Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28190 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. I, 10/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1120/2015 proposto da:

Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Co.meri S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Udine n. 6, presso lo studio

dell’avvocato Annoni Marco, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7504/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/09/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da Anas s.p.a. avverso il lodo arbitrale parziale n. 5/2013 del 8.7.2013 con cui il Collegio arbitrale ha rigettato l’eccezione pregiudiziale di incompetenza arbitrale (sul rilievo della perdurante validità della clausola compromissoria pattuita dalle parti nonostante la sopravvenienza della c.d. Legge Severino n. 190 del 2012) nonchè l’eccezione preliminare di merito di inammissibilità ed infondatezza dei quesiti arbitrali formulati dalla difesa dell’ANAS nel procedimento arbitrale instaurato contro la CO.ME.RI s.p.a..

La Corte d’Appello ha osservato che il lodo parziale in questione non poteva formare oggetto di autonoma impugnazione, dovendo eventualmente essere impugnato unitamente al lodo definitivo, non avendo deciso il giudizio arbitrale o quantomeno una o più domande, ma solo due questioni insorte in via preliminare.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ANAS s.p.a. affidandolo a due motivi.

La COMERI s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’ANAS s.p.a. ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 279 c.p.c. e dell’art. 827 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Lamenta la ricorrente che la questione riguardante gli effetti della sopravvenienza della legge c.d. Severino non incide affatto sulla capacità degli arbitri a decidere, ma influisce direttamente sulla validità ed efficacia della clausola compromissoria, dando quindi luogo ad una questione inerente al merito della controversia e non al rito, con la conseguenza che il dictum arbitrale ha pronunciato in maniera definitiva sulla domanda in oggetto, definendone il relativo giudizio.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 279 c.p.c. e dell’art. 827 c.p.c., comma 3, anche con riferimento alla violazione dell’art. 176 codice dei contratti e del D.Lgs. n. 190 del 2002, art. 8.

Lamenta la ricorrente che la Corte d’Appello, con lo statuire sulla ammissibilità e fondatezza dei quesiti arbitrali formulati da COMERi s.p.a. in relazione alle riserve iscritte, respingendo in termini definitivi la specifica eccezione articolata dalla difesa erariale, ha inciso in termini definitivi sul merito delle specifiche controversie, pronunciando una decisione parziale di merito che ha definito parte del giudizio, che deve essere oggetto di immediata impugnazione ex art. 827 c.p.c., comma 3.

3. Il primo ed il secondo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono infondati.

Va preliminarmente osservato che il richiamo della parte ricorrente all’art. 279 c.p.c., quale norma che sarebbe stata violata dalla Corte d’Appello nel decidere la presente controversia, si appalesa inconferente, atteso che l’unica norma che l’interprete deve esaminare al fine di individuare quali lodi parziali possano formare oggetto di un’autonoma impugnazione è l’art. 827 c.p.c., comma 3, che così recita: “Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo”.

Come ben evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 16963/2014, deve, infatti, escludersi che la nozione di lodo parziale autonomamente impugnabile, stabilita dal citato art. 827, coincida esattamente con quella di sentenza non definitiva di cui all’art. 279 c.p.c., comma 2, la quale, a differenza del lodo arbitrale, può essere oggetto di impugnazione immediata (ai sensi del comma 4 della stessa norma) non solo nel caso previsto al n. 2 in cui la sentenza definisca il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito, ma anche nel caso di cui n. 4), allorquando il giudice, con sentenza, risolva questioni pregiudiziali o preliminari di merito, senza, tuttavia, definire il giudizio.

Con riferimento al lodo parziale, la scelta del legislatore è stata, invece, quella di limitare l’autonoma impugnazione ai soli lodi che in concreto hanno definito il giudizio quantomeno relativamente ad una o più domande e risponde alla ragionevole esigenza di evitare la proliferazione di giudizi di impugnazione che potrebbero rivelarsi del tutto inutili – si pensi alla ipotesi esaminata dalla citata Cass. n. 16963/2014 in cui con il lodo parziale il convenuto sia risultato soccombente rispetto alla eccezione di prescrizione, quando poi con quello definitivo sia rigettata la domanda dell’attore – dovendo, per altro verso, la ratio della immediata impugnabilità collegarsi alla eventuale esecutività del lodo parziale e all’interesse dell’esecutato di opporvisi immediatamente.

Deve quindi darsi continuità all’orientamento inaugurato dalla citata Cass. n. 16963/2014 secondo cui il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827 c.p.c., comma 3, solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi, mentre l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni insorte nel procedimento arbitrale, ma senza definire il giudizio.

Dunque, al fine dell’autonoma impugnabilità del lodo parziale, l’unico parametro da osservare è la verifica che quel lodo abbia definito in tutto o in parte il giudizio, indipendentemente dalla natura di rito o di merito delle questioni trattate (peraltro le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 24153/2013 hanno statuito – diversamente da quanto osservato dalla ricorrente – che l’eccezione di compromesso deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, in considerazione della natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40).

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

Rigetta il ricorso.

P.Q.M.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 14.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte

del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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