Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28185 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. I, 10/12/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 10/12/2020), n.28185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4401/2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Giangiacomo Porro n. 8, presso lo studio dell’avvocato Capriolo

Simona, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pizzoli

Giancarlo, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n.

15, presso lo studio dell’avvocato Gargani Benedetto, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6859/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2020 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – C.A. ricorre per sette mezzi, nei confronti di Intesa Sanpaolo S.p.A., contro la sentenza dell’11 dicembre 2015 con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il suo appello avverso sentenza del Tribunale di Tivoli che aveva rigettato la sua domanda di condanna della banca al pagamento della somma di Euro 175.884,38, oltre al risarcimento del danno, in tesi dovuta in ragione della nullità, annullabilità o risoluzione di due contratti di negoziazione e tre ordini di acquisto aventi ad oggetto obbligazioni (OMISSIS) risalenti al 12 maggio 1997, 9 luglio 1997 e 22 luglio 1998.

2. – Intesa Sanpaolo S.p.A. resiste con controricorso.

3. – Sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. – Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice di merito “accettato una mutatio excipiendi costituita dal richiamo di un contratto di negoziazione che si vuol far risalire al 94 ulteriore e diverso da quello del 97 invocato nella comparsa di costituzione in primo grado, nonchè violazione dell’art. 23 T.U.F. comma 1 e dell’art. 2033 c.c. per avere accettato altresì la palese forma orale del contratto di negoziazione a monte dell’ordine di acquisto del 12.5.1997 il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1369,1370,1373,2730,2731,2732 c.c., sull’espressione “estinto” apposta sul contratto che si pretende far risalire al 1994 nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 23 Tuf, comma 1 e dell’art. 2033 c.c., il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4″.

Il terzo mezzo denuncia violazione e mancata applicazione dell’art. 1350 c.c., n. 13, artt. 2725 e 2729 c.c., per omessa disamina dell’assenza della sottoscrizione della banca dei due contratti di negoziazione con conseguente ulteriore violazione dell’art. 23 Tuf, comma 1 e dell’art. 2033 c.c., il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 214,215,216 c.p.c. e artt. 2712 e 2719 c.c., in quanto non si è tenuto conto che controparte non ha prodotto in giudizio gli originali dei tre ordini di acquisto contestati nella conformità impedendo il normale decorso del procedimento istruttorio: “produzione fotocopie contestazione conformità – produzione originali – verificazione”, il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Il quinto mezzo, dedotto in via consequenziale all’ipotesi di accoglimento del quarto e quindi di inesistenza dei tre ordini di acquisto, denuncia violazione dell’art. 23, comma 1, del Tuf e del D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 18, comma 1, entrato in vigore il 1 settembre 1996, nullità per mancanza di sottoscrizione e quindi insufficiente oralità degli ordini, violazione dell’art. 1352 c.c., per non aver rispettato le parti la forma convenzionale dell’ordine scritto il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Il sesto mezzo denuncia violazione per mancata acquisizione di nozioni di comune esperienza, fatto notorio, per aver trascurato quanto emergeva dalla giurisprudenza di merito nonchè violazione dell’art. 21 Tuf e del D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 17, lett. B, per difetto di informazione, il tutto in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Il settimo mezzo denuncia violazione dell’art. 1418 c.c., comma 2 e art. 1346 c.c., per indeterminatezza dell’oggetto essendo state effettuate le operazioni in grey market.

Ritenuto che:

5. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

6. – Il ricorso è inammissibile.

6.1. – Il primo motivo è inammissibile.

Con esso si denuncia che la Corte d’appello non avrebbe pronunciato sull’eccezione di inammissibilità della “nuova strategia avversaria” (pagina 11 del ricorso) introdotta dalla banca in appello, per aver fondato la propria difesa sul contratto quadro del 1994 e non invece su quello, invocato in primo grado, del 1997: ma è cosa nota che il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale, quale quella così dedotta, non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424). Per conseguenza è inammissibile la seconda parte del primo motivo, con la quale si assume “la palese forma orale del contratto di negoziazione a monte dell’ordine di acquisto del 12.5.1997”, tenuto conto del contratto quadro del 1994: la qual cosa esime dall’osservare ulteriormente la Corte d’appello ha ritenuto che detto ordine di acquisto fosse altresì sorretto dal contratto quadro del 13 maggio 1997, attesa la sostanziale contestualità dell’uno e dell’altro, ratio decidendi, quest’ultima, che il motivo in esame non censura, limitandosi a contrapporre all’affermazione del giudice di merito la constatazione della posteriorità, sia pure di un solo giorno, del contratto quadro rispetto all’ordine di acquisto.

6.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

La Corte d’appello ha ritenuto che una dicitura “estinto” apposta nel 1995 sul contratto quadro del 1994 fosse stata barrata, così come la sottoscrizione del funzionario della banca in calce ad essa, e dovesse pertanto essere giudicata come non apposta.

Orbene, è in proposito agevole richiamare il principio secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355).

Nel caso di specie, lungi dall’individuare specifici criteri normativi violati dal giudice di merito, il ricorrente altro non fa che contrapporre la propria lettura della menzionata dicitura a quella motivatamente adottata dalla Corte d’appello, tanto più che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 2 maggio 2006, n. 10131; Cass. 25 ottobre 2006, n. 22899; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3644; Cass. 20 novembre 2009, n. 24539; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254; Cass. 17 marzo 2014, n. 6125).

6.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

In esso si lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato essenzialmente nel ritenere che tutti e tre gli ordini di acquisto richiedessero la forma scritta e nell’omettere di prendere posizione sulla dedotta nullità del contratto quadro del 1997 per assenza della firma della banca: ma nella sua prima parte il motivo è inammissibile perchè la Corte d’appello ha ritenuto che la forma scritta non difettasse, mentre nella seconda parte è inammissibile perchè privo di autosufficienza.

La sentenza impugnata non prende affatto in considerazione la questione della sottoscrizione del contratto quadro del 1997: sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675). E, nel caso in esame, della questione di nullità del menzionato contratto quadro perchè non sottoscritto non si dà conto sia nel corpo del motivo, sia nel paragrafo dedicato allo svolgimento del processo.

6.4. – Il quarto motivo è inammissibile.

Esso ha ad oggetto la pronuncia, presa dalla Corte d’appello a conferma della decisione di primo grado, concernente la rinuncia tacita del C. al disconoscimento della sottoscrizione e alla contestazione della conformità agli originali degli ordini di acquisto. Anche in questo caso il ricorrente omette di attaccare la ulteriore ratio decidendi secondo cui egli “non avanzò alcuna richiesta di revoca/integrazione del decreto di fissazione dell’udienza che aveva di fatto preso atto della rinuncia implicita all’eccezione”.

6.5. – Il quinto motivo è assorbito, giacchè il suo accoglimento presuppone l’accoglimento del quarto.

6.6. – Il sesto motivo è inammissibile.

Esso muove dall’assunto che la rischiosità delle obbligazioni (OMISSIS) all’epoca dei fatti fosse notoria, ma, a parte il fatto che il ricorso alle nozioni di comune esperienza ed alle presunzioni semplici attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, sicchè la omessa utilizzazione da parte dello stesso del notorio non è censurabile in sede di legittimità (Cass. 18 maggio 2006, n. 11739), la Corte d’appello ha nel caso in esame espressamente escluso la rischiosità dell’investimento perchè “il rating dei bond del paese sudamericano non era assolutamente negativo”, accertamento di merito, quest’ultimo, che il ricorrente, attraverso la menzione del notorio, che peraltro neppure risulta dedotto nella fase di merito, tende inammissibilmente a ribaltare.

6.7. – Il settimo motivo è inammissibile.

Con esso il ricorrente afferma che la Corte d’appello avrebbe male inteso la domanda dichiarazione di nullità degli ordini di acquisto perchè effettuati al grey market, ordini invece validi, avendo le caratteristiche della vendita di cosa futura, giacchè, al contrario, la nullità era stata dedotta sulla base dell’art. 1346 c.c., per indeterminatezza dell’oggetto, secondo quanto affermato da alcune sentenze di merito.

Anche in questo caso il motivo non è autosufficiente: dalla sua lettura, difatti, non riesce punto a comprendersi perchè mai gli acquisti di titoli effettuati al grey market sarebbero in se stessi nulli per indeterminatezza dell’oggetto, tesi che peraltro questa Corte ha già sia pure implicitamente escluso, osservando che la negoziazione al grey market impone anch’essa l’adempimento, da parte dell’intermediario, di obblighi informativi specifici e personalizzati (Cass. 3 maggio 2016, n. 8733).

7. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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