Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28199 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 31/10/2019), n.28199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16378/2018 proposto da:

O.R., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Ameriga Maria Petrucci, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato per legge in Roma Via Dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di POTENZA, depositato il giorno

11/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 da Dott. TRIA LUCIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Potenza, con decreto pubblicato l’11 aprile 2018, respinge il ricorso proposto da O.R., cittadino nigeriano proveniente da (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la ragione principale che porta al rigetto del ricorso è la sostanziale inattendibilità del ricorrente che ha raccontato una inverosimile vicenda personale senza alcuna garanzia di credibilità e senza riscontri in ordine alle violenze subite ovvero alle minacce o ritorsioni cui andrebbe incontro qualora rientrasse nel proprio Paese;

b) da fonti attendibili e aggiornate risulta che la situazione attuale della Nigeria, nella zona di provenienza del ricorrente, non è tale da essere configurabile come di conflitto armato interno;

c) per le anzidette ragioni non ci sono i presupposti per la concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria;

d) neppure sono rinvenibili situazioni di vulnerabilità rilevanti per la protezione umanitaria essendo emerso, in definitiva, che l’interessato ha lasciato il proprio Paese soltanto per il desiderio di trovare condizioni di vita migliori e la possibilità di lavorare;

3. il ricorso di O.R. domanda la cassazione del suddetto decreto per tre motivi;

4. il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi dei motivi.

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

2. con il primo motivo si contesta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la statuizione di diniego dello status di rifugiato, sostenendosi che sul punto la motivazione sarebbe meramente apparente e resa in violazione delle norme sulla valutazione di credibilità del richiedente;

3. con il secondo motivo si contesta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la statuizione di diniego della protezione sussidiaria, sostenendosi che anche sul punto la motivazione sarebbe meramente apparente e basata su erronee informazioni sulla situazione di (OMISSIS) che è uno degli Stati più violenti della Nigeria;

3.1. si rileva che il nostro Stato non ha recepito la disposizione contenuta nell’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE, che non è stata trasposta nel D.Lgs. n. 251 del 2007, pertanto il diritto ad ottenere lo “status” di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in una zona del territorio del Paese d’origine diversa da quella di provenienza, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi;

3.2. si sostiene poi che il diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) si pone in contrasto con la relativa normativa come intesa dalla CGUE e dalla giurisprudenza di legittimità ad essa conforme;

3.3. si sottolinea, inoltre, che nella sentenza della Corte di Giustizia UE 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji è stato precisato che l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale;

4. con il terzo motivo si contesta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la statuizione di diniego della protezione umanitaria, sostenendosi che il Tribunale avrebbe dovuto accertare la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario, come il diritto alla salute e all’alimentazione;

4.1. invece il Tribunale non ha effettuato la prescritta valutazione autonoma sull’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che integrano i requisiti per la suddetta forma di protezione;

Esame delle censure.

5. il ricorso va dichiarato inammissibile, per le ragioni di seguito esposte;

6. in primo luogo vanno dichiarati inammissibili i profili di censura – presenti nel primo e nel terzo motivo – con i quali si denuncia la motivazione apparente della sentenza impugnata nei punti ivi rispettivamente indicati (rigetto della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria);

6.1. infatti, appare ictu oculi che la motivazione contenuta nel decreto impugnato con riguardo alle statuizioni contestate risulta dotata della concisa esposizione sia delle ragioni di fatto della decisione (descrizione sintetica della fattispecie esaminata) sia delle ragioni di diritto delle decisioni stesse, cioè di una esposizione logica e adeguata al caso di specie che consente di cogliere l’iter logico-giuridico seguito e comprendere se le tesi prospettate dalle parti siano state tenute presenti nel loro complesso;

6.2. si tratta, quindi, di una motivazione che, con tutta evidenza, non corrisponde affatto alla suindicata nozione di “motivazione apparente”, elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi: Cass. SU 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007;n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009), sicchè rispetto ad essa non è ipotizzabile la violazione della disciplina in materia;

6.3. la suindicata osservazione rende le censure sul punto inammissibili perchè – pur essendo formulate come denunce di motivazione apparente, peraltro in modo formalmente improprio esse risultano nella sostanza dirette ad esprimere un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e ad invocare, nella sostanza, un diverso e inammissibile apprezzamento di merito delle stesse;

7. inammissibili sono altresì i profili di censura – presenti in tutti e tre i motivi di ricorso – formulati in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5;

7.1. infatti, le suddette censure risultano formulate in modo irrituale, risolvendosi in generiche doglianze circa l’accertamento in fatto compiuto dal tribunale, mentre in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

8. le censure di violazione di legge contenute nei tre motivi e, rispettivamente, riferite al mancato accoglimento della domanda di rifugio, della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), e della domanda di protezione umanitaria – da trattare insieme data la loro intima connessione – sono anch’esse inammissibili per plurime, concorrenti ragioni:

a) i profili di censura con i quali si sostiene che vi sarebbero i presupposti per la concessione dello status di rifugiato sono del tutto generici;

b) i profili di censura con i quali, da un lato, si afferma che (OMISSIS), da cui proviene il ricorrente, è caratterizzata dal grado di violenza proprio del “conflitto armato interno” come configurato dalla CGUE e, dall’atro lato, si rileva che il Tribunale non ha effettuato la prescritta valutazione autonoma sull’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che integrano i requisiti per la protezione umanitaria, sono inammissibili in quanto anch’essi non specifici e, quindi, inidonei a scalfire la motivazione del Tribunale al riguardo;

c) nella sostanza, quindi, si tratta di censure generiche e che si traducono in una richiesta di rivisitazione del giudizio di fatto operato dal giudice di merito al riguardo, richiesta inammissibile in questa sede di legittimità (Cass. 4 aprile 2017, n. 8758);

d) pertanto tali censure, dedotte come violazioni di norme di diritto, in sintesi, sono inammissibili in quanto la deduzione del vizio di violazione di legge, consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione), postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicchè è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (vedi, per tutte: Cass. 13 marzo 2018, n. 6035);

Conclusioni.

9. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

10. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

11. l’ammissione della parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368; Cass. 9 gennaio 2019, n. 284; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass. 13 marzo 2019, n. 7204; Cass. 24 maggio 2019, n. 14292).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA