Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28167 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 10/12/2020), n.28167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5414-2015 proposto da:

R. TRASPORTI DI R.G. E C SNC, elettivamente domiciliata

in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di

Cassazione rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO CONFORTI;

– ricorrenti –

contro

EQUITALIA NORD SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA

MILLEVOI N. 73/81, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FIERTLER,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 261/2015 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di controllo automatizzato della dichiarazione Mod. Unico 2010 presentata da R. Trasporti di R. Giuseppe & C. s.n.c. per l’anno di imposta 2009, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, vennero recuperati a tassazione complessivi Euro 384.346,00, per omesso/tardivo versamento IVA, interessi e sanzioni, con cartella di pagamento emessa da Equitalia Esatri S.p.a. Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Milano lo respinse con sentenza n. 427/24/13; la C.T.R. della Lombardia, con decisione del 28.1.2015, rigettò l’appello della società.

R. Trasporti di R. Giuseppe & C. s.n.c. ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso Equitalia Nord s.p.a. (frattanto subentrata ad Equitalia Esatri s.p.a.). L’Agenzia delle Entrate, benchè regolarmente intimata, non ha resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 1, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7 (St. contr.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si osserva anzitutto che la cartella impugnata è stata notificata mediante raccomandata postale, ma senza la necessaria compilazione della relata di notifica e la relativa sottoscrizione da parte del soggetto notificante, che non può mai essere il concessionario. Con ulteriore censura, la ricorrente lamenta poi la violazione dello Statuto del contribuente in relazione alla motivazione della cartella impugnata, laddove la C.T.R. non ha rilevato la nullità della stessa per totale mancanza sia della percentuale degli interessi pretesi, sia della relativa data di decorrenza.

1.2 – Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La ricorrente si duole del mancato esame del fatto decisivo, ossia della eccezione di “nullità della cartella per omessa indicazione della motivazione della pretesa”, non avendo la C.T.R. adeguatamente risposto alle “domande” della società.

2.1 – La prima censura del primo mezzo è infondata, mentre la seconda è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.2 – Quanto alla prima, è assolutamente consolidato l’orientamento secondo cui “In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. n. 6395/2014).

Conseguentemente, la doglianza in esame non coglie nel segno, perchè la C.T.R. ha fatto corretta applicazione del superiore principio, ritenendo ad un tempo la validità della notifica in discorso da parte dell’agente della riscossione mediante raccomandata postale e la non necessità della compilazione della relata, per essere sufficiente l’attestazione dell’agente postale.

2.3 – Riguardo alla seconda censura del primo mezzo, concernente l’omessa motivazione circa l’entità e il calcolo degli interessi, la C.T.R. l’ha ritenuta infondata, in quanto da un lato il D.M. n. 321 del 1999 non impone l’indicazione del tasso d’interesse e, dall’altro, il termine di calcolo iniziale deve intendersi noto al contribuente, avuto riguardo alla data di scadenza dell’obbligazione tributaria.

In proposito – al di là della correttezza o meno della cennata motivazione adottata dal giudice d’appello – non può che rilevarsi l’inammissibilità della doglianza per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo la ricorrente sufficientemente esposto gli elementi in facto et in iure a sostegno della censura. Infatti, la società ha omesso di riprodurre il contenuto della cartella, o almeno di riportarne un sunto significativo, così non consentendo alla Corte di apprezzare la decisività della doglianza sulla base dei dati concretamente emergenti dall’atto impugnato.

3.1 – Il secondo motivo è parimenti inammissibile.

Si lamenta, infatti, un preteso omesso esame di un “fatto decisivo”, consistente – per stessa ammissione della ricorrente – nell’eccezione di “nullità della cartella per omessa indicazione della motivazione della pretesa”, in tesi non adeguatamente affrontata dal giudice d’appello.

Ci si duole, in realtà, non già dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio, come previsto dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, bensì di un vizio della motivazione (asseritamente non adeguata sulla specifica questione), ma in termini non più proponibili ai sensi della citata disposizione processuale, come modificata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012 (v., ex plurimis, Cass., Sez. Un. 8053/2014).

4.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15%, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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