Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28188 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. I, 31/10/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24048/2018 proposto da:

A.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE A MANZONI

81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCO PROVERA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 16/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A.Z., cittadino originario del (OMISSIS), propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso, che, confermando le statuizioni di prime cure, ha respinto le domande proposte dal richiedente, ritenendo che non sussistessero i presupposti per la protezione in nessuna delle forme richieste.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

In prossimità dell’odierna adunanza, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge ed il vizio di omesso esame di fatti decisivi, censurando la statuizione che ha negato al richiedente la protezione umanitaria.

Il ricorrente lamenta, in particolare, che la dimostrazione esaustiva delle circostanze che giustificano la richiesta di asilo non può essere posta a carico del richiedente, rendendo eccessivamente difficile la tutela di un diritto fondamentale, lamentando dunque, in buona sostanza, la violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha infatti affermato, avuto riguardo alla censurata statuizione di rigetto della protezione umanitaria, che il richiedente aveva omesso di allegare una specifica situazione di vulnerabilità.

Ed invero, anche in relazione alla protezione umanitaria, l’attivazione da parte del giudice del dovere di cooperazione istruttoria, presuppone l’allegazione in capo al ricorrente di una ben determinata situazione di “vulnerabilità” che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018).

In assenza di tale specifica allegazione, evidentemente, non è neppure astrattamente configurabile la violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

Il secondo motivo denuncia l’omessa pronuncia, la violazione di legge in relazione all’art. 10 Cost., comma 3, nonchè la violazione del dovere di cooperazione istruttoria e l’omesso esame di circostanze decisive, avuto riguardo alla statuizione che ha negato la protezione internazionale.

Il motivo, a parte profili di inammissibilità per mescolanza inestricabile di vizi diversi ed eterogenei, è inammissibile anche sotto altro profilo, in quanto neppure esso si confronta con la ratio della pronuncia impugnata.

La Corte territoriale ha anzitutto rilevato l’inidoneità della situazione prospettata nel ricorso e derivante dalla conversione del richiedente alla religione cristiana, ad integrare i presupposti della protezione sussidiaria; e ciò in quanto nel Togo, paese di origine del richiedente, non sussiste una situazione di repressione della religione cristiana, mentre la generica gravità della situazione politico-economica di detto paese non è di per sè sufficiente per il conseguimento dello status di rifugiato.

La Corte ha altresi accertato che le gravi limitazioni della libertà di espressione in quel pase sono riconducibili piuttosto a ragioni di carattere politico, estranee peraltro alla situazione personale del richiedente, non emergendo che egli si sia mai occupato di politica.

A fronte di tale ratio, che fa riferimento alla stessa carenza di allegazione della domanda del richiedente, non appare pertinente il riferimento, contenuto anche nel presente motivo come in quello precedente, al dovere di cooperazione, che opera, come già evidenziato, su un piano diverso e presuppone che sia stato soddisfatto da parte del richiedente l’onere di allegare in modo specifico e nei limiti consentitigli, gli elementi costitutivi della tutela richiesta.

Del pari infondata la dedotta violazione dell’art. 10 Cost., in relazione all’invocato diritto di asilo. Questa Corte ha più volte affermato che tale diritto è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste in relazione alle diverse forme di protezione interna di residuale diretta applicazione del disposto dell’art. 10 Cost., comma 3 (Cass. 11110/2019; 16362/2016).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi 2.100,00 Euro per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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