credito che era di valore, doveva essere

coefficiente 2,44, che comportava una somma all’attualità di
E 459.012.800, da erogare con gli interessi di legge dalla
domanda al saldo e le spese di causa al Vaccaro.
L’attore proponeva appello contro la sentenza di cui sopra,
deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato ad un indice di edificabilità inferiore a
quello effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di
quello deciso dal tribunale, mentre l’ente locale era tenuto
a pagare anche il suolo non occupato con la costruzione
degli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità per tardività dell’avverso gravame
principale ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e,
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
domanda della controparte, che avrebbe dovuto chiedere solo
il risarcimento del danno per occupazione illecita del suo
terreno, affermava che alla controparte spettava meno di
quanto proposto dal c.t.u., essendo errate le conclusioni di
4

rivalutata alla data della decisione (1997) con un

questo sul valore venale delle aree occupate e non dovendosi
gli interessi riconosciuti in primo grado, per lo stato di
dissesto del comune, nelle more da questo dichiarato.

gennaio – 12 febbraio 2009 non notificata, accoglieva
parzialmente gli appelli riuniti delle parti e condannava il
Comune di Potenza a pagare alla controparte E 84.595,64,
così quantificata al 30 giugno 1984, oltre rivalutazione e
interessi sulle somme via via rivalutate e su C 66.159,50
dal luglio 1982 al 30 giugno 1984, al tasso di legge
vigente, dovuta per la maggiore superficie occupata per i
lavori, compensando in parte le spese di causa tra le parti,
e ponendole nel resto a carico del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a favore del Vaccaro per l’area
rimasta in sua proprietà e non utilizzata dall’ente locale,
e la sentenza, rilevato che il Comune aveva precisato che la
sua domanda di rimborso delle somme versate in eccesso alle
controparti per l’occupazione, era dive uta, con l’appello
_
-/
del Vaccaro, azione di quest’ultimo]
di
risarcimento del
_
(..
danno per occupazione illecita del suo terreno, per essere
illegittimo il procedimento ablatorio in assenza dei termini
di durata del procedimento e dei lavori (art. 13 della L. n.
2359 del 1865), qualificava l’azione come avente la sua
5

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 33 del 27

causa petendi in una occupazione illecita, usurpativa o
senza titolo.
Affermato che in tal modo si era avuta un’ammissibile

da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito
riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle
aree occupate senza titolo, che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per il vincolo preordinato all’esproprio, esse
erano state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso, per qualificare edificabili
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come
non edificabili, entro i limiti e modi già indicati i Per la
cassazione di tale sentenza, il Vaccaro propone ricorso in
via principale di quattro motivi notificato il 23 dicembre
2009, cui replica, con controricorso notificato a mezzo
6

mutamento della domanda originale di risarcimento del danno

posta il 21 gennaio 2010 e illustrato da memoria ai sensi
dell’art. 378 c.p.c., il Comune di Potenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE

riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.
1. Sul piano logico è preliminare l’esame della eccezione di
inammissibilità dell’appello dell’attuale ricorrente, già
proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via
incidentale e ripetuta da questo con il primo motivo del suo
ricorso per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha deciso la Cor,te d’appe

per

cui la stessa puòritenersi A acitamentd rigettata, con
statuizione che il Comune ricorrente considera errata e da
riformare.
L’eccezione infatti denuncia una pretesa violazione del
termine breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune
di Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello
con atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta
giorni dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza
al sindaco della città, in persona propria, avvenuta il 29
maggio 1998.
La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,
quale organo del Comune e non al difensore dell’ente locale
7

Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare

ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune di
Potenza, la predetta notificazione non poteva che aver dato
luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per

gravame entro tale termine.
Come deduce lo stesso comune ricorrente incidentale, la
giurisprudenza è stata sempre costante nell’affermare che la
notificazione del provvedimento da impugnare alla parte
personalmente, invece che al difensore, è inidonea a far
decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. per
l’impugnazione; si chiede quindi di modificare detto
indirizzo ermeneutico e qualificare la notifica della
sentenza alla parte personalmente idonea a dar luogo alla
decadenza dal gravame per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. di recente in tal senso S.U. 13 giugno 2011 n. /
12898 e Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384) ogico in e
della esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia
valutata dal difensore tecnico, non può che confermarsi che
solo la notificazione della sentenza all’avvocato della
parte, può far decorrere il termine breve per impugnare di
cui all’art. 325 c.p.c., rendendo conoscibile la decisione
al solo soggetto tecnicamente abilitato a rilevare la
8

impugnare violato da controparte, che non aveva proposto

opportunità di proporre impugnazione.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non
rilevando la notifica della sentenza personalmente alla

per cui l’eccezione della tardività del gravame è da
ritenere implicitamente rigettata con statuizione corretta,
che comporta il rigetto del primo motivo di ricorso
incidentale, perché infondato, consentendo di valutare nel
merito gli altri motivi di esso e il ricorso principale.
2.1. Il primo motivo del ricorso principale del Vaccaro
deduce

violazione

dell’art.

112

c.p.c.

dalla

Corte

potentina, per avere il ricorrente chiesto alla stessa di
liquidare “i danni subiti dall’appellato entro i limiti di
giustizia, con applicazione dei criteri di cui all’art. 3,
comma 65, della legge 23 dicembre 1996 n. 662” e solo
successivamente domandato il risarcimento del danno da
occupazione illecita del suolo dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa, e così ha rilevato la modifica del
titolo a base delle richieste del Vaccaro senza dichiarare
preclusa la domanda nuova di costui per la mutatio libelli
9

parte, ai fini della decorrenza del termine per appellare,

operata.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la
decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la
originaria

di

risarcimento

da

occupazione

appropriativa in quella, diversa, da occupazione usurpativa,
non rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale del Vaccaro
censura la sentenza, per violazione dell’art. 2909 c.c., per
avere deciso in contrasto con il giudicato della pronuncia
non definitiva del Tribunale di Potenza del 1991, che aveva
riconosciuto la natura edificabile dell’area occupata,
qualificandola inedificabile e violando in tal modo anche
l’art. 112 c.p.c.
Il tribunale aveva qualificato infatti il suolo con
“potenzialità edificatorie”, affermando che l’indennità di
espropriazione doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della
legge n. 2359 del 1865 nel valore venale dell’area; tale
statuizione non era stata impugnata dal Comune di Potenza e
quindi la pronuncia di appello che ha qualificato, di
ufficio, “agricola” o inedificabile la medesima superficie e
liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata
oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.
10

domanda

1.3. Si lamenta, in terzo luogo, la violazione degli artt.
360 n. 5 e 112 c.p.c., oltre che dell’art. 16 della legge n.
865 del 1971, perché la Corte d’appello non ha riconosciuto

delle aree del Vaccaro in rapporto alla natura edificabile
dell’intera superficie e alla riduzione di cubatura
realizzabile sull’area rimasta alla danneggiata, da
considerare anche essa occupata sul presupposto che, anche a
considerare acquisito lo stesso reliquato al comune, di esso
mai era stata chiesta dal Vaccaro la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
merito sulla domanda del Vaccaro di risarcimento del danno
da occupazione illecita liquidabile ai sensi dell’art. 16
della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043 c.c., in 1/12
del valore dell’area per ogni anno in cui la stessa era
stata illecitamente detenuta dal comune, oltre accessori.
1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso la
omessa pronuncia sulla domanda d’interessi anatocistici
proposta dal ricorrente principale, anche con il gravame
alla Corte d’appello, che doveva riconoscere tali accessori
almeno dalla data di notifica dell’appello del Vaccaro.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e, in via incidentale, dopo
11

il danno prodotto al reliquato, con la occupazione parziale

avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
in questa sede già ritenuta infondata al n. l della presente
sentenza, denuncia omessa motivazione o mancata pronuncia

dall’ente locale con la somma di E 455.380,12, versata con
la rivalutazione per l’illecito, in esecuzione della
sentenza di primo grado sulla base di una qualifica data dal
Tribunale delle aree come “edificabili”, corretta in secondo
grado con il riconoscere la loro destinazione agricola.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
per l’esproprio, è stato errato ad avviso del ricorrente
incidentale.
L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello ovvero se
basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”
per l’ente locale, di ripetere dette somme da esso versate
al Vaccaro in più del dovuto, per ritenere riconosciuto il
diritto del Comune di Potenza al rimborso di quanto pagato
in eccesso a controparte rispetto al valore delle aree
stesse.
12

sulla domanda di restituzione di quanto pagato in eccesso,

2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, comma l, c.p.c. e 90, comma l,
disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per

l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori del
comune, delle operazioni da esso iniziate, per consentire la
partecipazione alle stesse di detti difensori tecnici
dell’ente locale.
La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
aveva chiesto, subito dopo le pretese irregolarità della
consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
della relazione dall’ausiliare, senza denunciare tali
pretese illegittime condotte del consulente e domandando
solo se era illegittima la condanna delle parti alle spese
di consulenza, quando la stessa fosse da ritenere nulla per
cui per essa nulla doveva ritenersi dovuto all’ausiliare.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale del Vaccaro è íR
13

l’errore della Corte di merito di avere rigettato

Inammissibile, come del resto già rilevato dalla sentenza di
questa Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che s’è pronunciata
sulla stessa impugnazione, in altra causa su ricorso di

a quella di cui al presente giudizio, dello stesso Comune di
Potenza, nel medesimo procedimento espropriativo del postterremoto del 1980 in Basilicata.
Detto motivo di ricorso è inammissibile per difetto
d’interesse della ricorrente a denunciare il mutamento della
propria domanda originale, in quanto dalla nuova causa
petendi dell’occupazione usurpativa accertata dalla Corte di
appello, in luogo di quella originaria, nessun danno è
derivato al Vaccaro, avendo determinato in concreto tale
nuova qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente
identici a quelli della domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
Anche a non rilevare l’inammissibilità del ricorso che
denuncia una condotta contra legem dello stesso ricorrente,
la recente giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata
nel senso che non comporti preclusione da domanda nuova il
mutamento della causa petendi dell’azione di risarcimento
del danno da occupazione per pubblica utilità in quella di
risarcimento da occupazione usurpativa, ai sensi dell’art.
14

altro privato danneggiato da occupazione di un’ area vicina

2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n. 25959 e la
citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso del Vaccaro è quindi, prima che

stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla
nuova domanda della ricorrente da parte del comune e il
ricorrente non può censurare un proprio comportamento,
qualificando come domanda nuova la sua richiesta di
risarcimento del danno da occupazione usurpativa.
3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato
ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri
casi, relativi a sentenze che avevano pronunciato su
antecedenti logici della decisione, con efficacia di
giudicato, come accaduto nella fattispecie in ordine alla
rilevata natura edificabile delle aree occupate in primo
grado, non impugnata dalle parti (con Cass. 17 febbraio 2011
n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del 2012, cfr.
pure Cass. 16 marzo 2012 n. 4821).
Anche se il tribunale s’è pronunciato su una ripetizione di
indebito contestata dal ricorrente in questa sede, la
domanda con il gravame del Vaccaro era stata trasformata da
questo in azione risarcitoria e in primo grado la
15

infondato e da rigettare, precluso, perché nel merito vi è

liquidazione della somma da restituire all’ente locale
sarebbe stata diversa, in caso di decisione difforme sul
punto pregiudiziale della natura, edificabile o agricola,

Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
dell’area occupata, già riconosciuta in via definitiva, dato
che la pronuncia sul punto non era stata censurata da alcuna
delle parti, e costituiva quindi giudicato.
Deve invece dichiararsi inammissibile il terzo motivo di
ricorso, potendosi presumere che la liquidazione del
risarcimento nel merito abbia compreso tutti i danni subiti
per l’occupazione e quindi anche la eventuale perdita di
valore del reliquato se sussistente, nulla altrimenti
spettando per tale titolo al danneggiato.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
assorbe il quarto e il quinto motivo del medesimo ricorso,
relativi l’uno alla liquidazione delle perdite effetto
dell’occupazione illecita anche per le aree residue della
proprietà occupata e l’altro agli accessori della
16

delle aree occupate.

liquidazione, da rimettere al giudizio in sede di rinvio.
3.4. Il primo motivo del ricorso incidentale s’è già
respinto perché infondato, mentre resta assorbito il secondo

risarcimento, che dovrà avvenire, come già detto, in sede di
rinvio, nel corso del quale non potrà non tenersi conto di
quanto versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle
aree in favore di controparte, somme che la sentenza
impugnata, ha ritenuto di misura maggiore di quanto
spettante al danneggiato, con implicito riconoscimento del
diritto del comune a ripetere quanto pagato in eccedenza ai
privati risarciti come il Vaccaro.
Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale
del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo
motivo di quello incidentale relativo alla pretesa nullità
delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della
quantificazione del dovuto, che dovrà operarsi comunque in
sede di rinvio.
4. In conclusione, riuniti i ricorsi, va accolto il secondo
motivo del ricorso principale, dovendo dichiararsi
inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
17

motivo di tale ricorso, attinente alla liquidazione del

>

i ricorsi.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla

si pronunci sulla domanda, applicando i principi enunciati
in questa sede e decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
motivo di questo, rigetta il primo motivo dell’incidentale,
con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione, anche per le spese del presente giudizio di
cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio della l^ sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il 51NP4191bre 2013.

Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché

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