Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28169 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL�UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26747-2017 proposto da:

N.T.M., M.L., in proprio e nella qualità

di eredi di M.A., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA LAVINIO 15, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO TRIOLO,

rappresentate e difese dall’avvocato FRANCESCO TOBIA CAPUTO;

– ricorrenti –

contro

ERGO ASSICURAZIONI SPA, in persona del Direttore generale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 86, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA MELUCCO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARIA DE CARLO;

– controricorrente –

contro

I.B., T.A., T.E.,

L.A., S.C., LO.AN., L.M.A.,

P.L., L.M., LO.MA., ITALIANA

ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 955/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 04/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSETTI

MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2003 N.T.M. e M.L. convennero dinanzi al Tribunale di Brindisi la Ergo Assicurazioni s.p.a., I.B. e T.A. (quest’ultimo minore, rappresentato dalla madre I.B.), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da esse patiti in conseguenza della morte del proprio congiunto M.A., avvenuta in conseguenza d’un sinistro stradale ascritto a responsabilità di Tr.An..

2. I convenuti si costituirono; le persone fisiche convenute formularono domanda riconvenzionale, assumendo che responsabile del sinistro fosse il defunto M.A.; alla causa vennero riuniti altri giudizi scaturiti dal medesimo sinistro, proposti da altri danneggiati, la cui posizione non viene più in rilievo in questa sede.

3. Con sentenza 4 ottobre 2016, n. 955, la Corte d’appello di Lecce attribuì la responsabilità del sinistro esclusivamente a M.A..

Tale sentenza è impugnata per cassazione da N.T.M. e M.L., con ricorso fondato su cinque motivi.

Ha resistito la sola Darag Italia S.p.A., nuova denominazione sociale della Ergo Assicurazioni S.p.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo le ricorrenti denunciano il vizio di omesso esame di fatti decisivi.

Deducono che la Corte d’appello avrebbe malamente interpretato il rapporto del sinistro redatto dai Carabinieri; avrebbe errato nello stabilire a quale veicolo appartenessero le tracce di frenata rilevate sul manto stradale; avrebbe errato nell’individuare il punto di collisione tra i veicoli non chè la posizione di questi post factum.

1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile perchè, nonostante la sua intitolazione formale, nella sostanza censura la valutazione delle prove compiuta dalla Corte d’appello.

Tuttavia non solo l’erronea, ma anche l’omessa valutazione d’una fonte di prova non può essere di per sè oggetto di censura in sede di legittimità, giusta la previsione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, alla stregua dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno stabilito che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo le ricorrenti denunciano l'”omesso esame dei motivi di appello”.

Nella illustrazione del motivo in realtà non si deduce affatto alcuna omessa pronuncia, ma ci si duole del fatto che la Corte d’appello non avrebbe preso in esame le argomentazioni difensive svolte da essi appellanti.

2.2. Il motivo è manifestamente inammissibile, alla luce del consolidato principio secondo cui non sussiste il vizio di omessa pronuncia quando il giudice trascuri di prendere in esame uno o più argomenti difensivi, o argomentazioni giuridiche svolte dalle parti.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo le ricorrenti lamentano la nullità della sentenza per “radicale contraddittorietà, perplessa ed incomprensibile motivazione”.

Nella illustrazione del motivo le ricorrenti formulano una censura che si può così riassumere:

-) nel giudizio di primo grado le odierne ricorrenti avevano proposto querela di falso avverso il rapporto di sinistro stradale redatto dai Carabinieri;

-) la Corte d’appello non aveva ammesso la presentazione della querela, sul presupposto che essa era superflua, dal momento che gli ulteriori elementi istruttori acquisiti, diversi dal rapporto, consentivano comunque la ricostruzione della dinamica all’attribuzione delle responsabilità;

-) nondimeno, la Corte d’appello poi nel ricostruire la dinamica del sinistro e nell’attribuire la responsabilità aveva “utilizzato, anche apprezzandoli esplicitamente per la decisione della causa, elementi di prova tratti, direttamente o indirettamente, dagli atti di polizia giudiziaria investiti da querela di falso”.

3.2. Il motivo è infondato.

Il vizio di nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, può sussistere soltanto dinanzi ad una contraddizione mancante sinanche come segno grafico, irriducibilmente contraddittoria o assolutamente incomprensibile.

Nessuna di queste ipotesi ricorre nel nostro caso, dal momento che la Corte d’appello ha chiaramente spiegato di avere desunto la ricostruzione del sinistro dalle prove testimoniali, dalle fotografie allegate agli atti e dalla consulenza tecnica di ufficio.

La circostanza, poi, che la Corte d’appello si sia basata sulle testimonianze rese in giudizio dai Carabinieri che a suo tempo redassero il rapporto contro il quale venne proposta querela di falso, ovviamente, non integra alcun vizio di contraddittorietà insanabile.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo le ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 221,222 e 355 c.p.c..

Sostengono che la Corte d’appello avrebbe dapprima rigettato l’istanza di querela di falso, sul presupposto che il rapporto contro il quale essa fu proposta era irrilevante ai fini del decidere; però poi ha fondato la propria decisione utilizzando proprio gli elementi contenuti negli atti di polizia giudiziaria che gli odierni ricorrenti intendevano invalidare con la querela di falso.

4.2. 11 motivo è infondato.

La Corte d’appello ha basato la propria decisione, come già detto, sulle prove orali, sulle fotografie e sulla consulenza tecnica di ufficio, oltre che sulle prove presuntive.

La circostanza che il contenuto della prova testimoniale coincidesse in tutto od in parte con il contenuto del rapporto contro il quale venne proposta (senza che fosse ammessa) la querela di falso è del tutto irrilevante.

Infatti, a prescindere dal rilievo che la coincidenza di oggetto tra due prove non comporta certo che, esclusa l’ammissibilità dell’una, debba escludersi anche l’ammissibilità dell’altra, quel che rileva è che a seguire la tesi dei ricorrenti si perverrebbe al paradosso che, una volta impugnato di falso un documento, non si potrebbe mai più provare aliunde, con nessun altro mezzo di prova, la verità dei fatti in esso dichiarati.

5. Il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quinto motivo le ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1227 e 2054 c.c..

5.2. Il motivo, ad onta della sua intitolazione formale, censura la ricostruzione della dinamica del sinistro e la valutazione delle prove, come candidamente ammesso dalle stesse ricorrenti a pagina 68 del ricorso, ove si afferma che “la Corte di merito ha ricostruito il fatto proponendo una lettura del materiale probatorio orientata a convalidare le tracce del sinistro dei carabinieri ecc.” ed è, pertanto, inammissibile.

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico delle ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna N.T.M. e M.L., in solido, alla rifusione in favore di DARAG Italia s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 8.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di N.T.M. e M.L., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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