Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28211 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STILE Paolo – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7372/2009 proposto da:

FALLIMENTO DEL VERDE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso

lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DE CESARE VALTER, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.R.D., elettivamente domiciliato in ROMA,

LUNGOTEVERE DEI MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato NICOLETTI

ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

TEDESCHI GUIDO UBERTO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1465/2 0 08 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/10/2008 r.g.n. 439/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito l’Avvocato ROBERTO AMODEO per delega VALTER DE CESARE;

udito l’Avvocato NICOLETTI ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- B.R.D., premesso di essere stato dipendente di Del Verde s.p.a. in qualità di dirigente, impugnava dinanzi al giudice del lavoro di Chieti il licenziamento irrogatogli il 30.11.00 e, assumendone l’illegittimità, chiedeva la condanna del datore al pagamento dell’indennità di preavviso e delle indennità ulteriori previste dal contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali.

2.- Costituitasi in giudizio, la soc. Del Verde era dichiarata fallita, per cui il B. riassumeva la causa nei confronti del Fallimento dinanzi allo stesso giudice del lavoro. Rigettata la domanda, ritenendosi il licenziamento legittimamente irrogato per mancato superamento del patto di prova, e proposto appello dal dipendente, la Corte d’appello di L’Aquila con sentenza del 23.10.08 accoglieva l’impugnazione e dichiarava ingiustificato il licenziamento, condannando il Fallimento al pagamento di L. 147.190,22 a titolo di indennità supplementare, e di Euro 78.501,45 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

3.- La Corte di merito riteneva che il rapporto di lavoro (pur con la riserva di determinare le condizione economiche al momento dell’inizio della prestazione lavorativa) fosse sorto in quanto il lavoratore aveva accettato una proposta negoziale scritta di Del Verde spa, recante la data 19.5.00. lira da ritenere, invece, nulla la fissazione del patto di prova intervenuta in aggiunta al contratto in contratto scritto del 5.6.00, in quanto costituente pattuizione in peius. La Corte rilevava, in ogni caso, l’incongruità della pattuizione, dato che nel contratto 5.6.00 non erano indicate le mansioni assegnate, ritenendo che in ogni caso in questo secondo scritto il datore non avesse espresso la volontà di non considerare superato il periodo di prova, quanto di ritenere impossibile il raggiungimento degli obiettivi che con l’assunzione del dirigente la società si riprometteva. Riteneva, inoltre, incoerente con la tesi del mancato superamento del patto di prova la circostanza, emersa nel corso dell’istruttoria, che al B. il datore avesse offerto un incarico di consulenza commerciale.

Valutato complessivamente l’atteggiamento tenuto dall’azienda in concomitanza con il licenziamento e le contraddittorie motivazioni addotte, il giudice riteneva il licenziamento ingiustificato e determinava in Euro 147.190,22 l’indennità supplementare contrattualmente spettante (ivi compreso l’aumento di cinque mensilità dovuto per l’età del dirigente) e in Euro 78.508,45 l’indennità sostitutiva del preavviso.

4.- Propone ricorso per cassazione il Fallimento Del Verde s.p.a.

B. resiste con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5.- I motivi dedotti dalla ricorrente possono essere sintetizzati come segue.

5.1.- violazione degli artt. 112 – 116 e 414 c.p.c., con riferimento agli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., censurandosi che il giudice di merito, partendo dalla pacifica circostanza che Del Verde avesse trasmesso a B. la proposta negoziale 19.5.00, abbia presuntivamente quanto immotivatamente ritenuto che il ricevente abbia trasmesso l’accettazione alla controparte, che questa l’abbia ricevuta e che non l’abbia prodotta in giudizio non avendone interesse, nonostante in nessun atto processuale il dirigente abbia affermato (o richiesto di provare) di aver sottoscritto la proposta per accettazione e di averla trasmessa a Del Verde. La mancanza di tale affermazione da parte dell’attore escludeva anche l’onere di contestazione del convenuto, che invece si è attivato per provare che, dopo l’invio della proposta di assunzione, le trattative precontrattuali erano proseguite e si erano concluse solo con la firma del contratto del 5.6.00.

5.2.- Illogicità della motivazione, in quanto dal testo della proposta 19.5.00 risultano elementi tali da far ritenere che il B. non dovesse trasmettere a controparte un secondo originale firmato, ma che dovesse far copia del testo ricevuto e sottoscriverlo, di modo che di tale testo avrebbe potuto estrarre una ulteriore copia e produrla autonomamente in giudizio.

5.3.- violazione degli artt. 1325 – 1326, 1362 – 1363 e 1374, 2103 e 2697 c.c., art. 116 c.p.c., per la parte della sentenza che ritiene l’accordo 5.6.00 mera pattuizione integrativa degli aspetti economici e normativi del contratto, atteso che con la proposta 19.5.00, per il senso letterale del suo testo, si effettuava una mera dichiarazione di intenti con cui si rimandava al contratto definitivo per la definizione di elementi essenziali, quali le mansioni e la retribuzione. Il giudice ha, inoltre, omesso di trarre elementi di convincimento dalle dichiarazioni rese dal teste D.M., capo del personale, il quale ha dichiarato che il B. chiese ed ottenne via telefax copia del testo che poi restituì sottoscritto all’atto di assumere il servizio il 5.6.00.

5.4.- violazione dell’art. 116, con riferimento agli artt. 2103 e 2697 c.c., con cui si contesta il passo della sentenza che ritiene invalido il patto di prova indicato al punto 5) dell’accordo 5.6.00, perche previsto senza l’indicazione specifica delle mansioni oggetto di esperimento, dato che il giudice non si è avveduto che quelle mansioni sono descritte proprio nell’accordo in questione e non nella proposta del 19.5.00.

5.5.- violazione degli artt. 1321 e 1322, 2113 e 2118 c.c., nonchè del R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, art. 4, con cui si contesta che la stipula della clausola di prova costituirebbe una abdicazione del B. dai diritti acquisiti, così applicando al rapporto di lavoro l’art. 2113 c.c., mentre invece il rapporto del dirigente è caratterizzato dalla piena libertà negoziale delle parti e dalla libera recedibilità; pertanto, anche a voler ritenere che il contratto 5.6.00 costituisca pattuizione integrativa del primo, la stipula del patto di prova deve ritenersi legittima.

5.6.- violazione degli artt. 115, 116, 216 e 416 c.p.c., in quanto il giudice, nel ritenere che al dirigente fosse stato offerto di sostituire il lavoro subordinato con un incarico di consulenza commerciale, ha ritenuto acclarata la circostanza perchè non contestata dal datore di lavoro, non avvedendosi, invece, che questi – pur non essendovi tenuto, attesa la genericità dell’affermazione – nel costituirsi, l’aveva contestata, di modo che la circostanza stessa, in mancanza di prova ulteriore, avrebbe dovuto considerarsi ininfluente.

5.7.- violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369 e 1373 c.c., e art. 116 c.p.c., in quanto nell’interpretare la lettera di licenziamento il giudice ne ha estrapolato singoli passaggi, ponendoli in contrasto tra di loro e non leggendoli in unico contesto, da che sarebbe invece emerso che motivo del licenziamento era il mancato superamento della prova perchè non erano raggiunti gli obbiettivi che con quell’assunzione l’azienda si riprometteva. In ogni caso il datore non era tenuto a dare una motivazione alla dichiarazione di mancato superamento del periodo di prova.

5.8.- violazione della L. Fall., artt. 95, 96 e 98, atteso che la competenza del giudice del lavoro nella specie esiste solo se l’azione è volta ad accertare la legittimità del licenziamento (pronunzia a carattere costitutivo) e non anche per le sue conseguenze patrimoniali, che sono destinate ad influire sulla formazione dello stato passivo e per le quali esiste competenza funzionale del tribunale fallimentare. La Corte d’appello, pertanto, non avrebbe potuto condannare il Fallimento al pagamento delle somme indicate a titolo di risarcimento, tantomeno avrebbe potuto condannarlo per il pagamento di rivalutazione ed interessi. Inoltre, dato che il B. aveva chiesto l’iscrizione allo stato passivo di quanto spettante a titolo di risarcimento per l’illegittimo recesso e, che dopo la reiezione dell’istanza da parte del giudice delegato, aveva proposto opposizione allo stato passivo, senza coltivarla, si sarebbe formato il giudicato esterno in ordine all’esclusione dallo stato passivo delle sue pretese patrimoniali.

6.- I motivi primo e secondo (nn. 5.1-5.2) debbono essere trattati in unico contesto, in ragione del collegamento tra di loro esistente.

6.1.- La Corte d’appello ha ritenuto che il rapporto di lavoro fosse sorto con l’accettazione da parte del B. della proposta scritta a contenuto negoziale speditagli a mezzo posta da Del Verde s.p.a. e recante la data del 19.5.00. Non essendo acquisita prova scritta ed essendo, anzi, negata l’accettazione dalla società preponente, il giudice di merito ha presunto che quest’ultima fosse in possesso di un documento contenete la proposta e la sottoscrizione di controparte a titolo di accettazione e che la stessa non avesse interesse a produrla in giudizio per non smentire la sua tesi negatoria (testualmente “la copia da lui firmata (dal B.), stante il tenore del documento, si deve presumere sia in possesso dell’appellata, che non ha interesse, al fine di sostenere la sua tesi, di produrla”, pag. 3). Tale convinzione del giudice di merito trova fonte non solo nella mancanza di interesse processuale, ma anche nella mancata negazione del possesso del documento recante l’accettazione da parte.

La correttezza del ricorso all’istituto della presunzione (nella specie presunzione semplice ai sensi dell’art. 2729 c.c.) deve essere verificata alla luce delle censura mosse con i due motivi ora in esame.

6.2.- Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, di scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Spetta, pertanto, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (v. per tutte Cass. 11.05.07 n. 10847), con l’unico limite della sufficienza e coerenza della relativa motivazione (Cass. 10.08.07 n. 17628).

6.3.- Nel caso di specie il giudice di merito ha posto in essere un procedimento logico non conforme a quello imposto dall’art. 2727 c.c., di partire da un fatto noto per giungere all’affermazione di un fatto ignorato. Il ragionamento posto in essere, infatti, basa l’avvenuta accettazione della proposta negoziale non su un fatto concretamente accertato, ma su una valutandone di carattere soggettivo (possesso del documento da parte del preponente, seconda presunzione). La conclusione (esistenza del contratto) è frutto di una presunzione, basata su un’altra presunzione (l’esistenza del documento in possesso della preponente), a sua volta nascente non da un fatto certo, ma da un fraintendimento della tesi difensiva del datore di lavoro.

Quest’ultimo, infatti, non ha dato mai per ammesso di essere in possesso della copia firmata della proposta di contratto (il che avrebbe legittimato la presunzione che la firma fosse stata apposta per accettazione), ma ha sostenuto che il contratto di assunzione sarebbe stato stipulato solo con la sottoscrizione del documento (successivo) recante la data 5.6.00. Ora, se è vero che spetta al giudice di merito individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico rilevante ai fini dell’accertamento presuntivo e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, è anche vero che il processo logico deve essere improntato a logicità e congruità del ragionamento decisorio. Nella specie tale congruità è venuta meno per la mancanza di certezza circa l’avvenuta accettazione della proposta 19.5.00, ovvero del fatto posto alla base di tutto il procedimento logico su cui si fonda l’accertamento del giudice.

6.4.- I motivi primo e secondo sono, pertanto fondati e debbono essere accolti con assorbimento di quelli successivi, dal terzo al settimo.

7.- E’ fondato nei limiti di seguito indicati anche l’ottavo motivo (n. 5.8), con cui si contesta la condanna del Fallimento al pagamento della somma accertata dal giudice per le indennità conseguenti alla illegittimità del licenziamento.

7.1.- Quanto alla deducibilità della questione per la prima volta in sede di legittimità, deve rilevarsi che le questioni concernenti l’autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore assoggettato a fallimento, anche se impropriamente formulate in termini di competenza, sono, in realtà (e prima ancora), questioni attinenti al rito. Pertanto, proposta una domanda volta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta, invece, al regime del concorso, il giudice erroneamente adito è tenuto a dichiarare (non la propria incompetenza ma) l’inammissibilità, l’improcedibilità o l’improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge, trovandosi in presenza di una vicenda litis ingressus impediens, concettualmente distinta da una eccezione di incompetenza, con la conseguenza che la relativa questione, non soggiacendo alla preclusione prevista dall’art. 38 c.p.c., comma 1, può essere dedotta o rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (v. per tutte Cass. 23.4.03 n. 6475).

7.2.- L’art. 24 della legge fallimentare (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 21, applicabile ratione temporis) rimette al tribunale che ha dichiarato il fallimento tutte le azioni che ne derivano “qualunque ne sia il valore e anche se relative a rapporti di lavoro”. Ai fini dell’applicazione di tale norma nelle controversie di lavoro deve distinguersi tra le domande del lavoratore che mirano a pronunce di mero accertamento (per esempio in ordine alla pregressa esistenza del rapporto di lavoro) oppure costitutive (per esempio, di annullamento del licenziamento e reintegrazione nel posto di lavoro), e le domande dirette alla condanna al pagamento di somme di denaro (anche se accompagnate da domande di accertamento aventi funzione strumentale).

Le prime (richieste di pronunzia di mero accertamento o di pronunzia costitutiva) rimangono nella competenza del giudice del lavoro, mentre le seconde (richieste di pagamento di somme di danaro) sono attratte dal foro fallimentare (v. tra le tante Cass. 1.06.05 n. 11674 e 18.06.04 n. 11439).

Ove il lavoratore abbia agito in giudizio chiedendo la dichiarazione di illegittimità del licenziamento nei confronti di imprenditore dichiarato fallito nel corso del giudizio, permane la competenza funzionale del giudice del lavoro, in quanto la domanda proposta non è configurabile come mero strumento di tutela di diritti patrimoniali da far valere sul patrimonio del fallito, ma si fonda anche su interessi ulteriori del lavoratore, quali la tutela della sua posizione all’interno della impresa fallita (nel caso venga richiesta la reintegrazione, per l’eventualità della ripresa dell’attività lavorativa in caso di esercizio provvisorio, di cessione dell’azienda o di concordato fallimentare), dei diritti non patrimoniali connessi alla dichiarazione di illegittimità e dei diritti previdenziali, estranei alle esigenze della par condicio creditorum. Ne consegue che il lavoratore dipendente può proseguire (o eventualmente intraprendere) davanti al giudice del lavoro solo le azioni non aventi ad oggetto la condanna al pagamento di una somma di denaro, come quelle tendenti alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento o alla reintegrazione nel posto di lavoro. (Cass. 29.3.11 n. 7129 e 27.0204 n. 4051).

7.3.- Non avendo il giudice di merito tenuto in alcun conto questa problematica e non avendo compiuto alcun accertamento circa il contenuto della domanda ai fini della determinazione della competenza funzionale del giudice del lavoro, il motivo entro questi limiti deve ritenersi fondato. E’, invece, inammissibile quanto all’ulteriore richiesta di dichiarare l’esistenza del giudicato in punto di reiezione delle pretese del B. dinanzi al giudice fallimentare, trattandosi di questione che non risulta trattata nel giudizio di merito.

8.- Tirando le conclusioni, sono fondati 1 primi due motivi (n. 5.1- 5.2), con conseguente assorbimento dei motivi da tre a sette, e l’ottavo motivo (n. 5.8), nei limiti sopra indicati.

La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rimessa al giudice indicato in dispositivo, il quale, ai fini della permanenza della competenza funzionale del giudice del lavoro accerterà se la domanda proposta dal B. abbia ad obiettivo una pronunzia di mero accertamento o, quantomeno, di carattere costitutivo, oppure sia diretta ad ottenere la condanna al pagamento di somme di denaro (anche se accompagnata da domanda di accertamento avente funzione strumentale).

Nei limiti in cui abbia accertato la permanenza della competenza funzionale del giudice del lavoro, il giudice di rinvio procederà a nuovo esame della domanda, accertando l’esatto tenore degli accordi intervenuti tra le parti attenendosi ai principi argomentativi in precedenza enunciati sub n. 6.3.

Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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