Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28213 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Presidente –

Dott. TOFFOLI Gabriella – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1365/2010 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

Alessandro, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

BEVIGNANI 9, presso lo studio dell’avvocato FUCCI Cesare, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3331/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/01/2009 r.g.n. 6155/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI per delega ALESSANDRO RICCIO;

udito l’Avvocato FUCCI CESARE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Roma, accogliendo la domanda proposta nei confronti dell’INPS da P.V., divenuta titolare di pensione di reversibilità dal 1 dicembre 1980 quale vedova di un dipendente (tale D.L.) dell’ex INAM, collocato a riposo con qualifica dirigenziale prima dello scioglimento dell’ente, affermava il diritto del de cuius alla riliquidazione della pensione integrativa di cui godeva a carico del Fondo tenendo conto della indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997. L’impugnazione dell’INPS è stata respinta dalla Corte d’appello di Roma osservando che, in base all’art. 30 del regolamento del Fondo, agli ex dipendenti INAM collocati in pensione prima dello scioglimento dell’ente, spetta il trattamento dei loro pari grado in servizio presso l’INPS, conseguendone, nel caso di pensionato con qualifica dirigenziale, la spettanza della quota di indennità di funzione attribuita ai dirigenti INPS dal Comitato esecutivo di detto ente in base alla L. n. 88 del 1989, art. 13 (quota nella specie già considerata nel ricalcalo della pensione) nonchè dell’indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997, in quanto corrisposta solo per la qualifica formale rivestita.

L’INPS chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso fondato su cinque motivi. Resiste P.V. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel primo motivo l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. 24 maggio 1970, n. 336, art. 2. Premesso che il dante causa della P. aveva conseguito la qualifica di dirigente superiore per effetto dei benefici previsti, per gli ex combattenti, dalla legge citata e che la prestazione chiesta e riconosciuta dal Tribunale in primo grado non era, in realtà, l’indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997 – come erroneamente si afferma nella sentenza impugnata – bensì la retribuzione di posizione introdotta, per il biennio 96/97, dall’allora vigente c.c.n.l., l’Istituto ricorrente osserva che l’emolumento in questione compete solo se la qualifica superiore sia stata acquisita in attività di servizio e non virtualmente, all’atto del pensionamento, attraverso il beneficio di cui alla L. n. 336 del 1970.

2. Nel secondo motivo deducendo violazione ed errata applicazione degli artt. 38, 41,42 e 43 c.c.n.l. del personale con qualifica dirigenziale, dipendente degli enti pubblici non economici e degli artt. 4 e 5 c.c.n.l. parte economica per il biennio 1996/1997, l’INPS sottolinea che la sentenza impugnata si pone in contrasto con le norme collettive sopra indicate, il cui tenore è esplicito nel senso di riconoscere la spettanza della retribuzione di posizione, a decorrere dal 1 gennaio 1997, al personale “in servizio con qualifica dirigenziale”.

3. Nel terzo motivo, con denuncia di difetto di motivazione e omessa pronuncia su punto decisivo, l’INPS censura la sentenza per avere – attraverso la conferma della decisione del Tribunale – riconosciuto al D.L. la retribuzione di posizione nella misura di 45.000.000 senza fornire alcuna motivazione.

4. Nel quarto motivo, con denuncia di violazione ed errata applicazione dell’art. 30 del Regolamento del fondo di previdenza per il personale dell’INAM in relazione agli artt. 41 e 42 c.c.n.l.

1994/1997 e dell’art. 5 c.c.n.l. parte economica 1996/1997, si censura la sentenza per non aver considerato che gli importi della retribuzione di posizione indicati nell’art. 5 del c.c.n.l. parte economica 1996/1997 non rappresentano gli importi da attribuire ai dirigenti, ma costituiscono le misure massime riconoscibili, restando pur sempre necessario, per la concreta determinazione della misura dell’emolumento da erogare, uno specifico provvedimento.

5. Nel quinto motivo, con deduzione di violazione ed errata applicazione dell’art. 30 del regolamento del fondo interno di previdenza per il personale dell’INAM, si contesta alla sentenza impugnata di aver riconosciuto alla P. il diritto a percepire l'(intera) retribuzione di posizione relativa all’anno 1997, invece che riconoscerle il diritto alla riliquidazione della pensione integrativa con il computo dell’emolumento in questione.

6. I primi due motivi, che si trattano congiuntamente per la connessione delle questioni con essi prospettate, sono fondati.

7. Premette la Corte che deve considerarsi pacifica in causa (non risultando contestata dall’odierna resistente) la circostanza che la qualifica di dirigente superiore venne attribuita al suo dante causa al momento del collocamento a riposo in base alla L. 24 maggio 1970, n. 336, art. 2, norma la quale prevede che, all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, ai dipendenti indicati all’art. 1 della legge (ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerra o per causa di guerra, profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate), in alternativa all’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, è conferita, a loro richiesta, la qualifica o classe di stipendio paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta.

8. Ed è sulla base di questa legge che la P. ha chiesto la riliquidazione della pensione integrativa di cui beneficiava il proprio dante causa a carico del Fondo ex INAM, invocando l’art. 30 del relativo regolamento (il quale ancora la detta pensione al trattamento dei pari grado in servizio – c.d. clausola oro).

9. Questa Corte, esaminando fattispecie relative alla computabilità della indennità di posizione prevista dalla L. n. 334 del 1997, art. 1, ai fini della determinazione del trattamento previdenziale integrativo spettante ai dirigenti pensionati dell’ex INAM, ha avuto modo di affermare che il diritto all’inserimento della indicata indennità di posizione nella base di calcolo del trattamento di quiescenza è riconoscibile nei soli confronti dei soggetti che abbiano effettivamente espletato le funzioni dirigenziali nel corso del periodo di servizio, mentre il detto inserimento non spetta ai soggetti che abbiano conseguito la qualifica dirigenziale all’atto del pensionamento, beneficiando, come ex combattenti, della L. n. 336 del 1970 (Cass. 2242/2006; seguita dalle conformi Cass. 1096/2007;

7124/2007; 26815/2008; 23597 del 2009; per una conclusione diversa, in relazione peraltro alla indennità di funzione, quota A, riconosciuta dall’Inps con delibere del proprio consiglio di amministrazione ai propri dirigenti, in conformità della L. n. 88 del 1989, v. Cass. 213 58/2006).

10. In particolare Cass. 2242/2006 e le successive decisioni citate hanno ricordato che l’indennità di posizione prevista dalla L. n. 334 del 1997, art. 1, in via transitoria ed in attesa dell’estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro dei dirigenti generali dello Stato e degli enti pubblici, è correlata, in modo espresso, esclusivamente “alle funzioni dirigenziali attribuite” e presuppone, perciò, l’effettiva attribuzione delle funzioni dirigenziali in questione (nel caso di specie quelle di direttore superiore) durante il periodo di servizio; con la conseguenza che ne va esclusa la spettanza nel caso di un’attribuzione solo “virtuale” della qualifica dirigenziale, com’è nel caso previsto dalla L. n. 336 del 1970, per i dipendenti pubblici ex combattenti, il riconoscimento ai quali della suddetta qualifica non avviene durante il rapporto di lavoro e non comporta effettiva attribuzione delle funzioni, ma ha come condizione l’accoglimento della domanda di pensionamento e viene conferito all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.

11. Ritiene la Corte che considerazioni analoghe a quelle espresse a proposito della indennità di posizione disciplinata dalla L. n. 334 del 1997, possano farsi con riferimento alla disciplina della retribuzione di posizione, come fissata in particolare dal CCNL 1994/1997 dei dirigenti enti pubblici non economici, essendo sufficiente in proposito considerare che, per esplicito dettato contrattuale, la retribuzione di posizione costituisce un “trattamento economico correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità” (art. 38). Quindi il meccanismo di attribuzione, sostanzialmente fittizia, della qualifica dirigenziale al solo scopo di agevolare l’esodo del personale – qual è quello previsto dalla L. n. 336 del 1970 – non consente di qualificare come di dirigente la posizione nella quale il dipendente si trovava all’atto della cessazione del servizio, dovendo con tale espressione intendersi l’effettiva posizione professionale rivestita in tale momento e non la posizione acquisita subordinatamente alla contestuale cessazione dal servizio (vedi Cass. Sez. un. n. 9131/2010).

12. Tutto ciò considerato, diventa irrilevante, ai fini della decisione, l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata nel ritenere che fosse stata richiesta dalla pensionata l’indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997, piuttosto che la retribuzione di posizione prevista dal CCNL 1994/1997.

13. In conclusione vanno accolti i primi due motivi del ricorso dell’INPS, con evidente assorbimento degli altri, posto che tutti presuppongono la computabilità nel trattamento pensionistico del dante causa della odierna resistente dell’indennità (ovvero della retribuzione) di posizione su cui si controverte.

14. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esser decisa nel merito, con rigetto della domanda proposta da P.V. contro l’INPS. 15. Nulla deve stabilirsi per le spese dell’intero processo, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 (convertito nella L. n. 326 del 2003) nella specie inapplicabile ratione temporis, trattandosi di controversia introdotta con ricorso del 2002.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso; assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da P.V. contro l’INPS. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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