Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28192 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23497/2018 proposto da:

F.N., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Giovanni Angelo Mura, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

e contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Cagliari;

– intimato –

avverso la sentenza n. 615/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

F.N., nato in Nigeria, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 impugnava dinanzi il Tribunale di Cagliari, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il richiedente proponeva gravame, insistendo per il riconoscimento della protezione internazionale, dinanzi alla Corte di appello di Cagliari, che lo respingeva.

Egli aveva riferito di essere stato introdotto alla prostituzione maschile da un amico, di cui non aveva saputo indicare il nome, e di avere svolto questa attività per danaro; di non avere un compagno e di essere intenzionato ad avere relazioni eterosessuali in futuro.

La Corte, nel respingere l’appello, pur confermando la valutazione di genericità del narrato, ha tuttavia rimarcato che anche alla stregua dello stesso racconto emergeva che il ricorrente non apparteneva alla categoria degli omosessuali, soggetta a discriminazioni e persecuzioni nel Paese di origine, di guisa che non ricorrevano i presupposti per concedere il rifugio.

Ha escluso anche la concedibilità della protezione sussidiaria, rimarcando la assenza di una situazione di conflitto armato nell'(OMISSIS) sulla scorta degli elementi acquisiti dalle fonti internazionali (Report Amnesty Interational 2016). Ha escluso anche il riconoscimento della protezione umanitaria, in assenza di particolari condizioni di vulnerabilità soggettive o oggettive.

Il ricorso del richiedente è sviluppato su due motivi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per non avere esercitato il giudice del merito i doveri di indagine ed applicato il principio di attenuazione dell’onere probatorio al fine di valutare i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria e la vulnerabilità in ragione dell’attività di prostituzione maschile che il richiedente aveva dichiarato di avere svolto in Patria e delle conseguenze in caso di rientro.

Il ricorrente invoca l’applicazione del precedente giurisprudenziale che ha ritenuto fondata la doglianza, a suo dire analoga, sulla considerazione che “la corte del merito ha, da un lato, ritenuto credibile la dichiarazione del richiedente di svolgere attività di prostituzione omosessuale, e dall’altro lato, omesso di valutare se ciò basti a rendere nel paese di origine la persona vulnerabile” (Cass. n. 17849 del 6/7/2018).

1.2. Il motivo è inammissibile.

A differenza del caso esaminato nel precedente invocato, nella presente fattispecie la Corte di appello innanzi tutto ha escluso la credibilità del racconto; ha, quindi, precisato che, comunque, alla stregua del racconto era emerso che il richiedente non era omossessuale, con statuizione che non è stata formalmente impugnata, nonostante il ricorrente sembri dolersene, laddove sostiene – senza formulare specifica censura di legittimità – di avere, invece, dichiarato di non saper indicare le proprie inclinazioni sessuali.

Tanto premesso va osservato che in tema di protezione internazionale, l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda: orbene tale allegazione non si ravvisa, avendo il ricorrente stesso affermato di non saper precisare il proprio orientamento sessuale (cfr. in tema di onere di allegazione, Cass. n. 3016 del 31/01/2019 e Cass. n. 13403 del 17/05/2019).

2.1. Il secondo motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, art. 131, comma 1, in merito alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato pronunciata dalla Corte territoriale.

2.2. Il motivo è inammissibile, atteso che “La revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato” (Cass. n. 3028 del 08/02/2018).

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Non si provvede sulle spese stante l’assenza di attività difensiva della controparte.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, in ragione della ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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