Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28208 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 31/10/2019), n.28208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28099/2018 proposto da:

M.F. nella qualità di genitore esercente patria potestà

della minore M.S., domiciliata in Roma, P.zza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Altamura Nicoletta, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.P., nella qualità di curatore di M.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 21/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, del

21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/10/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte di appello dell’Aquila, sezione minorenni, con la sentenza impugnata ha respinto l’appello proposti da M.F. (genitrice) avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila che aveva dichiarato lo stato di adottabilità per la minore M.S. (n. il (OMISSIS)), rappresentata in giudizio dal procuratore speciale.

La Corte di appello ha respinto l’appello dopo avere rammentato che la procedura di adottabilità era stata aperta poco dopo la nascita della bambina, atteso che il Tribunale per i Minorenni con decreto del 28/6/2017 aveva affidato la bimba ai Servizi sociali collocandola, assieme alla madre, in una casa famiglia – considerato che la F., immigrata dalla Nigeria, era in attesa della decisione sulla richiesta di asilo, e la bambina, frutto di una relazione extraconiugale, non era stata riconosciuta dal padre – e che già dal successivo mese di luglio la madre aveva tentato di allontanarsi dalla struttura con la figlia, per poi abbandonare ivi la bambina, senza più ricontattare la struttura nemmeno telefonicamente per chiedere notizie della figlia, nè rivolgersi ai Servizi sociali,

La madre propone ricorso articolato su tre mezzi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza e dell’intero procedimento per mancata traduzione in una lingua conosciuta alla madre e, in subordine, si chiede di valutare la ricorrenza dei presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione della L. n. 184 del 1983, artt. 10, 15 e 17, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., laddove non è previsto che i provvedimenti di adottabilità relativi ai figli minori di cittadini stranieri debbano essere tradotti in una lingua a loro conosciuta.

Il motivo è infondato.

Innanzi tutto va rammentato che nel giudizio civile vige il principio della obbligatorietà dell’uso della lingua italiana, previsto dall’art. 122 c.p.c. e che solo nel caso in cui debba essere sentita una persona che non conosce la lingua italiana il giudice può nominare un interprete, circostanza che nel caso in esame non è occorsa poichè la parte non si è presentata all’udienza fissata per l’ascolto.

A ciò va aggiunto che nell’ambito del giudizio civile la parte che si è costituita a mezzo del difensore – come avvenuto nel presente caso, peraltro in data 3/10/2017, anteriore alla data fissata per l’ascolto (7/12/2017) – è rappresenta in giudizio dal procuratore costituito che svolge una difesa tecnica ed ha l’onere di informare la parte rappresentata sull’andamento del processo. Nel caso di specie, peraltro, il difensore era presente all’udienza del 7/12/2017 e nulla eccepì.

La circostanza che la Corte territoriale abbia ritenuto provata la conoscenza della lingua italiana da parte della ricorrente, costituisce un argomento aggiuntivo privo di autonoma valenza decisionale, attesa la accertata regolarità dell’instaurazione del contraddittorio senza che fosse riscontrabile alcuna lesione del diritto di difesa.

Ne consegue che anche la questione di costituzionalità risulta priva di rilevanza.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 2019, artt. 1, 2 e 8, come modificata dalla L. n. 149 del 2001, lamentando che la dichiarazione di adottabilità, pronunciata “atteso il perdurante disinteresse della madre per le sorti della figlia”, oltre che sulla considerazione che “la ricorrente non ha lavoro, è priva di abitazione, situazioni queste di assoluta precarietà che non pare superabile entro i tempi compatibili con le necessità della bambina di vivere in uno stabile contesto familiare” (fol. 3 della sent. imp.) non è fondata su circostanze sufficienti a comprovare uno stato di abbandono e non è stata effettuata la preventiva verifica della possibilità di recupero della funzione genitoriale.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha dato conto dell’abbandono fisico della minore da parte della madre pochi giorni dopo la nascita, lasciata sola da quest’ultima presso la struttura dove erano state inizialmente entrambe accolte, e del suo successivo perdurante disinteresse alle sorti della minore, oltre che della mancanza di un progetto di vita: tali gravi circostanze non sono state contestate, nè sono state indicate emergenze di segno opposto non considerate.

Invero la decisione risulta immune dai vizi denunciati poichè sono stati correttamente applicati i principi secondo i quali “Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione (nella specie il giudice di merito aveva ritenuto sussistente lo stato di abbandono in base ai seguenti elementi: rifiuto del padre di avere l’affidamento del minore, incapacità della madre di reperire un’abitazione e un lavoro e di occuparsi del figlio senza un sostegno continuo, misure di sostegno dei servizi sociali integranti non il supporto per il superamento di una situazione transitoria ma una completa supplenza dei genitori).” (Cass. n. 5580 del 04/05/2000) e che “Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito” (Cass. n. 4503 del 28/03/2002): ciò perchè “il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali.” (Cass. n. 7559 del 27/03/2018).

3. Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento alla richiesta di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.

Il motivo è inammissibile perchè non illustra con la dovuta specificità quando tale richiesta sia stata avanzata in fase di merito e con quale contenuto, tanto più che non risulta contestato l’accertato abbandono fisico della minore a pochi giorni dalla nascita presso la casa famiglia.

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Non sussistono i presupposti di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, perchè il processo risulta esente.

PQM

– Rigetta il ricorso;

Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52;

– Dà atto che non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, perchè il processo risulta esente.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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