Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28194 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 31/10/2019), n.28194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10518/2018 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Delle Cave 42

presso lo studio dell’avvocato Maria Assunta Laviensi che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ameriga Maria

Petrucci;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 469/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 25/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Potenza con sentenza n. 469 del 25 settembre 2017 respinge l’impugnazione proposta dal cittadino del Mali T.S. avverso l’ordinanza del locale Tribunale, di rigetto della domanda del ricorrente volta ad ottenere la protezione internazionale o, in subordine, la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il richiedente ha riferito che, nel Mali, viveva nella regione di (OMISSIS) doveva faceva l’agricoltore e che nel 2012 ha lasciato il proprio Paese a seguito di uno scontro inter-etnico tra i (OMISSIS) nel quale avevano perso la vita o erano rimaste ferite delle persone del suo villaggio;

b) dai siti internet del Ministero degli Esteri, di Amnesty International e di altre organizzazioni accreditate risulta che in Mali le condizioni di vita sono precarie e vi è una grave situazione di conflitto armato interno, che interessa tutto il Paese, pur essendo particolarmente incisiva al Nord;

c) si tratta di una situazione rilevante ai fini e per gli effetti del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ma nella specie manca ogni collegamento tra tale situazione politica e sociale e la vicenda personale del ricorrente, in particolare con le ragioni che lo hanno indotto ad allontanarsi dal proprio Paese, tanto più che il ricorrente viene dalla regione di (OMISSIS) che è molto lontana dal nord del Paese;

d) considerando la regione di provenienza, non emerge, quindi, alcun collegamento tra il conflitto armato interno suindicato e la specifica situazione del richiedente caratterizzata dalla sussistenza di un pericolo grave per l’incolumità della sua persona;

e) anche il primo Giudice ha messo in evidenza la mancanza di un “nesso causale” tra la situazione di violenza indiscriminata generata dal conflitto armato interno e lo scontro inter-etnico tra i (OMISSIS) che il ricorrente ha posto a base della fuga dal proprio Paese ed ha anche avanzato dubbi sulla credibilità del racconto reso dall’interessato;

f) la relativa ratio decidendi sul punto non è stata attinta dall’atto di appello, come è avvenuto anche per la statuizione di rigetto del permesso per ragioni umanitarie, del pari impugnata con argomentazioni del tutto generiche;

3. il ricorso di T.S. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi;

4. il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi dei motivi.

1. il ricorso è articolato in due motivi;

2. con il primo motivo si contesta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la statuizione di diniego della protezione sussidiaria;

2.1. si sostiene che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, dalla lettura dell’atto di gravame emerge in modo evidente che le censure proposte dal ricorrente non sono state generiche, ma hanno specificamente riguardato la valutazione di credibilità, l’illogicità della motivazione della sentenza di primo grado, il mancato riconoscimento della situazione di grave conflitto armato, nonchè la ritenuta necessità di un nesso causale tra situazione personale e quella socio-politica ai fini della protezione sussidiaria;

2.2. si rileva che, del resto, di tanto si dà conto nella parte della sentenza qui impugnata ove vengono sinteticamente riportati i motivi di appello (pp. 2 e 3);

2.3. si sottolinea poi che il diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) si pone in contrasto con la relativa normativa come intesa dalla CGUE e dalla giurisprudenza di legittimità ad essa conforme;

2.4. infatti, la Corte d’appello, pur avendo dato atto, richiamando fonti attendibili, dell’esistenza in Mali di una situazione di conflitto armato interno quale configurato dalla suddetta disposizione, tuttavia ha negato la suddetta forma di protezione, per la mancanza di ogni collegamento tra tale situazione politica e sociale e la vicenda personale del ricorrente, in particolare con le ragioni che lo hanno indotto ad allontanarsi dal proprio Paese, pur non essendo contestato che l’interessato ha abbandonato il proprio Paese a causa di un conflitto inter-etnico tra i (OMISSIS);

2.5. si aggiunge che nella sentenza della Corte di Giustizia UE 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji, richiamata dalla Corte d’appello, è stato precisato che l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di un suo specifico coinvolgimento derivante da elementi riguardanti la sua situazione personale;

3. con il secondo motivo si contesta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la statuizione di diniego della protezione umanitaria, sostenendosi che, con la dichiarazione di inammissibilità dell’atto di appello sul punto, la Corte territoriale ha violato sia l’art. 342 c.p.c., come interpretato da Cass. SU 16 novembre 2017, n. 27199 sia la specifica disciplina della protezione umanitaria;

3.1. a tale ultimo riguardo si sottolinea che la Corte d’appello ha del tutto omesso l’esame della relativa domanda e, in particolare, non ha effettuato la prescritta valutazione autonoma sull’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che integrano i requisiti per la suddetta forma di protezione;

Esame delle censure.

4. il ricorso va dichiarato inammissibile, per le ragioni di seguito esposte;

5. in primo luogo vanno dichiarati inammissibili i profili di censura – presenti in entrambi i motivi di ricorso – formulati in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, per l’assorbente ragione che le suddette censure risultano formulate in modo irrituale, risolvendosi in generiche doglianze circa l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte di merito, mentre in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

6. le censure di violazione di legge contenute nei due motivi e, rispettivamente, riferite al mancato accoglimento della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), e della domanda di protezione umanitaria – da trattare insieme data la loro intima connessione – sono anch’esse inammissibili per plurime, concorrenti ragioni:

a) le argomentazioni con le quali si contestano le statuizioni della Corte territoriale sulla genericità delle argomentazioni contenute nell’atto di appello e sulla omessa impugnazione delle rationes decidendi poste a base delle corrispondenti statuizioni di rigetto del primo Giudice, oltre ad essere prospettate in riferimento al n. 3 dell’art. 360 – e non al n. 4, come errori in judicando – comunque sono proposte dal ricorrente non in conformità delle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, secondo cui, per assicurare il doveroso rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci il difetto o l’erroneità nella valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, mentre nella specie il ricorrente non si è attenuto a tale principio con riguardo all’atto d’appello di cui contesta l’interpretazione offerta dalla Corte territoriale (Cass. SU 22 maggio 2012, n. 8077);

b) i profili di censura con i quali si sostiene, da un lato, che anche la regione di (OMISSIS), da cui proviene il ricorrente, è caratterizzata dal grado di violenza proprio del “conflitto armato interno” come configurato dalla CGUE e, dall’atro lato, si rileva che la Corte d’appello non ha effettuato la prescritta valutazione autonoma sull’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che integrano i requisiti per la protezione umanitaria, sono inammissibili in quanto nella specie le domande di cui si tratta sono state respinte dalla Corte territoriale per l’assorbente ragione processuale di cui si è detto sub a), cioè perchè nell’atto di appello non è stata impugnata la ratio decidendi posta a base del rigetto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), come è avvenuto anche per la statuizione di rigetto del permesso per ragioni umanitarie, del pari impugnata in sede di gravame con argomentazioni del tutto generiche e queste statuizioni non vengono qui ritualmente contestate, come si è detto;

c) peraltro, anche nel presente ricorso per cassazione tali censure risultano generiche e si traducono in una richiesta di rivisitazione del giudizio di fatto operato dal giudice di merito al riguardo, richiesta inammissibile in questa sede di legittimità (Cass. 4 aprile 2017, n. 8758);

Conclusioni.

7. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

8. nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero dell’Interno è rimasto intimato;

9. l’ammissione della parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368; Cass. 9 gennaio 2019, n. 284; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass. 13 marzo 2019, n. 7204; Cass. 24 maggio 2019, n. 14292).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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