Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28209 del 06/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 06/11/2018, (ud. 19/07/2018, dep. 06/11/2018), n.28209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5777-2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO PESCI 48,

presso lo studio dell’avvocato MARIA PULITANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIA ROMEO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA,

LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 882/2016 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata

il 24/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 24 novembre 2016, il Tribunale di Genova in sede di giudizio di opposizione all’ATP rigettava la domanda proposta da M.G. intesa al riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità non essendo risultata accertata una riduzione della sua capacità lavorativa, avuto riguardo alle attitudini di operaio, in misura inferiore ad un terzo e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite e di CTU;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso M. affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’INPS;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) non avendo, prima, il consulente tecnico d’ufficio e, poi, il Tribunale tenuto conto delle osservazioni critiche mosse all’elaborato peritale dal consulente di parte del M.; con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non avendo il giudice rilevato che il M. aveva reso la dichiarazione di cui al citato art. 152 disp att. c.p.c. e, comunque, per aver posto a carico del ricorrente le spese sulla scorta di una serie di considerazioni del tutto infondate;

che il primo motivo è inammissibile non presentando alcuno dei requisiti richiesti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella nuova formulazione (così come interpretato da SU n. n. 8053 del 07/04/2014) di questa Corte finendo con il lamentare non l’omesso esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria) bensì l’omessa o carente valutazione delle osservazioni critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio dal consulente di parte. Peraltro, va evidenziato come il Tribunale avesse chiarito che il certificato medico del (OMISSIS) attestante il morbo di Crohn da cui il M. assumeva di essere affetto non era stato prodotto unitamente al ricorso introduttivo nè erano stati allegati sintomi di detta malattia e, comunque, il consulente tecnico nominato aveva rilevato che la presenza della medesima, anche se provata, non comportava una diversa valutazione della residua capacità lavorativa stante la mancanza di particolari sintomi rivelatori. In effetti il motivo finisce con l’esprimere un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1472 del 22 gennaio 2013, Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; Cass. n. 22707 del 08/11/2010; Cass. n. 9988 del 29/04/2009) non essendo state evidenziate palesi deviazioni dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o l’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi;

che il secondo motivo è fondato in quanto il M. risulta aver reso la dichiarazione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c.contrariamente a quanto affermato nella impugnata sentenza, che, pertanto, in parziale dissenso dalla proposta del relatore, va accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto dichiarando il M. non tenuto alle spese relative all’ATP ed al successivo giudizio di opposizione;

che le spese del presente giudizio, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso, vanno compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara M.G. non tenuto alle spese delle fasi di merito; compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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