Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28195 del 10/12/2020
Cassazione civile sez. I, 10/12/2020, (ud. 23/10/2020, dep. 10/12/2020), n.28195
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13320/2019 proposto da:
I.L.J., elettivamente domiciliato in Bozzolo (MN)
alla via Poerio n. 12, presso lo studio dell’avv. P. Novellini, che
lo rappresenta e difende come da procura in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 220/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 05/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/10/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
La Corte d’Appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da I.L.J., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito di essere omosessuale, fin dall’età di quattro anni, e di avere avuto diverse relazioni amorose. Scoperto più volte, anche dalla polizia, aveva dovuto allontanarsi dal proprio paese per evitare di essere arrestato e condannato a 14 anni di reclusione.
A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte distrettuale ha ritenuto il ricorrente non credibile per l’inverosimiglianza della narrazione. Pertanto, i giudici di secondo grado, non gli hanno riconosciuto nessuna delle protezioni richieste, neppure la sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), perchè nella zona di provenienza del ricorrente (Edo State) non sussisteva una situazione di violenza indiscriminata e neppure erano state allegate e dimostrate, secondo la Corte d’appello, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.
Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto omossessuale; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6 e 7 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
In via preliminare, va precisato che il ricorso è tempestivo (notifica della sentenza della Corte d’appello via pec da parte della cancelleria il 5.2.19 e notifica del ricorso in cassazione il 15.4.19), in quanto in assenza della notifica della sentenza da parte della controparte del richiedente, che sarebbe idonea a far decorrere il termine breve, trattandosi di ricorso in cassazione, il termine è quello di cui all’art. 327 c.p.c., in assenza di una norma che preveda espressamente un termine più breve (cfr. Cass. n. 329/19, 17624/20).
Il primo motivo è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi fondata sul radicale difetto di credibilità (alla luce della versione del ricorrente di essere stato iniziato all’omosessualità all’età di quattro anni con la visione di film nei quali si vedevano atti sessuali tra uomini).
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non contesta le fonti citate e le conclusioni che la Corte ne trae.
Il terzo motivo sull’umanitaria è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi fondata sull’affermazione che il lavoro non è sufficiente ai fini dell’integrazione sociale e la situazione generale e personale del richiedente non è grave.
La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020