Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28178 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 21/12/2011), n.28178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17105/2009 proposto da:

COMUNE DI CARPINO (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SANTA CROCE IN GERUSALEMME

1, presso lo studio dell’avvocato GIANGUALANO GIANFRANCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MACCARONE Antonio, giusta Delib.

2 luglio 2009, n. 86 e giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.V.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato FOLLIERI

ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato FOLLIERI Rosario, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 145/2009 del TRIBUNALE di LUCERA – Sezione

Distaccata di RODI GARGANICO, depositata il 13/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’1/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Gianfranco Giangualano (per delega

avv. Antonio Maccarone) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal tribunale di Lucera – sezione distaccata di Rodi Garganico il 13.5.2009 ed in pari data depositata in tema di opposizione in materia esecutiva. Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Il ricorso rispetta i requisiti di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ..

Il ricorrente propone due motivi.

Con il primo denuncia violazione di norme di diritto (artt. 482, 615 e 654 c.p.c. e D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14) e vizi motivazionali.

Con il secondo denuncia la violazione dell’art. 183 cod. proc. civ. e D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14 e vizi motivazionali.

Il secondo motivo per la priorità logico-giuridica della questione trattata va esaminato per primo.

Vi si sostiene l’erroneità della sentenza impugnata che ha ritenuto tardivamente proposta, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., l’eccezione relativa al mancato rispetto del termine dilatorio di gg.

120, di cui al D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14, concesso alla P.A. prima di potere procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Il motivo non è fondato.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che l’art. 183 cod. proc. civ., nel testo di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, vigente fino al 1 marzo 2006, applicabile ratione temporis nel caso in esame – dispone, al quarto comma, che nella prima udienza di trattazione l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto ed entrambe le parti possono precisare e modificare le domande e le conclusioni già formulate (Sez.un. 14.2.2011 n. 3567).

Ne deriva che, nell’ipotesi in esame, l’opponente avrebbe dovuto proporre l’eccezione – non rilevabile d’ufficio – relativa al mancato decorso del termine previsto dal D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14 (convertito in L. 28 febbraio 1997, n. 30), così come modificato dalla L. n. 388 del 2000, art. 147, di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo al più tardi in sede di prima udienza di trattazione, non potendo avvalersi delle memorie da depositare nei termini fissati all’art. 183 cod. proc. civ., comma 5, in quanto finalizzate esclusivamente a consentire alle parti di precisare e modificare le domande e le eccezioni già proposte e di replicare alle domande ed eccezioni formulate tempestivamente, ma non a proporne di ulteriori, non essendo ammissibile estendere il thema decidendum.

La tardività della proposizione dell’eccezione rende, pertanto, irrilevante, nella specie, l’esame del primo motivo che pur sarebbe stato, diversamente, fondato, posto che l’opposizione proposta dalla P.A. avverso il precetto intimato prima del decorso del termine, previsto dal D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14 (convertito in L. 28 febbraio 1997, n. 30), così come modificato dalla L. n. 388 del 2000, art. 147, di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione e non come opposizione agli atti esecutivi.

La disposizione citata pone, infatti, un intervallo tra la notifica del titolo esecutivo e quella del precetto, prima del quale l’esecuzione forzata non può essere intrapresa: pertanto, il decorso del termine legale diviene condizione di efficacia del titolo esecutivo, la cui inosservanza, per l’inscindibile dipendenza del precetto dall’efficacia esecutiva del titolo che con esso si fa valere, rende nullo il precetto intempestivamente intimato, con la conseguenza che la relativa opposizione si traduce in una contestazione del diritto di procedere all’esecuzione forzata e integra un’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., comma 1, non concernendo solo le modalità temporali dell’esecuzione forzata (Cass. 26.3.2009 n. 7360; Cass. 14.10.2005 n. 19966; v. anche Cass. n. 23084/05; Cass. 20330/06; Cass. 15469/07).

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il ricorrente è stato ascoltato in camera di consiglio.

Il resistente ha presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e liquidate come in dispositivo con distrazione in favore del difensore antistatario, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del resistente liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del ricorrente che ha dichiarato di avere anticipato le spese e non riscosso gli onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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