Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2818 del 12/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2818 Anno 2016
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 11329-2013 proposto da:
BAIA DUE FRATI S.R.L. (P.I. 07966430634), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G. BAGLIVI 3, presso
l’avvocato FRANCESCO TRAMONTANO, rappresentata e

Data pubblicazione: 12/02/2016

difesa dall’avvocato FRANCESCO ANTONIO GANGUZZA,
2015

giusta procuraa margine del ricorso;
– ricorrente –

2097

contro

CRAL POSTE – CIRCOLO RICREATIVO AZIENDALE LAVORATORI
DI POSTE ITALIANE CRALPOSTE, in persona del legale

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rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
VIA PASUBIO

in ROMA,

15, presso l’avvocato DARIO

BUZZELLI, che lo rappresenta e difende, giusta
procura a margine del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 4084/2012 della

CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/12/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito,

per la ricorrente, l’Avvocato GANGUZZA che si

riporta agli atti;
udito,

per il controricorrente, l’Avvocato IANNI

FICORILLI, con delega, che si riporta al
controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO.
1. Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. depositato il 18 luglio 2006, il
CRAL Poste di Roma adiva il Tribunale di Napoli, chiedendo accertarsi che il contratto di affitto di azienda, stipulato con la società
Baia Due Frati s.r.I., si era risolto in data 31 marzo 2006, e condannarsi l’intimata alla restituzione dei locali siti in Napoli, alla via Posil-

società intimata resisteva, spiegando domanda riconvenzionale diretta ad ottenere l’accertamento che il contratto de quo non era da
inquadrare nella fattispecie dell’affitto di azienda, bensì in quella
della locazione di immobile per uso diverso da quello abitativo, regolato dalle vigenti norme di legge. Il Tribunale adito, con sentenza
n. 2806/2011, depositata il 7 aprile 2011, rigettava la domanda
principale, assorbita quella incidentale, per difetto di legittimazione
attiva del ricorrente CRAL Poste di Roma, ritenendo il giudice adito
che il rapporto controverso facesse capo al CRAL provinciale, per
avere quest’ultimo sottoscritto il contratto di affitto in questione.
2. Avverso tale pronuncia proponeva appello il CRAL Poste di Roma,
con ricorso depositato il 6 aprile 2012. La Corte di Appello di Napoli,
con sentenza n. 4084/2012, depositata il 6 marzo 2013, in parziale
accoglimento del gravame, riteneva che il CRAL di Napoli costituisse
una mera articolazione territoriale dell’unica associazione nazionale
e, dopo avere qualificato il contratto intercorso tra le parti come
locazione ad uso diverso da quelle abitativo e non come affitto di
azienda, rigettava la domanda di rilascio dell’immobile per essersi il
rapporto di durata sessennale, ex art. 27 della legge n.392 del
1978, tacitamente rinnovato alla scadenza. La Corte condannava,
quindi, la società conduttrice al solo pagamento dei canoni nel frattempo maturati.
3. Per la cassazione della sentenza n. 4084/2012 ha proposto,
quindi, ricorso la Baia Due Frati s.r.l. nei confronti del CRAL Poste di
Roma, affidato a quattro motivi.
4. Il resistente ha replicato con controricorso. Entrambe le parti
hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ.

lipo n. 36/b, nonché al risarcimento dei danni subiti. All’azione la

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– 2 –

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la Baia Due Frati s.r.l. denuncia la
violazione degli artt. 2697 cod. civ., 414, 416, 418 e 420 cod. proc.
civ., nonché l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc.
civ.

appello non abbia riformato la sentenza di prime cure, nella parte in
cui il Tribunale – ai fini di decidere in ordine alla questione, sollevata dalla società nelle memoria difensiva ex art. 416 cod. proc. civ.,
di difetto di legittimazione attiva del CRAL Poste di Roma – aveva
tenuto conto di documenti (l’atto costitutivo del CRAL del 1996, lo
statuto dell’ente del 2002, quello del 2004 ed i relativi regolamenti)
prodotti dal ricorrente CRAL Poste solo con la memoria integrativa
del 7 giugno 2007, e non in allegato al ricorso introduttivo. Sostiene, invero, la istante che nel rito del lavoro, cui sono soggette – in
..

forza del richiamo delle relative norme operato dall’art. 447 bis cod.
proc. civ. – le controversie in materia di locazione, il ricorrente deve, a pena di decadenza, produrre tutti i documenti atti a fondare la
pretesa dedotta in giudizio, compresa la legittimazione ad agire e la
titolarità attiva del rapporto. La Corte territoriale non avrebbe, dunque, dovuto tenere conto dei documenti prodotti dal CRAL Poste
solo con la memoria integrativa suindicata.
1.2. Sul piano motivazionale, la società lamenta, poi, che, sia in
primo che in secondo grado, l’eccezione dalla medesima proposta,
di inammissibilità della produzione documentale tardivamente effettuata, non sia stata esaminata affatto dal Tribunale e dalla Corte di
Appello, avendo entrambi omesso di pronunciarsi sull’eccezione in
parola
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Sotto il profilo del vizio motivazionale, la censura è da ritenersi inammissibile. La ricorrente denuncia, invero, un vizio di motivazione, laddove – avendo il motivo di ricorso ad oggetto una pretesa omessa pronuncia sull’eccezione di tardività della produzione

1.1. La società Baia Due Frati s.r.l. si duole del fatto che il giudice di

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documentale effettuata dal CRAL Poste nel primo grado del giudizio
– l’istante avrebbe dovuto dedurre la nullità della sentenza di appello, per violazione del disposto di cui agli artt. 112 e 360, comma 1,
n. 4 cod. proc. civ. (Cass.S.U. 17931/2013; Cass. 21257/2014).
1.2.2. Sotto il profilo della violazione di legge (artt. 414, 416, 418 e
420 cod. proc. civ.), il motivo è da ritenersi del tutto infondato.

cazione dei documenti, nell’atto introduttivo del giudizio di primo
grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, e l’omesso
deposito degli stessi contestualmente a tali atti, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti medesimi. E tuttavia, siffatto rigoroso sistema di preclusioni trova un contemperamento, ispirato all’esigenza di coniugare il principio dispositivo con
la ricerca della “verità reale”, nei poteri d’ufficio del giudice – intesi
alla luce del principio del giusto processo e dell’art. 6 della CEDU in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art.
421 cod. proc. civ. (e dell’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ.,
nel giudizio di appello (Cass. 2577/2009; 21124/2009;
18410/2013). Ne discende che, sebbene l’omessa indicazione
nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella comparsa di risposta, dei documenti, anche attinenti ad eccezioni rilevabili d’ufficio, nonché il loro mancato deposito insieme a detti atti,
anche se in questi espressamente indicati, producano, in via di principio, la decadenza dal diritto di produrli nel corso del giudizio, tale
conseguenza processuale non si verifica nell’ipotesi in cui si tratti di
documenti formati successivamente all’instaurazione del giudizio, o
quando – come nella specie – la relativa produzione sia giustificata
dallo sviluppo del processo (cfr. ex plurimis, Cass.S.U. 8202/2005;
Cass. 775/2003; 9021/2005; 5465/2006; 11922/2006;
14696/2007; 19810/2013; 10102/2015; 14820/2015).
1.2.2.2. Nel caso concreto, per ammissione della stessa ricorrente
(p. 11 del ricorso), “appare indiscutibile che i documenti prodotti dal
CRAL con la memoria integrativa (….) hanno avuto l’unico scopo di
resistere all’eccezione di difetto di difetto di titolarità attiva”, propo-

1.2.2.1. Va osservato, infatti, che nel rito del lavoro l’omessa indi-

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sta dalla società resistente. Deve, pertanto, ritenersi che la produzione dei documenti in discussione – avvenuta, non con il ricorso
introduttivo, ma solo con la memoria integrativa – si sia resa necessaria, da parte del CRAL ricorrente, per controdedurre ad una specifica eccezione proposta dalla controparte e che, pertanto, tale acquisizione documentale – consentita in forza dei suindicati poteri
ufficiosi del giudice nel rito del lavoro – sia pienamente giustificata
dallo sviluppo del giudizio.
1.3. La censura va, pertanto, disattesa.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la Baia Due Frati s.r.l. denuncia
la violazione degli artt. 36, 37, 38, 1362 e ss., 1387 cod. civ. e 75
cod. proc. civ., nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione
su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360,
comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
2.1. Avrebbe errato il giudice di appello, ad avviso della Baia Due
Frati s.r.I., nel ritenere che il CRAL di Napoli costituisca una mera
articolazione territoriale dell’unica associazione nazionale, laddove
le risultanze documentali in atti – di qui anche il denunciato vizio
motivazionale – e segnatamente gli statuti del CRAL succedutisi nel
tempo, evidenzierebbero che il Circolo provinciale di Napoli costituisce un’associazione non riconosciuta autonoma rispetto al CRAL
centrale di Roma. Ne conseguirebbe il difetto di legittimazione attiva del CRAL Poste centrale ad agire nel presene giudizio, essendo
stato il contratto di locazione per cui è causa sottoscritto dal legale
rappresentante del CRAL Poste di Napoli.
2.2. Il motivo non può essere accolto.
2.2.1. Sotto il profilo del vizio di motivazione, la censura – così come formulata dalla ricorrente (“motivazione illogica, erronea, insufficiente e contraddittoria”) – è, invero, inammissibile.
Va – difatti – osservato, in proposito, che l’art. 360, co. 1, n. 5, cod.
proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d. I. n. 83 del 2012, convertito
nella I. n. 134 de 2012 (applicabile alla fattispecie concreta ratione
temporis), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico,

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principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Ne consegue che l’omesso o non corretto esame di elementi o di istanze istruttorie non
integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in

conto di tutte le risultanze probatorie in atti. E neppure possono
essere più dedotti – nella vigenza del nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., i vizi di insufficiente motivazione
(Cass.S.U. 8053 e 8054/2014; Cass. 25216/2014) e di contraddittoria motivazione della sentenza impugnata (Cass. 13928/2015).
Per il che è evidente che la censura in esame, in quanto proposta in
riferimento al non corretto esame delle risultanze documentai in atti
ed all’incongruenza ed inadeguatezza della motivazione della decisione impugnata, non può essere considerata ammissibile.
2.2.2. Ad identica conclusione deve, peraltro, pervenirsi anche per
quanto concerne il profilo della violazione di legge (artt. 36 e ss.,
1387 cod. civ. e 75 cod. proc. civ.). Ed invero, il motivo in esame si
concreta sostanzialmente nella sottoposizione alla Corte di questioni
di merito, concernenti l’interpretazione dei diversi statuti del CRAL,
onde inferirne, al contrario di quanto affermato dal giudice di seconde cure, una pretesa autonomia del CRAL provinciale rispetto
alla struttura centrale. Orbene, sul tema, questa Corte ha già avuto
modo di precisare che, in tema di associazioni non riconosciute,
stabilire se una struttura organizzativa locale che fa capo ad un’associazione avente carattere nazionale costituisca un organo di quest’ultima, ovvero sia invece, a sua volta, un’associazione munita di
autonoma legittimazione negoziale e processuale, configura una
questione che non attiene alla “legitimatio ad causam” – esaminabile quest’ultima dal giudice d’ufficio, in ogni stato e grado del processo – bensì alla titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in
giudizio. Siffatta questione, involgendo un accertamento di fatto da
condurre sulla scorta dello statuto dell’associazione, attiene, pertan-

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considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato

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to, al merito della lite non deducibile in sede di legittimità (cfr.
Cass. 16076/2002; 23088/2013).
Nel caso concreto, la Corte di Appello ha proceduto alla qualificazione del CRAL di Napoli come articolazione territoriale del CRAL di
Roma, alla stregua di un accurato ed approfondito accertamento
(pp. 9 e ss.) condotto sui diversi statuti dell’ente succedutisi nel

è di certo rivisitabile in sede di legittimità.
2.3. Per tali ragioni la censura va, pertanto, dichiarata inammissibile.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la Baia Due Frati s.r.l. denuncia la
violazione degli artt. 99, 101 e 112 cod. proc. civ., 27, 28 e 67 della
l. 27 luglio 1978, n. 392, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e
4 cod. proc. civ.
3.1. La ricorrente denuncia il vizio di ultrapetizione nel quale sarebbe incorsa l’impugnata sentenza, nella parte in cui avrebbe determinato d’ufficio la scadenza del contratto di locazione, senza limitarsi a qualificare il contratto come locazione immobiliare e non
come fitto di azienda, in conformità alla richiesta avanzata in giudizio dalla Baia Due Frati s.r.l.
3.2. Il motivo è infondato.
3.2.1. Non può, difatti, ritenersi sussistente la dedotta ultrapetizione, posto che la Corte di Appello si è limitata ad affermare, peraltro
in via del tutto incidentale, che il contratto sarebbe scaduto in data
31.3.2015, per effetto della tacita rinnovazione alla scadenza, in
accoglimento ed in piena conformità alla domanda riconvenzionale
proposta dalla società appellata, secondo la quale il contratto de
quo sarebbe stato soggetto ai “termini di scadenza e di rinnovo”
previsti dalla legge per i contratti di locazione ad uso diverso da
quello abitativo. Sicchè non può ritenersi che la Corte territoriale
abbia accordato alla parte interessata un bene della vita diverso da
quello richiesto in giudizio, nel che soltanto può sostanziarsi il denunciato vizio di ultrapetizione (cfr. Cass. 455/2011; 18868/2015).

tempo, e tale giudizio di fatto, inerendo al merito della vicenda, non

3.2.2. Ne discende che il mezzo in esame non può che essere rigettato.
4. Con il quarto motivo di ricorso, la Baia Due Frati s.r.l. denuncia la
violazione degli artt. 99, 101 e 112 cod. proc. civ., 1591, 1218 e
2948 n. 3, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4
cod. proc. civ.

sarebbe incorso ulteriormente in ultrapetizione, per avere accolto la
domanda dei CRAL Poste condannando la società appellata al pagamento dei canoni locatizi scaduti, laddove la domanda proposta in
primo grado dall’ente era di risarcimento del danno ai sensi dell’art.
1591 cod, civ., per ritardata consegna del bene locato rispetto alla
pretesa risoluzione del rapporto locatizio, avvenuta – secondo il
CRAL Poste di Roma – il 31 marzo 2006.
4.2. E’, tuttavia, da escludersi – anche in relazione al motivo in
esame – che la Corte di merito abbia attribuito alla parte interessa!

ta un bene della vita non richiesto, considerato che nel ricorso introduttivo (trascritto dalla stessa ricorrente a p. 41 del ricorso per
cassazione) il CRAL aveva richiesto la condanna della Baia Due Frati
s.r.l. “a risarcire tutti i danni subiti e subendi per la mancata disponibilità del complesso aziendale da parte di CRAL Poste, che sin da
ora si quantificano nella mancata percezione dei canoni (…)”. Ebbene, la Cotte di Appello ha provveduto ad accogliere “la domanda
risarcitoria da mancato pagamento delle rate trimestrali di canone
così come specificato nel ricorso in appello”, ed ha condannato la
Baia Due Frati s.r.l. al pagamento dei canoni scaduti nel corso del
giudizio e non pagati dalla conduttrice, a decorrere dall’anno 2006
fino all’anno 2012, in conseguenza dell’accertata scadenza dei contratto al 31 marzo 2015, conseguente alla qualificazione del medesimo come locazione ad uso diverso da quello abitativo, soggetto
alla disciplina di cui all’art. 27 della legge n.392de1 1978. Sicchè la
pronuncia – avendo ad oggetto i canoni non corrisposti dalla locataria, così come richiesto dal CRAL Poste – si palesa del tutto omologa

e

4.1. La Baia Due Frati s.r.l. deduce che il giudice di seconde cure

alla domanda avanzata da quest’ultimo in giudizio, in conformità al
disposto di cui all’art. 112 cod. proc. civ.
4.3. La censura va, pertanto, disattesa.
5. Il ricorso proposto dalla Baia Due Frati s.r.l. deve, di conseguenza, essere integralmente rigettato.
6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in C 10.000,00, oltre ad C 200,00 per esborsi,
spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1
quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione
Civile, il 16.12.2015.

misura di cui in dispositivo.

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