Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28190 del 27/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28190 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 4320-2016 proposto da:
ABRAMO CUSTOMER CARE S.P.A. iscrizione registro delle
imprese di Roma n.02455770798, in persona dell’Amministratore
delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI G. GENTILE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ADOLFO LARUSSA;

– ricorrente contro
LAZZARINI DANIELA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
A. POLIZIANO n.27, presso lo studio dell’avvocato GIAN PAOLO
TOMEI, rappresentata e difesa dall’avvocato RITA PARENTELA;

– controrkorrente –

eIcto.).

Data pubblicazione: 27/11/2017

avverso la sentenza n. 617/2015 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 09/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO

RILEVATO
che, con sentenza del 9 luglio 2015, la Corte di Appello di Catanzaro,
riformando la decisione del primo giudice, dichiarava la sussistenza di
un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra Daniela
Lazzarini e la Abramo Customer Care s.p.a. a decorrere dal 7 luglio
2004 con inquadramento nel IV livello del CCNL personale
dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, con
condanna di detta società alla riammissione in servizio della lavoratrice
ed al pagamento in suo favore della somma di euro 11.167,79 per
differenze retributive, oltre accessori;

che avverso questa decisione propone ricorso per cassazione la
Abramo Customer Care s.p.a. affidato a due motivi cui resiste con
controricorso la Lazzarini;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
CONSIDERATO
che con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza
per carenza assoluta di motivazione ( violazione degli artt. 111 Cost. e
132, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4,
cod. proc. civ.) in quanto la Corte territoriale nulla aveva detto in
merito al progetto posto a base del rapporto intercorrente tra le parti e
che il Tribunale aveva ritenuto congruo ( si precisa che detto motivo è
Ric. 2016 n. 04320 sez. ML – ud. 18-10-2017
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FERNANDES.

formulato in via cautelativa e condizionato nel caso in cui si dovesse
ritenere che la Corte di appello non aveva inteso — sia pure
implicitamente — condividere la statuizione sul punto del Tribunale);
con il secondo mezzo viene dedotta violazione e falsa applicazione
degli artt. 2222 e ss. cod. civ., 409, n. 4, cod. proc. civ., 61 e 69 d.lgs.

degli artt. 111 Cost. e 132 , n. 4, cod. proc. civ. (in relazione all’art.
360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.) per avere la Corte di
appello utilizzato principi affermati da questa Corte con riferimento ad
ipotesi in cui occorreva individuare gli indici propri della
subordinazione in rapporti di lavoro autonomo e non, come nel caso
in esame, parasubordinato in cui particolare rilievo assume il profilo
del “coordinamento” il quale ben tollera che il lavoratore
parasubordinato si adatti alle esigenze organizzative della datore di
lavoro svolgendo a tal fine la propria attività in locali aziendali, con
strumenti forniti dall’impresa e nelle ore in cui questa è in funzione; si
evidenzia, altresì, la sussistenza del vizio di motivazione apparente non
essendo individuabile il percorso logico posto a fondamento della
decisione dalla Corte di merito laddove afferma la ricorrenza degli
indici propri dell’assoggettamento del lavoratore al potere
organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro (peraltro,
senza tenere conto delle deposizioni dei testi D’Agostino e Savona
richiamate nella decisione del Tribunale di rigetto della domanda della
Lazzarini);
che il primo motivo è inammissibile non essendo conferente con la
motivazione dell’impugnata sentenza che ha fondato la decisione solo
sul concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa prestata dalla
Lazzarini quale rapporto di lavoro subordinato nonostante il “nomen
iuris” adottato dalle parti avendo rilevato che la stessa si svolgeva nei
Ric. 2016 n. 04320 sez. ML – ud. 18-10-2017
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10 settembre 2003, n. 276, nonché nullità della sentenza per violazione

locali dell’azienda, con l’utilizzo di strumenti da quest’ultima messi a
disposizione (computer, telefono, ecc.), in fasce orarie prestabilite con
l’indicazione di obiettivi minimi da raggiungere e dei criteri di
valutazione della prestazione, elementi sussidiari questi che, valutati nel

che il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile:
– è infondato laddove lamenta l’errata applicazione dei principi
affermati da questa Corte con riferimento a casi in cui occorreva
individuare gli indici propri della subordinazione in rapporti di lavoro
autonomo e non, come nel caso in esame, parasubordinato in quanto,
anche con riferimento ad ipotesi di contratto di collaborazione o a
progetto per attività di operatore di “cali center”, i requisiti
fondamentali del rapporto di lavoro subordinato sono stati individuati
in quelli indicati nella impugnata sentenza (Cass. 18018 del 21 luglio
2017; Cass. 21539 del 18 settembre 2013, Cass. n. 4476 del 21 marzo
2012);
– è, altresì, infondato, nella parte in cui denuncia il vizio di
motivazione apparente in quanto nella impugnata sentenza è
chiaramente individuabile l’iter logico posto a fondamento della
decisione ( anche se sinteticamente esposto);
– è inammissibile nella parte in cui lamenta la omessa valutazione
delle deposizioni dei testi escussi senza riportarne il contenuto con
conseguente impossibilità da parte di questa Corte di valutarne la
decisività;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,
sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da
dispositivo;
Ric. 2016 n. 04320 sez. ML – ud. 18-10-2017
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loro complesso, rivelavano la ricorrenza della subordinazione;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di

iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame
(Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e
numerose successive conformi);

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella
misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2017
Il Presidente

stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti

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