Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28167 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 21/12/2011), n.28167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11331/2010 proposto da:

G.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avv. ALESSIO Franca, giusta procura alle liti in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO GIANONCELLI FRANCO, PEPPINO e BRUNO SNC in persona del

curatore del fallimento ed inoltre dei soci in proprio G.

F., G.B. e GI.PE., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio

dell’avvocato GUICCIARDI Francesco Ugo, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCHI NICOLA, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 162/2009 del TRIBUNALE di SONDRIO del 9.4.09,

depositata il 17/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’1/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per i controricorrenti l’Avvocato Francesco Ugo Guicciardi che

si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal Tribunale di Sondrio il 9.4.2009 e depositata il 17.4.2009 in materia di opposizione agli atti esecutivi.

Il ricorso è soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, attesa la data di pronuncia della sentenza impugnata.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo li descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; v., anche Sez. Un. ord. 27 marzo 2009, n. 7433).

Il ricorso per cassazione proposto appare inammissibile perchè formulato senza rispettare i requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c., nel testo qui applicabile, introdotto con il citato decreto legislativo.

Invero, gli otto motivi di ricorso – denuncianti violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 282 c.p.c., R.D. n. 267 del 1942, artt. 35, 242, D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150, D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 22, R.D. n. 267 del 1942, art. 25, art. 480 c.p.c., L. Fall., art. 147 e 148, L. Fall., art. 56, 110, 113, L. n. 241 del 1990, art. 7, e segg., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 – non si concludono, nè contengono i prescritti quesiti di diritto richiesti dalla norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. a pena di inammissibilità”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma i fallimenti resistenti sono stati ascoltati in Camera di consiglio.

I resistenti hanno anche presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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