Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28199 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28199 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 30442-2007 proposto da:
GRAMMATICO

NICOCIA

DOMENICA

MARIA

STELLA

GRMDCN59R44D234I, CRISCENTI BIAGIO CRSBG149S30D423J,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FOGLIANO 4-A,
presso lo studio dell’avvocato BARLETTA PAOLO,
rappresentati e difesi dall’avvocato MARABETE
2013

GIUSEPPE;
– ricorrenti –

2387

contro

PIRRONE FRANCA MARIA PRRFNC33P47L331G, PIRRONE ADELE
PRRDLA37A53L331F, elettivamente domiciliati in ROMA,
t.

Data pubblicazione: 17/12/2013

presso lo studio

PIAZZA COLA DI RIENZO 92,

dell’avvocato CARLINO PIETRO, rappresentati e difesi
dagli avvocati CARADONNA LUIGI, CARADONNA GIUSEPPE;

avverso la sentenza n.

controricorrenti

1178/2006

della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 15/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

13/11/2013

dal Consigliere Dott. LUIGI

PICCIALLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 18.9.1998 le sorelle Adele e Franca Maria Pirrone,quali rispettive
usufruttuaria e nuda proprietaria di un immobile sito nella contrada Chiesanuova o Delfino di
Valderice,costituito da due piccoli fabbricati rurali con annessa area scoperta,convennero al
giudizio del Pretore di Trapani,nella sezione distaccata di Erice, i coniugi Biagio Criscenti e

fine di sentir negare ai medesimi,che avevano avanzato pretese al riguardo,alcun diritto,in
particolare di servitù,sulla particella n. 118,che,indicata in catasto quale “corte comune”,
assumevano in realtà appartenere soltanto alle istanti, chiedendo anche il risarcimento dei
danni provocati dall’abusivo transito di mezzi agricoli.
Costituitisi i convenuti chiesero il rigetto della domanda ed,in riconvenzionale,in via
principale,dichiararsi l’appartenenza della suddetta particella alla Grammatico Nicocia,in
subordine,l’acquisto della comproprietà da parte di entrambi per usucapione.
All’esito di prove orali e consulenza tecnica,i1 Tribunale di Trapani,nelle more subentrato al
soppresso ufficio pretorile,con sentenza dei 16/18.3.2002,respinse le reciproche domande.
Ma a seguito dell’appello delle attrici,nella resistenza dei convenuti,la Corte di Palermo,in
parziale accoglimento del gravame,accolse la domanda negatoria di servitù ritenendo, sulla
scorta della ricostruzione dei vari passaggi risultanti dai titoli e di valutazione critica delle
risultanze catastali esposte dal c.t.u., che la particella in questione fosse compresa tra quelle
pervenute alle attrici, ancorchè qualificata “comune”,mentre,per converso,nessuna prova i
convenuti avevano offerto in ordine al vantato acquisto della relativa comproprietà,come
accertato dal primo giudice con statuizione non impugnata e passata in giudicato.
Le spese di due gradi venivano poste per due terzi a carico dei soccombenti convenuti e per il
resto compensate.
Contro tale sentenza i coniugi Crescenti – Grammatico Nicocia hanno proposto ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi:e/t:04,1s:
1

Domenica Maria Stella Grammatico Nicocia,proprietari di confinanti terreno e fabbricato,a1

Hanno resistito le Pirrone con rituale controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi,congiuntamente esposti ed illustrati,con formulazione di unico finale
quesito ex art. 366 bis c.p.c., i ricorrenti deducono ex art. 360 co.I, nn.5 e 3 c.p.c., omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il

in tema di prova”,degli artt. 1346, 2697 c.c. e 115,116 c.p.c.
Pur non confutando la premessa di principio,esposta dalla corte,secondo cui nell’azione
negatoria non è richiesta la prova rigorosa della proprietà,come nella diversa azione di
rivendicazione,si lamenta che nel caso di specie,in cui sarebbe del tutto inesistente il titolo di
acquisto di tale diritto da parte delle attrici sul bene controverso, i diversi elementi offerti al
riguardo non sarebbero stati sufficienti ad affermarne la ravvisata appartenenza.
In particolare la corte territoriale non avrebbe considerato che nell’atto di acquisto del
25.7.94 da parte delle Pirrone non era compresa,tra quelle indicate come trasferite,la
particella n. 118, né che il compendio acquistato,comprensivo di un “piccolo spezzone di
terreno di soli 120 mq.”, era stato indicato quale confinante con una corte comune, la quale
altro non avrebbe potuto essere che quella in catasto identificata con la particella suddetta.
La tesi della corte si sarebbe,dunque, risolta nell’acritica adesione ad una consulenza tecnica,
basata su “ipotesi ricostruttive di una proprietà nel corso dei secoli e a prescindere da
eventuali diritti usucapiti”,non tenendo conto della chiarezza del titolo suddetto,né dei rilievi
critici esposti in ambo i gradi dai convenuti.
I motivi vanno respinti,risolvendosi nell’inammissibile riproposizione di questioni di
fatto,già esaurientemente esaminate dalla corte territoriale,i1 cui accertamento,basato su
incensurabile valutazione delle risultanze documentali e della consulenza tecnica,in quanto
esente da vizi logici o lacune argomentative,non può essere rimesso in discussione,a guisa di
terzo grado di merito, nella presente sede.
2

giudizio e violazione e falsa applicazione degli artt. 949 c.c.,dei “principi e norme di diritto

Come già riferito in narrativa,i1 giudice di appello,con l’ausilio del c.t.u.,le cui conclusioni
non erano state oggetto di specifiche contestazioni,i1 cui eventuale contenuto neppure si
precisa nei mezzo d’impugnazione,ha operato una dettagliata ricostruzione delle vicende
traslative afferenti l’immobile,pervenendo ad una ragionevole conclusione,sulla base della
continuità dei titoli e delle vicende catastali,denotanti l’appartenenza della proprietà dell’area

“corte comune” non rispondesse ad una situazione di comproprietà,a1 riguardo della quale
nessun significativo elemento documentale era stato addotto da parte convenuta,costituendo
tale indicazione il frutto di una classificazione operata autonomamente dagli addetti al
catasto,in occasione del censimento immobiliare operato nel 1937-39.
Con il terzo motivo si denuncia vizio di ultrapetizione,per violazione degli artt. 112 c.p.c. in
relazione all’art. 949 c.c.,lamentando che la corte,travalicando i limiti della domanda soltanto
negatoria e non di rivendicazione,avrebbe in realtà emesso una decisione in tale ultimo
senso,per di più in assenza di un titolo di acquisto,nemmeno per usucapione.
Il motivo è infondato,non avendo il giudice attribuito alla parte attrice un di più rispetto a
quanto richiesto con l’azione negatoria,vale dire la dichiarazione di libertà del fondo attore()
da altrui diritti,ma soltanto individuato,in funzione di tale domanda,la concreta estensione del
diritto di proprietà,a tutela del quale le istanti avevano agito,senza in alcun modo travalicare,
in osservanza del principio di cui all’art. 112 c.p.c.,i limiti oggettivi del petitum,né introdurre
di ufficio una diversa causa petendi.
Con il quarto motivo si censura per “omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione “la
decisione,per avere “inopinatamente ignorato” la natura comune della particella n. 118,tale
risultante dai titoli delle parti in causa.
Tale particella, nel titolo delle attrici del 1994,si individuerebbe nella “corte comune” e solo
confinante con i beni acquistati,mentre sarebbe stata specificamente menzionata ( con la

3

controversa alle attrici,in particolare evidenziando come l’indicazione della stessa quale

dizione “con diritto alla part. 118”) in quello del 1969,di Carlo Nicocia,padre e dante causa
(per atto del 1984) della convenuta.
La corte avrebbe,inoltre,ignorato che i convenuti avevano utilizzato per oltre venti anni
quella corte comune,quale unica via di uscita,così indicata anche nei titoli,dal loro fondo.
Del pari ed ingiustificatamente disattese sarebbero state le univoche risultanze della prova

esercitato dai convenuti e loro danti causa da oltre quaranta anni.
Il motivo è,in parte ripetitivo dei primi due,nel resto inammissibile:a) quanto alla deduzione
della comproprietà,in quanto precluso dal giudicato interno,non avendo i convenuti,odierni
ricorrenti,proposto appello contro la reiezione della corrispondente domanda riconvenzionale
da parte del primo giudice,che aveva ritenuto sfornita di prova la stessa,sia in relazione ai
titoli,sia alla invocata usucapione,preclusione che deve ritenersi estesa,alla stregua del
negativo accertamento di fatto, anche all’eventuale eccezione riconvenzionale,che peraltro
neppure risulta,né viene dedotto,essere stata riproposta ex art. 346 c.p.c. in secondo grado; b)
per palese novità,quanto alla deduzione della servitù di passaggio,che non risulta,né viene
dedotto,essere stata invocata in sede di merito a sostegno di una domanda o eccezione
riconvenzionale al riguardo.
Il ricorso va conclusivamente respinto,con condanna dei soccombenti alle spese.
P . Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio in
favore delle controricorrenti,in misura di complessivi E 2.200,00 di cui 200 per esborsi,oltre
accessori di legge.

testimoniale,dalle quali sarebbe emerso che tale passaggio sarebbe stato continuamente

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