Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28172 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11682/2013 R.G. proposto da:

C.D., rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

ricorso, dall’Avv. Mario Girardi, elettivamente domiciliato presso

il suo studio in Roma, via Aurelia n. 353;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 218/23/2012, depositata il 25 ottobre 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto da C.D. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta, che aveva rigettato il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, per l’anno 2004, dalla Agenzia delle entrate, utilizzando lo strumento del “redditometro”, sulla base di alcuni parametri costituiti da: possesso di due residenze, una principale di mq. 227 in Rocca D’Evandro, e l’altra (per dieci mesi) a Terracina; mutuo ricevuto con iscrizione di ipoteca sull’immobile; incrementi patrimoniali per il periodo, tra cui un versamento di Euro 321.000,00 quale socio della Omnia Service a titolo di “anticipazioni infruttifere”, con quota di 1/5 nel 2004 pari ad Euro 60.243,69; versamento di Euro 12.000,00 al Trust Vanesia; pagamento di premio assicurativo per Euro 495,00; acquisto auto per Euro 17.218,44. Il giudice di appello rilevava che la capacità contributiva era connessa al possesso di due abitazioni, una principale ed una secondaria, dall’acquisto di beni immobili e di “autovetture”, dalla stipula di “assicurazioni”, da versamenti per Euro 321.000,00 come anticipazione soci ed Euro 12.000,00 al Trust Vanesia; il contribuente non aveva fornito prove sulla diversa metratura dell’abitazione principale, nè su quella della abitazione di Terracina (secondaria), nè sull’approvvigionamento di capitali presso terzi.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.

3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5; violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, in quanto il giudice di appello non ha tenuto in alcun conto delle deduzioni prospettate dalle contribuente nell’atto di gravame, nè della documentazione prodotta a dimostrazione degli errori commessi dall’Amministrazione. In particolare, il giudice di appello non considera in alcun modo che l’abitazione principale era costituita da un primo piano, di superficie “utile”, e da una seminterrato, di superficie “non utile” e, tanto che non venivano pagate neppure le imposte comunali. L’appellante, invece, aveva prodotto le planimetrie, lo stralcio delle modello DOCFA, le visure, le relazioni tecniche e le dichiarazioni catastali aggiornate, da cui emergeva la diversa superficie ridotta, rispetto a quella considerata dall’ufficio pari a metri quadrati 227.

Inoltre, la commissione regionale ha fatto erroneo riferimento alla metratura della abitazione secondaria di Terracina (” l’appellante continua a trincerarsi dietro presunte divergenze nella metratura dell’abitazione principale, quando la fonte dell’ufficio è di natura pubblica, nulla prova per la metratura dell’abitazione a Terracina, ubicata in una delle località balneari più rinomate della costa del Circeo”), mostrando palesemente di avere mal compreso ed equivocato il contenuto della impugnazione. La divergenza nella metratura, infatti, atteneva alla abitazione principale, mentre, per quella secondaria, vi era la diversa questione relativa alla mancata partecipazione alle spese di acquisto e di mantenimento, essendo stata acquistata con il denaro proveniente dai genitori della ex moglie (famiglia D.L.) ed intestata alla figlia minore con autorizzazione del giudice tutelare al curatore speciale, che era lo zio materno D.L.A..

La commissione regionale non ha, poi, risposto neppure in relazione alla questione sulla calcolo e sul computo delle rate di mutuo immobiliare, in quanto, in caso di possesso dell’immobile senza mutuo, il valore del possesso era di Euro 20.032,75, mentre con il mutuo, era il doppio, pari quindi ad Euro 41.331,80. Inoltre, l’ipoteca non era stata iscritta per un mutuo contratto per l’acquisto o la costruzione dell’immobile, ma per un finanziamento a garanzia del quale era stata appunto iscritta ipoteca.

In ordine agli incrementi patrimoniali, il contribuente aveva prodotto i documenti a dimostrazione che la somma di Euro 175.000,00 era stata versata dal cognato D.L.W., come risultava dall’estratto conto della banca Fideuram del primo trimestre dell’anno 2004, con l’ultimo assegno circolare (a saldo) del 29-3-2004 di Euro 105.105,60, correlato a tale bonifico.

L’acquisto dell’autovettura non poteva essere considerato ai fini del “redditometro”, in quanto tale acquisto si riferiva all’esercizio della sua attività di impresa (agente e rappresentante di commercio), e l’auto era utilizzata esclusivamente nell’ambito dell’impresa, come risultava dal registro dei cespiti ammortizzabili.

Tutti i documenti indicati e le questioni elencate non sono stati presi in alcuna considerazione dal giudice di appello.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la ” omessa pronuncia su alcuni motivi del gravame con una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 360 c.p.c., n. 4; violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.”, in quanto, ad eccezione della questione attinente alla superficie dell’abitazione principale e di quella relativa all’importo di Euro 175.000,00, tutte le altre richieste sono rimaste completamente ignorate e quindi prive di qualsivoglia “pronunciamento” da parte del giudice. Nulla, infatti, si riferisce in ordine al difetto ed alla carenza di motivazione dell’atto impositivo, nè in relazione all’abitazione secondaria, nè per quanto riguarda il computo delle rate di mutuo e la loro incidenza sul calcolo del reddito presunto, nè sull’esclusione degli importi connessi all’acquisto dell’autovettura.

3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della ” violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3,53 e 111 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, degli artt. 112-115-116 e 132 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e del D.M. 10 settembre 1992″, in quanto nella sentenza impugnata vi è stata violazione di tutte le norme sopra richiamate, stante il difetto e la carenza di motivazione della stessa, il mancato pronunciamento su tutte le richieste sottoposte al suo esame, l’omessa o erronea valutazione delle eccezioni e delle prove offerte, con particolare riferimento al principio della “effettiva capacità contributiva”.

4. Il primo motivo è fondato.

4.1. Invero, la sentenza della Commissione regionale è stata depositata il 2510-2012, sicchè trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, in vigore per le sentenze depositate a decorrere dall’11-9-2012, sicchè la censura sulla motivazione deve essere strutturata come omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti.

E’ vero che, nella specie, il ricorrente ha enunciato nella rubrica del primo motivo il vizio sulla motivazione come declinato dalla precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione anteriore al D.L. n. 83 del 2012, e quindi come “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, ma nel corpo del motivo sono stati indicati in modo espresso i fatti decisivi il cui esame è stato del tutto omesso dalla Commissione regionale.

Va chiarito che la sentenza non è però meramente apparente, come pure dedotto nel motivo, anche con l’indicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto la motivazione non solo esiste graficamente, ma sono indicati gli elementi di fatto, anche se alcuni in modo acritico e superficiale.

La motivazione della sentenza risulta ricalcata sulle controdeduzioni in appello dell’Ufficio, come emerge comparando le controdeduzioni (riportate a pagina 3 del contoricorso della Agenzia delle entrate) e la motivazione della sentenza della Commissione regionale. E’ del tutto identico il passo da “l’accertamento in parola…” sino a “nei quattro anni precedenti”, nonchè da “in buona sostanza” sino a metratura dell’abitazione principale”, oltre alla espressione “Terracina…una delle località balneari più rinomate della costa del Circeo”.

4.2. In tale sentenza non si tiene, però, in alcun conto di elementi di fatto decisivi ai fini della decisione della controversia. In particolare, in ordine alla abitazione adibita a residenza principale il contribuente, in sede sia di ricorso di primo grado che di appello, ha dedotto che tale immobile era stato considerato per la superficie di mq. 227, mentre era composto da un primo piano, e da un piano seminterrato, che, però, non aveva superficie “utile”, tanto che non venivano pagate le imposte comunali, come risultata dalle planimetrie, dalle visure catastali aggiornate, dal DOCFA e dalla relazione tecnica.

Sul punto il giudice di appello si è limitato a fare riferimento al possesso di due abitazioni “quella principale e quella secondaria”, oltre alla indicazione della fonte della metratura che era “pubblica”.

4.3. Inoltre, in relazione alla abitazione secondaria, il contribuente ha sin dall’inizio del processo allegato e provato che tale abitazione era stata acquistata con il denaro della famiglia della ex moglie, con successiva intestazione alla figlia minore, previa autorizzazione del giudice tutelare al curatore speciale che era lo zio materno D.L.A., con produzione di tutti i documenti necessari.

Il giudice di appello, invece, incorre in un palese errore, omettendo ogni considerazione sulla effettiva censura e affermando che la misurazione di tale abitazione era corretta, benchè il ricorrente non avesse mai posto in discussione tale metratura (“l’appellante…nulla prova per la metratura dell’abitazione a Terracina, ubicata in una delle località balneari più rinomate della costa del Circeo”).

4.4. In ordine alle rate di mutuo, il ricorrente sin dall’inizio ha contestato due aspetti: da un lato, la circostanza che la disponibilità del mutuo comporta un reddito in base ai parametri di Euro 41.331,80, mentre in assenza di mutuo, il possesso della stessa abitazione portava ad un reddito “parametrico” di Euro 20.032,75, quindi della metà; dall’altro, che poteva essere considerato per i parametri solo il mutuo contratto per l’acquisto o la costruzione dell’immobile, mentre, nella specie, il mutuo costituiva solo un finanziamento a garanzia del quale era stata iscritta ipoteca.

Su entrambe le questioni la Commissione regionale non incentra in alcun modo la sua motivazione.

4.5. Sulla residenza secondaria acquistata con denaro della famiglia della ex moglie ed intestata alla figlia minorenne, in virtù di autorizzazione del giudice tutelare, con curatela speciale allo zio materno D.L.A., non v’è traccia in motivazione.

4.6. Sul prestito di Euro 175.000 da parte del cognato D.L. non si sofferma in alcun modo la motivazione del giudice di appello, giungendo ad affermare che “l’appellante…non fornisce prove certe circa l’approvvigionamento di capitali presso terzi”, mentre risultano prodotti in atti i documenti relativi, costituiti dall’ordine di bonifico di D.L.W. in data 9-3-2004, con l’indicazione della causale, la copia dell’estratto conto bancario della Banca Fideuram, la correlazione tra tale bonifico di accredito e gli assegni circolari emessi dallo stesso conto corrente bancario per il pagamento dell’acquisto dell’immobile da parte della società, cui afferiva l’anticipazione alla società per Euro 321.000,00.

Sul punto in motivazione si fa solo riferimento ai “versamenti di Euro 321.000,00 (soci contro anticipazioni infruttifere alla Soc. Omnia Service)”.

4.7. Anche in ordine all’auto, per la quale il ricorrente ha allegato che, essendo utilizzata in via esclusiva per la propria attività (agente e rappresentante di commercio), quale bene strumentale, come risultava per l’ammortamento del valore della stessa nel libro cespiti ammortizzabili, doveva essere del tutto esclusa dal reddito, la Commissione regionale si limita a citare il possesso “di a utovetture”.

5. I restanti motivi sono assorbiti, in ragione dell’accoglimento del primo motivo, che comporta una nuova valutazione degli elementi di prova da parte del giudice del rinvio.

6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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