Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28168 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6671/2014 R.G. proposto da:

A.Z.A., rappresentata e difesa dall’avv. Giuliano

Cardellini e dall’avv. Alessandro Galiena, elettivamente domiciliata

in Roma, viale Libia, n. 4, presso lo studio dell’avv. Alessandro

Galiena.

– ricorrente –

contro

EQUITALIA CENTRO SPA, (già EQUITALIA ROMAGNA SPA, ex EQUITALIA

Ce.Fo.Ri. Spa), rappresentata e difesa dall’avv. Fiorenza Solaini,

elettivamente domiciliata in Roma, via Caio Mario, n. 7, presso lo

studio dell’avv. Maria Teresa Barbantini.

– controricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente con atto di costituzione –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna, sezione n. 3, n. 88/03/13, pronunciata il

28/06/2013, depositata il 26/07/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2020 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.Z.A. propose ricorso avverso una cartella di pagamento, emessa sulla base di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRPEF, e relative addizionali, per l’anno d’imposta 2005, la plusvalenza realizzata mediante la cessione di un’area edificabile. Con l’impugnazione la contribuente chiese di essere rimessa in termini per la definizione agevolata delle sanzioni in quanto l’atto impositivo, propedeutico alla cartella, non era chiaro e l’aveva indotta in errore, sicchè il decorso del termine per la definizione agevolata non poteva esserle addebitato;

2. la CTP di Forlì (con sentenza n. 67/03/2010) accolse il ricorso, con decisione che, sull’appello dell’Ufficio, nel contraddittorio della contribuente e dell’agente per la riscossione Equitalia Romagna Spa, la Commissione tributaria dell’Emilia-Romagna, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato in base a queste considerazioni: (a) la definizione agevolata delle sanzioni era tardiva; (b) ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 la cartella può essere impugnata solo per vizi propri e la dedotta nullità della cartella medesima per omessa sottoscrizione non è causa d’illegittimità dell’atto; (c) l’asserita mancanza di chiarezza dell’avviso (cui è seguita la cartella) circa le indicazioni delle modalità per l’adesione alla definizione agevolata “non può essere oggetto del presente giudizio” (cfr. pag. 9 della sentenza) perchè si tratta di un atto ormai definitivo;

3. la contribuente ricorre per la cassazione, con due motivi, Equitalia Centro Spa resiste con controricorso; l’Agenzia ha depositato atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso (“I) Motivo omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, inerente alla definizione agevolata operata dalla sig.ra A. in data 26.11.2009 Omessa e/o insufficiente motivazione, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e L. n. 212 del 2000, art. 7 in merito alla nullità dell’avviso di accertamento (ex art. 360 c.p.c., nn. 5, 4 e 3))”, la ricorrente censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto tardiva la definizione agevolata, per non avere motivato in merito al fatto che la contribuente “entro il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento ha provveduto a versare all’Agenzia delle entrate la somma di Euro 12.258,86” (cfr. pag. 6 del ricorso); ascrive inoltre alla CTR: di non avere preso in esame la questione dell’applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7; di non avere fatto buon governo del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, “non riconoscendo invece corretta la sentenza di prime cure circa la nullità dell’avviso di accertamento per l’insufficiente chiarezza degli importi complessivi da versare e del criterio di determinazione degli stessi.” (ibidem: pagg. 7, 8); rileva che, diversamente da quanto asserito dalla Commissione tributaria regionale, la richiesta dell’interessata di essere rimessa in termini per la definizione agevolata era del tutto legittima e corretta in quanto (testualmente): “la contribuente, nel caso specifico, era incorsa in un errore (scusabile), stante la mancanza di chiarezza dell’avviso di accertamento e la risposta incompleta fornitagli dall’addetto dell’Agenzia delle Entrate” (ibidem: pag. 12), il quale, in replica alla richiesta di chiarimenti della parte privata (il cui errore era dipeso anche dalla sua “nazionalità straniera”) non aveva specificato che il mancato pagamento della sanzione, in misura ridotta, entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, avrebbe comportato un aumento della sanzione di ben otto volte (passando essa da Euro 1.138,13 a Euro 11.482,80); aggiunge che la “mancata notifica di un regolare e chiaro avviso di pagamento precedentemente alla notifica della cartella di pagamento, rende la cartella di pagamento nulla.”, ferma la costatazione che “il dovere di buona amministrazione trova espressi riferimenti normativi”, a cominciare dal principio ex art. 97 Cost. (ibidem: pagg. 16, 17); in conclusione, addebita alla CTR di avere “omesso di esaminare questi fatti non motivando affatto la sua decisione in ordine a tali accadimenti.” (ibidem: pag. 18) e di non avere citato alcun precedente giurisprudenziale a sostegno delle proprie valutazioni;

1.1. il motivo è inammissibile;

in disparte la prospettabile inammissibilità delle doglianze in esso contenute perchè espresse in maniera poco chiara e intelligibile, va data continuità al saldo indirizzo di legittimità, che il Collegio condivide, secondo cui il giudizio di cassazione è a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.;

nella specie, la censura alla sentenza impugnata sussunta, contemporaneamente, nei diversi paradigmi della violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), dell’error in procedendo (ibidem: n. 4) e dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ibidem: n. 5), contiene – in sostanza – una critica del tutto generica, inammissibilmente ampia e incerta nella fisionomia, “coacervata” ben oltre i limiti consentiti da Cass. Sez. un. 06/05/2015, n. 9100;

in modo irrituale, dunque, è demandato a questa Corte il compito di sostituirsi alla ricorrente e di enucleare, dall’insieme indistinto delle doglianze confusamente proposte, autonomi profili di censura (Cass. 18/04/2018, n. 9486);

2. con il secondo motivo (“II) motivo Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25)”, la ricorrente censura l’errore di diritto commesso dalla CTR per non avere dichiarato la nullità della cartella di pagamento perchè priva della sottoscrizione del rappresentante del concessionario;

2.1. il motivo è infondato;

la sentenza della CTR segue la scia della condivisibile giurisprudenza di legittimità (Cass. 05/12/2014, n. 25773, conf.: n. 14894/2008; n. 26053/2015; n. 12243/2018, 04/12/2019, n. 31605), secondo cui: “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice”;

3. ne consegue il rigetto del ricorso;

4. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno riconosciute a Equitalia Centro Spa e non all’Agenzia che non ha svolto difese.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a corrispondere a Equitalia Centro Spa le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00, a titolo di compenso, oltre ad Euro 200,00, per esborsi, al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, all’IVA e al CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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