Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28195 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 31/10/2019), n.28195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15169/2018 proposto da: p b

C.L., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Marco Ferrero, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato per legge in Roma Via Dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 537/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 537 del 6 marzo 2018, accoglie l’appello principale del Ministero dell’Interno avverso l’ordinanza del Tribunale Venezia impugnata, rigetta l’appello incidentale del cittadino del Gambia C.L. e, per l’effetto, respinge l’originario ricorso proposto da C.L. avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il richiedente ha riferito di essere omosessuale e che, dopo essere stato scoperto in atteggiamenti intimi con un amico all’interno della sua stanza, i genitori lo avevano denunciato ed era rimasto per alcuni giorni in carcere;

b) il giudice di primo grado ha concesso lo status di rifugiato considerando il racconto credibile e le relative contraddizioni venute meno in sede di audizione nonchè reputando provata la dichiarata omosessualità dalla relazione predisposta del presidente dell’Arcigay di Padova, sottolineando altresì che nell’ordinamento giuridico del Gambia l’omosessualità costituisce un reato;

c) tali statuizioni non sono condivisibili in quanto il richiedente non è credibile per molteplici ragioni: 1) l’interessato all’inizio della propria audizione davanti alla Commissione ha detto di comprendere bene l’interprete, pertanto le riscontrate contraddizioni nel racconto non possono imputarsi a difficoltà di traduzione; 2) il richiedente, dopo aver collocato nel 2013 l’inizio delle due relazioni omosessuali intrattenute per quasi un anno con un professore e con un’altra persona poi, nella comparsa di costituzione, ha sostenuto di essersi confuso e che le suddette relazioni sarebbero cominciate nel 2012, ma una simile rettifica comporta una analoga confusione in ordine agli anni trascorsi nella scuola superiore (2010-2013) e all’anno in cui la famiglia gli ha chiesto di abbandonare gli studi (2013); 3) non possono attribuirsi ad equivoci linguistici le imprecisioni relative alle modalità della cattura da parte della Polizia: se sia avvenuta perchè i genitori lo hanno portato alla stazione di Polizia oppure perchè i poliziotti sono andati a prenderlo a casa; 4) la parte del racconto sulle due relazioni omosessuali suddette è generica visto che nulla si dice sulle relative conseguenze sulla vita quotidiana del ricorrente nè su contatti avuti con i partner dopo la fuga dal Gambia e il richiedente ha riferito di non avere più provato attrazione per persone dello stesso sesso e di non avere avuto più relazioni sentimentali;

d) la relazione dell’Arcigay costituisce un riscontro solo apparente e strumentale visto che il periodo di frequentazione dell’associazione coincide con il periodo di durata del giudizio di primo grado;

e) l’inattendibilità del racconto di cui si è detto esclude la possibilità di accogliere tutte le ulteriori domande basate sul presupposto di un legame tra l’omosessualità e l’espatrio, cioè la richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), e la richiesta di protezione umanitaria per una situazione di marginalità;

f) quanto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 14, lett. c), (recte: n. 251 del 2007) l’esistenza di una situazione di conflitto armato o assimilabile in Gambia può essere esclusa sulla base delle recenti notizie riportate da fonti attendibili;

g) la partecipazione del C. ad attività di formazione con la conclusione di contratti di tirocinio di breve durata non ha, di per sè, rilievo per la protezione umanitaria e anzi porta ad assimilare la posizione del ricorrente a quella dei migranti economici;

3. il ricorso di C.L. domanda la cassazione della suddetta sentenza per quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi dei motivi.

1. il ricorso è articolato in quattro motivi;

2. con il primo motivo si denunciano a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte d’appello posto a base della decisione prove documentali prodotte in giudizio dalle parti e non contestate; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti;

2.1. si sostiene che la Corte d’appello ha affermato che essendovi coincidenza temporale tra il periodo di frequentazione da parte del C. dell’associazione Arcigay e il periodo di durata del giudizio di primo grado tale frequentazione sarebbe stata determinata dall’intento di ottenere un verdetto favorevole in primo grado, senza valutare le prove documentali prodotte dalle quali risultava che la cessazione della frequentazione dell’Arcigay da parte del ricorrente è stata determinata dall’impossibilità di conciliarla con le attività lavorative e di volontariato intraprese dal ricorrente tra la fine del 2016 e il 2017;

3. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione di numerose disposizioni normative per non avere la Corte d’appello valutato i fatti nel loro complesso, anche facendo uso del potere-dovere di collaborazione istruttoria, in quanto muovendo dall’erronea premessa della mancanza di riscontri documentali a sostegno della omosessualità dichiarata dall’interessato, la Corte territoriale ha considerato non credibile il racconto dello stesso senza operare alcun vaglio di plausibilità, ritenendo altresì superflua ogni ulteriore verifica sulla situazione socio-politica del Gambia, con particolare riferimento agli omosessuali;

4. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 702-quater c.p.c., per la mancata ammissione di nuovi mezzi di prova indispensabili, tanto più in mancanza di una nuova audizione del richiedente;

5. con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, come interpretato dalla Corte di cassazione, per non avere dato rilievo per la protezione umanitaria al percorso di integrazione sociale intrapreso dal C. che lo ha portato ad iscriversi all’Università di (OMISSIS), grazie ad una borsa di studio nazionale;

Esame dei motivi.

6. l’esame dei motivi di censura porta al rigetto del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

7. il primo motivo è inammissibile, in quanto, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito configura un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (vedi, per tutte: Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

7.1. in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non vengono dedotte;

7.2. inoltre, le relative censure devono essere proposte con il dovuto rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente qualora proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali è tenuto ad assolvere il duplice onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, e all’art. 369 c.p.c., n. 4, (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726);

7.3. nella specie la denuncia di violazione dell’art. 115 c.p.c. al pari di quella prospettata ex art. 360 c.p.c., n. 5 non sono conformi ai suddetti principi e questo porta all’inammissibilità del primo motivo;

8. il secondo motivo non è fondato;

8.1. in base a consolidati e condivisi indirizzi di questa Corte:

a) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente la protezione internazionale o umanitaria costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c);

b) tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

8.2. l’attuale ricorrente – oltre a censurare l’articolata motivazione sul punto contenuta nella sentenza impugnata impropriamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (e non sub n. 5, con quanto ne consegue) – richiama delle precedenti pronunce di questa Corte che hanno esaminato vicende processuali diverse dalla presente (ad esempio, nel caso esaminato da Cass. n. 28435 del 2017 la Corte ha ritenuto che la valutazione di non credibilità non fosse stata fondata sull’effettivo contenuto delle dichiarazioni rese dal richiedente e quindi che si potesse valutare di disporre l’audizione, mentre nella specie ciò non è emerso);

8.3. inoltre il ricorrente non contesta, in modo efficace, la statuizione di inattendibilità del racconto del C. sul punto relativo al legame tra la dichiarata omosessualità e l’espatrio, mentre tale statuizione è alla base della scelta della Corte d’appello di considerare superflua ogni ulteriore verifica sulla situazione sociopolitica del Gambia, con particolare riferimento agli omosessuali, scelta che viene contestata in modo generico;

9. il terzo motivo è inammissibile;

9.1. infatti – pur essendo pacifico che, in tema di protezione internazionale, il procedimento di appello è introdotto e regolato dall’art. 702-quater c.p.c. secondo il quale possono essere ammessi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione (Cass. 28 febbraio 2017, n. 5241) – tuttavia il ricorrente, fa esclusivo riferimento alla mancata audizione in appello dell’interessato, ma non offre alcuna dimostrazione della avvenuta presentazione di una richiesta in tal senso (essendo discrezionale la scelta di effettuare l’audizione d’ufficio, da parte del giudice d’appello);

10. il quarto motivo è inammissibile;

10.1. infatti le deduzioni del ricorrente in materia di protezione umanitaria risultano del tutto generiche e non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in quanto nel ricorso si fa esclusivo riferimento all’inadeguatezza delle condizioni di vita di C.L. in Gambia;

10.2. questo risulta in modo emblematico dall’assoluta mancanza sul punto di riferimenti alla dichiarata omosessualità e alla ininfluenza del percorso di integrazione sociale intrapreso dal C. che lo ha portato ad iscriversi all’Università di (OMISSIS);

10.3. tuttavia, l’esistenza, nello Stato verso cui il soggetto si troverà ad essere rimpatriato, di “violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani” e il rischio di trovarsi in una situazione di grave povertà a causa della generale situazione del Paese di destinazione sono ininfluenti ai fini della protezione umanitaria;

10.4. infatti, in questo ambito, non è ipotizzabile nè l’obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681) e che emerga da idonee allegazioni da parte del richiedente, dirette a dimostrane il necessario collegamento con la propria vicenda personale, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto col parametro normativo di cui all’art. 5, comma 6 cit.;

Conclusioni.

11. in sintesi, il ricorso deve essere respinto, per le anzidette ragioni;

12. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

13. l’ammissione della parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368; Cass. 9 gennaio 2019, n. 284; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass. 13 marzo 2019, n. 7204; Cass. 24 maggio 2019, n. 14292).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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