Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2820 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/02/2017, (ud. 08/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21058-2010 proposto da:

B.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato FRANCO

BOUCHE’, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, LUCIA POLICASTRO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1397/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/04/2010 R.G.N. 9325/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato BOUCHE’ FRANCO;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Roma, adita dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, ha respinto, in riforma della sentenza di prime cure, la domanda proposta nei confronti dell’ente da B.L., la quale aveva chiesto il pagamento delle differenze retributive, quantificate dal Tribunale in complessivi Euro 190.906,93, assumendo di aver svolto mansioni dirigenziali, in quanto incaricata, con ordine di servizio del 2 luglio 1998, della direzione dell’ufficio “locazioni uffici INPS”.

2 – La Corte territoriale, premesso che si era formato giudicato sul capo della decisione relativo alla intervenuta prescrizione dei crediti relativi al periodo luglio 1998/18 luglio 1999, ha osservato che:

a) con la Delib. n. 799 del 1998 il Consiglio di Amministrazione dell’INPS aveva adottato un nuovo assetto organizzativo e funzionale, escludendo la valenza dirigenziale dell’ufficio, la cui direzione era stata affidata all’appellata;

b) l’ordine di servizio adottato nel mese di giugno dell’anno 2001 aveva la finalità di individuare le nuove posizioni dirigenziali di secondo livello nell’ambito della settima Direzione Centrale, ma da ciò non poteva desumersi il mantenimento, fino alla adozione dell’atto, della precedente organizzazione;

c) le mansioni espletate dalla B. erano, dunque, coerenti con la qualifica di ispettore generale del ruolo ad esaurimento, poichè il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, prevedeva che alla categoria potessero essere assegnati compiti di direzione degli uffici di particolare importanza non riservati ai dirigenti;

d) l’INPS già nella memoria di costituzione aveva contestato la natura dirigenziale dell’incarico ricoperto dalla appellata, richiamando la Delib. n. 799 del 1998, sicchè non potevano essere ritenuti tardivi gli argomenti posti a fondamento del gravame.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.L., sulla base di sei motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

4 – Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c. per avere ammesso la Corte di Appello che l’appellante introducesse in sede di appello difese nuove non oggetto del contraddittorio nel primo grado di giudizio e per avere la Corte fondato la motivazione della sentenza sulle predette difese nuove”.

1.2 – La seconda censura è formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 6, 17, 19, 21 e 27 bis nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 in relazione all’ordinamento dei servizi dell’Inps, approvato con Delib. 27 luglio 1989, n. 770 ed al regolamento di organizzazione dell’Inps e all’ordinamento dei servizi approvati con Delib. 28 luglio 1998, n. 779 e del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 commi 3, 4 e 5 nel testo modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998”. Rileva che la Corte territoriale non ha considerato che gli organi di governo degli enti pubblici, ed in particolare il consiglio di amministrazione dell’Inps, non hanno il potere di emanare i provvedimenti di istituzione, modifica e soppressione degli uffici, che rientrano nella competenza della dirigenza.

1.3 – Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza per “errata e falsa applicazione dell’art. 16 del regolamento di organizzazione di cui alla Delib. 28 luglio 1999, n. 779 in relazione al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 3, comma 2, e art. 17 nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, e all’art. 27 bis introdotto nel D.Lgs. n. 29 del 1993 dal D.Lgs. n. 80 del 1998”. Sostiene, in sintesi, che erroneamente la Corte ha ritenuto che l’art. 16 del regolamento avesse ridisegnato le funzioni dirigenziali, poichè la disciplina delle attribuzioni, poteri e funzioni dei dirigenti è contenuta nelle norme citate, e non può essere modificata da provvedimenti amministrativi degli organi di governo degli enti.

1.4 – La quarta censura denuncia la “errata e falsa applicazione dell’art. 13 del regolamento di organizzazione, approvato con Delib. 28 luglio 1999, n. 779 in relazione al regolamento di organizzazione approvato con Delib. 27 luglio 1989, n. 770 ed al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 3, comma 2, e art. 17 nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998; errata e falsa applicazione dell’art. 16 del Regolamento di organizzazione approvato con Delib. 5 luglio 2000, n. 380 in relazione alla qualificazione di livello dirigenziale dei progetti istituiti in Direzione Generale; motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa fatti controversi e decisivi…”. Assume che l’art. 13 aveva prorogato le competenze e le funzioni degli uffici dirigenziali dell’INPS in attesa dell’attuazione del nuovo modello organizzativo con l’adozione dei relativi provvedimenti da parte degli organi competenti della dirigenza, con la conseguenza che gli uffici qualificati dirigenziali dall’ordinamento dei servizio n. 770 del 1989 avevano conservato le competenze previste dall’ordinamento ed i loro titolari le funzioni loro assegnate.

1.5 – Con il quinto motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 3, 17, 9 e 21 nel testo originario ed in quello modificato, nonchè del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, commi 3, 4 e 5 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, in relazione all’accertato svolgimento effettivo delle funzioni di dirigente dell’ufficio “Locazioni Uffici INPS”. Ribadisce che: per il periodo compreso dal 19 luglio 1999 fino al 31 ottobre 2004 ella aveva diretto l’ufficio sopra indicato, a seguito di incarico formalmente conferito con ordine di servizio; tali funzioni avevano natura dirigenziale; anche dopo l’ordine di servizio del 28.9.2001, con il quale le era stato affidato il Progetto Locazioni Passive, i compiti erano rimasti immutati.

1.6 – Con il sesto motivo la ricorrente censura la sentenza per “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, relativamente alla asserita riduzione delle figure dirigenziali disposta dal regolamento di organizzazione n. 799/98”. Assume che la Corte non avrebbe specificato in quale punto della delibera e in quale articolo del regolamento sarebbe stata disposta tale riduzione e la sua entità.

2 – Il primo motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato per le ragioni già indicate da questa Corte nella sentenza n. 24062/2015 e nelle ordinanza n. 712/2012. Con le richiamate pronunce, alla cui analitica motivazione si fa espresso rinvio, si è osservato, nel respingere censure analoghe a quelle qui formulate, che il vizio non era stato dedotto nel rispetto dell’onere di specificazione imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e che il rilievo attribuito dalla parte datoriale alla Delib. 28 luglio 1998, n. 779 costituisce mera argomentazione difensiva nell’ambito della già espletata resistenza alle avversarie pretese.

3 – Gli ulteriori motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto modo di affrontare le tematiche giuridiche sollevate dalla ricorrente (cfr. ex plurimis: Cass. 11 settembre 2007, n. 19025; Cass. 9 settembre 2008, n. 22890; Cass. 23 luglio 2010, n. 17367; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4757; Cass., ord. 712/2012; Cass. 29 settembre 2014 n. 20466; Cass. 14 luglio 2015 n. 14719; Cass. 28 agosto 2015 n. 17290; Cass. 9 settembre 2015 n. 17841; Cass. 20 novembre 2015 n. 23794; Cass. 25 novembre 2015 n. 24062).

3.1 – Nelle richiamate pronunce, alle quali il Collegio intende dare continuità, è stato osservato che:

a) in base al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 17 poi trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, gli enti pubblici non economici nazionali devono adeguare i propri ordinamenti a quelli stabiliti nel decreto legislativo, adottando appositi regolamenti di organizzazione, obbligo al quale l’INPS ha adempiuto con la Delib. n. 799 del 1998;

b) nell’art. 16 sono state ridisegnate le funzioni dirigenziali, e, diversamente da altre disposizioni di carattere organizzativo, per l’efficacia di quelle attinenti alla dirigenza non è stato previsto alcun differimento sino all’integrale realizzazione del nuovo modello organizzativo;

c) dal rilievo secondo cui il differimento costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitate senza quel modello, non può trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il modello precedente mantenessero il loro carattere dirigenziale;

d) una simile conclusione da un lato non considera che una siffatta classificazione avrebbe in definitiva comportato la reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con le norme recate dal D.Lgs. n. 80 del 1998 (poi consolidate con il D.Lgs. n. 165 del 2001) e, dall’altro lato, non tiene conto dei profili valutativi (e peraltro indirettamente regolativi) delle norme di cui alla citata delibera;

e) le suddette fonti normative, nonchè il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore 1998/2001 – sottoscritto nel febbraio 1999 ma riguardante, per volontà delle parti (art. 2, comma 1, del C.C.N.L. stesso), il periodo dal 1 gennaio 1998, portano a concludere che le medesime mansioni che nel precedente regime pubblicistico venivano considerate dirigenziali possono essere diversamente qualificate nel regime privatistico del pubblico impiego, in considerazione del diverso contenuto e rilievo che ad esse è stato attribuito in tale ultimo regime;

f) nel suindicato ambito è collocabile anche il personale del ruolo esaurimento (espressamente preso in considerazione dall’art. 13, coma 1, del citato c.c.n.l. 1998/2001) e, nel nostro caso, gli ispettori generali del ruolo ad esaurimento, di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, in cui è confluito, fra l’altro, il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 (sul punto vedi anche: Cons. Stato, sez. 6^, sentenze n. 1887 e n. 1888 del 2005).

4 – La sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi sopra indicati, sicchè la stessa non merita censura.

L’accertamento compiuto dalla Corte territoriale sulla natura dell’ufficio assegnato alla ricorrente si riferisce all’intero periodo dedotto in giudizio e la natura non dirigenziale delle funzioni espletate risulta affermata in relazione alla articolazione della direzione centrale, quale definita con la Delib. n. 799 del 1998 e con i successivi atti attuativi.

E’ quindi infondato anche il quarto motivo, che, nella parte in cui fa leva sull’art. 16 del regolamento e sulla denominazione di “progetto” assunta dall’ufficio successivamente al 2001, sollecita una diversa valutazione delle risultanze documentali, non consentita in sede di legittimità.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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