Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28180 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 21/12/2011), n.28180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessand ro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16058-2009 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SpA (OMISSIS) in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore e per essa quale

mandataria la SGC SOCIETA’ GESTIONE CREDITI SRL in persona del suo

amministratore e legale rappresentante ed inoltre ARES FINANCE SRL

(OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante pro tempore –

cessionaria dei crediti della BNL SPA e per essa quale mandataria la

SGC SOCIETA’ GESTIONE CREDITI SRL in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato MACCALLINI CARLO, che le

rappresenta e difende, giuste procure speciali in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.S.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CERRETO DI SPOLETO 24, presso lo studio dell’avvocato ZENIO

CATTIVERA’, rappresentato e difeso dall’avvocato CICCOZZI ALFONSO,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

sul ricorso 23546-2009 proposto da:

D.S.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CERRETO DI SPOLETO 24, presso lo studio dell’avvocato

CATTIVERA ZENIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CICCOZZI

ALFONSO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA (OMISSIS) in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore e per essa quale

mandataria la SGC SOCIETA’ GESTIONE CREDITI SRL in persona del suo

amministratore e legale rappresentante ed inoltre ARES FINANCE SRL

(OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante pro tempore –

cessionaria dei crediti della BNL SPA e per essa quale mandataria la

SGC SOCIETA’ GESTIONE CREDITI SRL in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato MACCALLINI CARLO, che le

rappresenta e difende, giuste procure speciali in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza R.G. 648/07 del TRIBUNALE di L’AQUILA DEL 7.4.08,

depositata il 11/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’1/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per le ricorrenti (riv. R.G. 16058/09) e controricorrenti (ric.

R.G. 23546/09) l’Avvocato Carlo Maccallini che chiede l’accoglimento

del ricorso ed inoltre si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e per l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – Con ordinanza depositata in data 11 agosto 2008 il Tribunale di L’Aquila, decidendo in sede di rinvio sull’opposizione D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170 proposta da Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. e Ares Finance S.r.l. avverso il decreto di liquidazione delle competenze del notaio D.S., delegato (ex art. 591 bis c.p.c.) per le operazioni di vendita relative ad una procedura esecutiva, annullò il decreto impugnato, con integrale compensazione di spese.

2. – Il Tribunale osservò per quanto interessa: il giudice della opposizione ben poteva prendere cognizione degli atti del fascicolo cui la liquidazione si riferiva; da esso risultava che il procedimento di esecuzione era stato dichiarato estinto quando era ormai decorso il termine per la proposizione del reclamo ex art. 630 c.p.c., comma 3; il decreto di liquidazione era stato emesso dal giudice dell’esecuzione quando lo stesso, in ragione della sopravvenuta definitività del provvedimento di estinzione del giudizio, difettava del potere di provvedere sulla relativa istanza di liquidazione del D.S.; la peculiarità in fatto e in diritto della fattispecie rendeva equo compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

3. – Avverso la suddetta sentenza la BNL e la Ares Finance hanno proposto ricorso per cassazione notificato il 26 giugno 2009 e articolato in cinque motivi.

Il D.S. ha resistito con controricorso notificato il 2 ottobre 2009.

4.- Successivamente costui ha proposto autonomo ricorso notificato il 23 ottobre 2009 e affidato ad un unico motivo, cui BNL e Ares Finance hanno resistito con controricorso.

BHL e Ares Finance hanno presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE 1 – I due ricorsi, proposti ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso lo stesso provvedimento, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2.1 – Con il primo motivo le ricorrenti principali lamentano omessa pronuncia in ordine alle spese del giudizio di cassazione; omessa pronuncia in ordine alle spese del giudizio di opposizione ex art. 170 c.p.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 385 c.p.c., comma 2.

2.2. – Con il secondo motivo, connesso al primo, BNL e Ares Finance lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 383, 392 e 394 in relazione all’omessa pronuncia alle spese del giudizio di cassazione.

2.3 – Le censure in esame, come del resto anche le successive, esigono un’attività interpretativa dell’ordinanza impugnata. Questa, attribuitasi la facoltà – contestata dal resistente – di esaminare il fascicolo processuale relativo all’espropriazione nella quale il notaio delegato svolse l’attività oggetto del provvedimento impugnato, ha affermato:

1) alla data della pronuncia dell’ordinanza di estinzione risultava ormai spirato il termine per proporre reclamo; 2) il decreto di liquidazione impugnato andava annullato poichè emesso dal giudice dell’esecuzione quando, divenuto definitivo il provvedimento di estinzione del giudizio, egli non aveva più il potere di provvedere sull’istanza di liquidazione presentata dal notaio, di cui però non negava il diritto di recuperare le proprie spettanze in forme diverse; 3) considerata la peculiarità in fatto e in diritto della fattispecie esaminata, pareva equo compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

Da quanto sopra sintetizzato, si evince chiaramente che il Tribunale non ha omesso la pronuncia sulle spese nè del giudizio di cassazione, nè del giudizio di opposizione, avendo ritenuto equo compensare totalmente quelle relative all’intero procedimento.

Non sussiste al riguardo alcun vulnus al dictum della sentenza di annullamento, poichè la Corte, allorchè rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione, spese che, ove lo ritenga opportuno, può liquidare direttamente, non obbliga il giudice di rinvio a porle a carico dell’una o dell’altra parte, ma lo delega ad effettuare la liquidazione con libertà di apprezzamento tenendo conto dell’esito globale della controversia e degli elementi di fatto e di diritto che presiedono alla liquidazione delle spese processuali.

3.1.- Con il terzo motivo le ricorrenti principali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 in relazione alla statuizione della compensazione delle spese relative al giudizio di rinvio.

3.2.- Il quesito finale attiene al concetto di “giusti motivi” che consentono la compensazione delle spese di lite, ma involge la motivazione dell’ordinanza.

Ma (confronta, per tutte, Cass. S.U. n. 20598 e n. 20599 del 2008) per motivare sufficientemente la statuizione di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali.

Nella specie dalla motivazione della sentenza impugnata si evince agevolmente che i giusti motivi, esplicitati con la formula sopra riferita, di compensazione delle spese sono stato ravvisati nella sostanziale fondatezza della pretesa del D.S. a fronte della quale si è posta la non perseguibilità con il rito conclusosi con un errore imputabile al giudice dell’esecuzione.

4.- L’interpretazione sopra adottata dell’ordinanza del Tribunale e quanto appena sopra enunciato determinano anche il rigetto del quarto motivo, mediante il quale viene ipotizzata violazione e falsa applicazione dell’art. 385 c.p.c., comma 2 in relazione alla statuizione di compensazione delle spese relative al giudizio di rinvio e del quinto motivo, che adduce insufficienza di motivazione in relazione alla suddetta compensazione.

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Perciò, quante volte la parte postula che il punto della decisione è stato deciso in modo erroneo – perchè il fatto non è stato ricostruito in modo logico, mentre una volta che lo fosse stato in modo logicamente corretto, avrebbe poi dovuto essere anche diversamente deciso in diritto – il ricorrente, deve prima e separatamente fornire dimostrazione del vizio di motivazione e poi porre il diverso modo d’essere del fatto, da lui postulato, a base del quesito di diritto.

Il motivo di difetto di motivazione consiste nella esposizione di ragioni che avrebbero reso possibile una diversa valutazione delle prove, ma non ne dimostra una intrinseca contraddittorietà nè individua prove che, non prese in considerazione, se lo fossero state avrebbero reso illogica la decisione assunta. In particolare non risulta soddisfatta l’esigenza, imposta dall’art. 366 bis c.p.c., di chiarezza nella indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero insufficiente a giustificare la decisione.

5.1 – Il ricorso incidentale del D.S., che lamenta violazione degli artt. 384, 394 e 161 c.p.c. con riferimento al pronunciato annullamento del decreto, è inammissibile per due distinti ordini di ragioni.

5.2 – In primo luogo esso è tardivo poichè la notifica del ricorso principale (in data 4 giugno 2009) ha fatto decorrere il termine breve di sessanta giorni utile per la proposizione del ricorso, il successivo 30 luglio è terminata la sospensione dei termini processuali in conseguenza degli eventi sismici che hanno colpito l’Abruzzo e in materia di esecuzioni non si applica la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, per cui il ricorso del D.S. è stato notificato (in data 2 ottobre 2009) quando il predetto termine era ormai scaduto. 5.3.- Sotto diverso profilo, la formulazione del quesito di diritto non soddisfa le esigenze perseguite dall’art. 366-bis c.p.c..

E’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Il quesito formulato dal ricorrente non postula l’enunciazione di un principio di diritto, fondato sulle norme indicate, che sia, al tempo stesso, decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata, ma si sostanzia nella richiesta di verifica della negata correttezza della ordinanza impugnata.

6 – Il ricorso principale deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato, mentre il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile; le stesse ragioni addotte dall’ordinanza impugnata valgono a giustificare la compensazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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