Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28203 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. II, 10/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 10/12/2020), n.28203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14735-2016 proposto da:

A.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLO’

PORPORA 12, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TITOMANLIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROCCO ANTONIO BRIENZA, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE

VERDE, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 281/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. A.V. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Campobasso gli aveva intimato il pagamento in favore di D.A. della somma di Euro 5.956,45, quale compenso per la redazione di una pratica per la richiesta di contributi per la bonifica dell’amianto, nonchè per la predisposizione del relativo progetto.

Il Tribunale adito con la sentenza n. 638 del 17 novembre 2010 accoglieva l’opposizione, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dall’opponente, il quale rilevava di avere corrisposto in passato una somma inferiore a quella dovuta per il diverso caso di fatturazione delle prestazioni, aggiungendo che tra la data di esecuzione dell’incarico professionale e la richiesta di pagamento era decorso un termine superiore al triennio.

La Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza n. 281 del 15/12/2015 accoglieva il gravame del D., rigettando per l’effetto l’opposizione.

In primo luogo, rilevava che nella specie emergeva, dalla stessa missiva spedita ante causam dall’opponente, che le parti avevano differito il pagamento del corrispettivo dovuto all’effettiva concessione dei fondi regionali per l’attività di bonifica. Poichè quindi i contributi erano stati erogati con provvedimento del 2008 della Regione Molise, doveva escludersi che alla data della messa in mora risalente al gennaio 2009, fosse maturata la prescrizione triennale.

Era altresì fondato il secondo motivo di appello con il quale si contestava l’applicabilità nella specie della prescrizione presuntiva.

I giudici di appello osservavano che nell’atto di opposizione l’ A. aveva affermato di avere corrisposto alla controparte una somma inferiore a quella che sarebbe invece spettata in caso di fatturazione del compenso, affermazione questa che precludeva ai sensi dell’art. 2959 c.c. l’invocabilità dell’istituto della prescrizione presuntiva, posto che si assumeva di avere corrisposto, sebbene con la convinzione di avere estinto l’obbligazione, una somma inferiore rispetto a quella domandata in giudizio.

L’esclusione del detto istituto determinava poi l’assorbimento del terzo motivo di appello che intendeva annettere efficacia interruttiva della prescrizione presuntiva all’ammissione del debitore di un parziale pagamento.

Ciò rendeva anche superflua la disamina della richiesta di ammissione del giuramento decisorio, posto che il mezzo si impone come necessario solo nel caso in cui debba vincersi la presunzione posta dalla norma in esame.

Nella specie, poi, l’ A. non aveva contestato che la controparte avesse effettivamente reso le prestazioni per le quali si chiedeva il corrispettivo, ma assumeva di avere effettuato un non meglio precisato pagamento e che ciò sarebbe avvenuto anche mediante la cessione in uso al D. di un posto auto, affermazione questa però contestata dalla controparte.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso A.V. sulla base di due motivi.

L’intimato resiste con controricorso.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2956 e 2959 c.c.

Si sostiene che la presunzione posta dall’art. 2956 c.c. può essere vinta solo con il giuramento decisorio, mezzo di prova ritenuto superfluo da parte del giudice di appello.

Inoltre, l’art. 2959 c.c., che esclude il ricorso alla presunzione presuntiva in caso di ammissione da parte del debitore, presuppone che l’ammissione avvenga in sede giudiziale.

Nella specie la sentenza impugnata ha valorizzato, e solo in parte, il contenuto di una missiva stragiudiziale del 28 febbraio 2009, così che non avrebbe potuto disattendere l’eccezione proposta.

Il motivo è infondato.

In disparte la mancata formulazione di adeguate censure all’altra autonoma ratio del giudice di appello, secondo cui, anche alla luce della missiva inviata dal ricorrente alla controparte, sarebbe emersa la prova che le parti intesero differire l’obbligo di pagamento del compenso alla data di erogazione dei contributi regionali, così che è a tale ultima data (22/5/2008) che occorreva avere riguardo al fine di verificare la decorrenza del termine prescrizionale di cui all’art. 2956 c.c. (Cass. n. 8200/2006; Cass. n. 5959/1996), ratio che è di per sè idonea a sorreggere il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva (con la conseguente inammissibilità del motivo in esame, volto essenzialmente a contestare la corretta applicazione dell’art. 2959 c.c.), il ragionamento del ricorrente si fonda su una non condivisibile lettura della sentenza impugnata.

Invero, diversamente da quanto sostenuto nel motivo, i giudici di appello hanno fatto applicazione del principio secondo cui (cfr. Cass. n. 7527/2012) non può avvalersi dell’eccezione di prescrizione presuntiva il debitore che sostenga di aver estinto l’obbligazione mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata, poichè in tal modo egli nega parzialmente l’originaria esistenza del credito (conf. Cass. n. 7277/2005; Cass. n. 14927/2010; Cass. n. 15303/2019, in relazione all’affermazione secondo cui analogo effetto si ha anche nel caso in cui si contesti il quantum della pretesa azionata), avendo però riguardo, non già al contenuto della missiva del 28/2/2009, quanto al tenore delle difese spiegate con lo stesso atto di opposizione, nel quale si sosteneva sì di avere estinto l’obbligazione, ma nella diversa misura (inferiore a quella domandata in sede monitoria) asseritamente dovuta per il caso di omessa fatturazione dell’importo.

Trattasi di una contestazione giudiziale che, oltre ad implicare evidentemente una contestazione sul quantum dovuto (sostenendosi che in realtà il compenso spettante al D. sarebbe inferiore rispetto a quello chiesto in via monitoria) implica altresì il riconoscimento del versamento di una somma inferiore rispetto a quella richiesta, con la conseguente esclusione, ai sensi dell’art. 2959 c.c., della possibilità di avvalersi della prescrizione presuntiva.

L’inapplicabilità di quest’ultima rende, poi, altrettanto evidente come non possa invocarsi la necessità del ricorso al giuramento decisorio per superare la stessa.

3. Il secondo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quanto al valore probatorio della missiva del 28/2/2009, in ordine alla determinazione del quantum dovuto.

Assume il ricorrente che, una volta attribuita valenza probatoria alla detta missiva, quanto all’ammissione del pagamento di una somma inferiore a quella richiesta, occorreva anche tenere conto dell’ulteriore contenuto della medesima, nella parte in cui si sosteneva che l’obbligazione fosse stata estinta per effetto della concessione in godimento al D. di un posto auto, senza percepirne il corrispettivo. Anche tale motivo deve essere disatteso.

La censura risente evidentemente della non condivisibile interpretazione da parte della difesa del ricorrente della sentenza gravata, e cioè del convincimento che l’ammissione di cui all’art. 2959 c.c. sia stata ravvisata nella citata missiva, e non anche, come invece correttamente ritenuto in sentenza, nella condotta processuale dell’opponente.

Il riferimento al contenuto dell’atto di opposizione rende quindi palese come sia erroneo l’assunto del ricorrente secondo cui il giudice di appello avrebbe tratto dalla missiva de qua solo gli argomenti sfavorevoli all’opponente, e non anche quelli favorevoli nella medesima contenuti.

In realtà il tenore della missiva è stato valorizzato in sentenza al solo diverso fine di ritenere che le parti avessero differito il termine di adempimento della prestazione gravante sul ricorrente, affermazione questa che regge la diversa ed autonoma ratio secondo cui anche il termine di cui all’art. 2956 c.c. sarebbe stato differito ad una data successiva alla maturazione del termine di pagamento.

Piuttosto, e proprio con specifico riferimento alla valenza delle asserzioni del ricorrente, secondo cui il credito del D. sarebbe stato estinto compensandolo con il diritto dell’ A. a ricevere un canone per la concessione di un posto auto alla controparte, la sentenza impugnata, a pag. 6, ha ritenuto che tale affermazione sarebbe stata contestata dal D., che aveva negato di avere ricevuto alcunchè dal proprio cliente, che pur non aveva negato l’avvenuta esecuzione delle prestazioni da parte del professionista.

In sintesi, il giudice di appello ha ritenuto dimostrata l’esecuzione della prestazione da parte del controricorrente, e conseguentemente sussistente il relativo diritto di credito, assumendo che invece non fosse stata fornita alcuna prova circa l’avvenuta estinzione dell’obbligazione, sia pure in maniera parziale.

E’ evidente, quindi, che non ricorre alcuna omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio e che la censura in parte qua si risolva in una non ammissibile critica alla valutazione delle risultanze probatorie così come operata dal giudice di merito, censura che non può avere spazio in sede di legittimità.

4. Il ricorso deve essere rigettato dovendosi regolare le spese in base al principio della soccombenza, come liquidate in dispositivo.

5. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 sui compensi ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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