Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28198 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28198 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 31507-2007 proposto da:
SARCONE GIUSEPPE SRCGPP31R31H490Z, COND PALAZZO FLLI
SARCONE VIA A DE GASPERI 30 ROGLIANO 99331060782,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LEONIDA
BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato IANNOTTA
SALVATORE, rappresentati e difesi dall’avvocato
2013

TENUTA GIOVANNI CARLO;
– ricorrenti –

2375

contro

SARCONE DOMENICO, SARCONE FRANCESCO, SARCONE ATTILIO;
– intimati –

Data pubblicazione: 17/12/2013

avverso la sentenza n. 1323/2007 del TRIBUNALE di
COSENZA, depositata il 25/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI
PICCIALLI;

Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 16.3.2005,Domenico,Francesco e Attilio Sarcone,condomini del
Palazzo f.11i Sarcone in Rogliano,convennero al giudizio del locale Giudice di Pace il
condominio omonimo,impugnando la deliberazione assembleare del 12.2.2005,nella parte in
cui aveva deciso la “sostituzione del motoriduttore per il cancello a battente,nonché .. la

una spesa di complessivi C 1017,60,da ripartirsi secondo le tabelle millesimali.
A sostegno dell’impugnativa gli attori deducevano la natura voluttuaria e la gravosità della
spesa,in quanto sarebbe stata sufficiente una semplice riparazione,e l’illegittimità cital del
re1ati4iparto secondo le tabelle millesimali,a carico dei soli condomini,senza la
partecipazione del proprietario di un immobile confinante,a favore del quale sussisteva una
servitù di passaggio, costituita con atto pubblico del 1.2.1989,i1 cui esercizio comportava
l’uso del cancello in questione.
Si costituiva il condominio,in persona del suo amministratore Sarcone Giuseppe,i1 quale
peraltro era anche il proprietario dell’immobile dominante di cui alla suddetta servitù,ed
eccepiva l’incompetenza per valore del giudice adito,contestando nel merito la fondatezza
della domanda.
Con sentenza dei 29.12.2005-11.1.2006 il Giudice di Pace,in accoglimento della domanda,
annullò la delibera impugnata,disponendo che la spesa in questione avrebbe dovuto essere
nuovamente ripartita,tenendo conto delle quote di pertinenza dell’immobile adiacente al
condominio, salvo rinuncia da parte del proprietario Giuseppe Sarcone e condannò
quest’ultimo personalmente, in solido con il condominio,a1 pagamento 6~ delle spese
in favore degli attori.
Tale sentenza venne impugnata congiuntamente sia dal condominio,in persona del suo
i•
pro-tempore,sia da Giuseppe Sarcone,ribadendo l’eccezione di incompetenza
ammrnstratore
per valore,quella di non integrità del contraddittorio nei confronti degli altri
1

riparazione del cancello in ferro con la sostituzione dei cardini e quant’altro occorrente “,per

condomini,deducendo il vizio di ultrapetizione e l’indebita condanna alle spese di un
soggetto non partecipante al giudizio.
Al gravame resistevano gli appellati,eccependo l’inappellabilità della sentenza ex art. 339 co.
2 c.p.c. in quanto pronunziata secondo equità e,comunque,la correttezza nel merito della
decisione,tranne che sulla condanna personale di Giusepe Sarcone, chiedendone anche essi,

Con sentenza dell’11/25.7.2007 il Tribunale di Cosenza,accogliendo la preliminare eccezione
degli appellati, sul rilievo che il valore della lite della lite era di € 1017,60,pari all’importo
della spesa controversa, e dunque compresa nella cognizione equitativa del G.d.P. i dichiarava
l’appello principale “improponbilequello incidentale assorbito e compensava le spese.
Avverso tale sentenza hanno proposto congiunto ricorso per cassazione il condominio e
Giuseppe Sarcone deducendo due motivi.
Non hanno resistito gli intimati Domenico,Attilio e Francesco Sarcone.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt.23,24,25
I co.,111 VI co Cost.339,10,38,91,99,113,114,110,112 e 404 c.p.c. ” dei principi e della
norme del procedimento e che regolano la materia”,contestando la dichiarazione di
“improponilità” dell’appello e la conseguente condanna alle, spese ribadendo anzitutto le
censure esposte nel gravame e sostenendo che la causa avrebbe ecceduto i limiti della
cognizione equitativa del Giudice di Pace,sia perché le questioni dedotte,segnatamente
l’accertamento di una servitù a carico del condominio ed a favore del fondo di un terzo,con le
connesse pretese di modificare le tabelle condominiali e di imporre una prestazione
patrimoniale ad un terzo, avrebbero comportato il superamento della competenza per valore
della causa,sia perché la stessa pronunzia,eccedente i limiti della domanda,emessa dal G.d.P.
avrebbe travalicato i limiti in questione,comportando l’ultroneo decisum la competenza per
valore del tribunale. Si soggiunge che il terzo indebitamente coinvolto nella stessa avrebbe
2

in via incidentale,l’eliminazione.

potuto scegliere tra il rimedio oppositivo di cui all’art. 404 c.p.c. e l’appello,
conseguentemente lamentando che la declaratoria di inammissibilità di quest’ultima
impugnazione,comportante la formazione del giudicato,si sarebbe tradotta in ingiusta
preclusione alla proposizione dell’opposizione di terzo. Sotto tale ultimo profilo si prospetta
anche il contrasto delle citate norme processuali,ove interpretate nei termini di cui alla

Con il secondo motivo si deduce insufficiente ed omessa motivazione su punto decisivo della
controversia,ribadendo la tesi,che non sarebbe stata presa in considerazione dal
tribunale,secondo cui la domanda attrice deducente l’esistenza di una servitù a favore di
fondo estraneo al condominio e la connessa pretesa di dividere la spesa coinvolgendo un
terzo,implicando la richiesta di revisione delle tabelle millesimali,in quanto di valore
indeterminato,avrebbe comportato il superamento non solo della cognizione equitativa,ma
anche della competenza del Giudice di Pace.
I due motivi,da esaminare congiuntamente per la stretta connessione e la parziale ripetitività
delle censure,non meritano accoglimento.
Premesso che ai sensi dell’art. 10 c.p.c. il valore della causa ai fini della competenza,e così
analogamente ai fini dell’eventuale adottabilità di una decisione secondo equità ai sensi
dell’art. 113 co. 2 c.p.c.,si determina

ex ante

in base alla domanda, vale a dire in

considerazione della rilevanza economica,calcolata secondo le disposizioni successive,delle
richieste formulate nell’atto introduttivo del giudizio,non anche,ex post, tenendo conto dal
valore delle statuizioni emesse dal giudice nella sentenza,va anzitutto respinta la tesi dei
ricorrenti,secondo cui il giudice di secondo grado, al fine di stabilire se l’appello fosse
ammissibile o meno ai sensi dell’art. 339 c.p.c., avrebbe dovuto tener conto del decisum,
dovendo invece a tal fine procedersi soltanto alla valutazione del petitum,secondo i criteri
dettati dalle citate norme di rito. Ciò posto,dall’esame (reso necessario dalla natura
processuale delle censure) dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (citazione
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decisione impugnata,con le norme costituzionali indicate nell’articolazione del mezzo.

notificata il 18.3.04),si rileva che gli attori, dedussero quale motivo di illegittimità
dell’impugnata deliberazione assembleare del 12.2.2005,oltre alla natura voluttuaria e alla
gravosità della deliberata spesa di E 1.017,60, la mancata considerazione che il cancello a
battente in questione atteneva ad un passaggio di cui usufruiva iure servitutis anche il vicino
Giuseppe Sarcone,ragion per cui la ripartizione secondo la tabella millesimale sarebbe stata

anzidetto;tuttavia ,nelle conclusioni,gli attori si limitarono a chiedere la declaratoria di nullità
o l’annullamento,previa sospensione,della deliberazione impugnata, senza proporre alcuna
richiesta di modificazione della tabella millesimale,né di condanna del Sarcone (peraltro non
evocato ) a contribuire alla spesa in questione.
Tanto premesso,risulta evidente che l’esigenza di tener conto dell’utilità conseguita dal
proprietario del vicino fondo servente,così come la stessa deduzione dell’esistenza di tale
servitù,non venne dedotta quale capo di domanda,di accertamento e/o di condanna, bensì al
solo fine di evidenziare un ritenuto profilo di illegittimità della spesa e della relativa
ripartizione deliberate dall’assemblea con l’atto impugnato,vale a dire in chiave di
accertamenti meramente incidentali,non destinati a spiegare effetti di giudicato al di fuori
dell’unico petitum,costituito dalla invalidazione della delibera assembleare.
In siffatto contesto,nel quale il valore della controversia andava desunto da quello della
spesa deliberata e contestata,i1 palese sconfinamento dai limiti del petitum in cui incorse il
giudice adito,coinvolgendo nella decisione anche il terzo non partecipante al giudizio,
laddove avrebbe dovuto limitarsi ad una pronunzia di annullamento della deliberazione
impugnata, non poteva comportare l’ammissibilità dell’appello, costituendo comunque la
decisione,sebbene debordante dai relativi limiti, una sentenza emessa dal giudice nell’ambito
di un giudizio soggetto a cognizione equitativa ex art. 113 c.p.c.,come tale soggetta,
all’epoca ( prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate all’art. 339 c.p.c dal Dlgs n.
40 del 2006),soltanto al ricorso per cassazione,mentre il terzo avrebbe potuto,a sua
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ingiusta,essendo tenuto a partecipare alla spesa anche detto vicino,salvo rinunzia al diritto

volta,proporre opposizione ex art. 404 c.p.c. contro le statuizioni che indebitamente lo
avevano coinvolto.
La possibilità di esperire gli anzidetti appropriati rimedi evidenzia, altresì,tenuto conto che
nel vigente sistema la regola del doppio grado di merito del processo civile,come è stato
ripetutamente chiarito dal Giudice delle Leggi,è priva di copertura costituzionale, la

proposte dai ricorrenti.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
Nulla infine,sulle spese,in assenza di costituzione degli intimati.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso.

manifesta infondatezza delle subordinate e non meglio precisate questioni di costituzionalità

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