Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28166 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 21/12/2011), n.28166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11102/2010 proposto da:

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

CIARDELLI Giacomo, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSITALIA SPA in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato

BERNARDINI Sveva (dello Studio Legale Associato Bernardini), che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PRASTARO ERMANNO,

giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

L.M.E., F.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 108/2009 del TRIBUNALE di LUCCA Sezione

Distaccata di VIAREGGIO, depositata il 03/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’1/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Sveva Bernardini che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal tribunale di Lucca – sezione distaccata di Viareggio ai sensi dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. in data 3.3.2009 (ed in pari data depositata) in materia di risarcimento danni.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e dichiarato inammissibile.

L’unico motivo relativo a vizi motivazionali – su di un punto decisivo della controversia e sull’omesso esame delle censure alla c.t.u. – attiene ad una diversa interpretazione delle risultanze probatorie rispetto a quella posta dal giudice di merito a fondamento della decisione adottata.

Sotto questo profilo deve ribadirsi che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente.

L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento ed, a tal fine, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (da ultimo Cass. ord. 6.4.2001, n. 7921). Controllo che conduce alla condivisione della motivazione adottata dal giudice del merito.

Quanto all’omesso esame delle censure volte alla c.t.u., deve rilevarsi che non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca per relationem (come in sostanza nella specie) le conclusioni ed i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito.

Pertanto, per contestare – come nel caso in esame -, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione.

Al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (v. anche Cass. 4.5.2009 n. 10222).

Ora, nel caso in esame, il ricorrente indica in ricorso quali siano state le censure mosse nel giudizio di merito alla c.t.u., ma perde di vista che il giudice del merito ha fondato la propria decisione sulla mancata relazione “fra l’evento così come descritto da parte attrice e i danni effettivamente lamentati, che non sembrano in base alle risultanze della CTU essere conseguenza del primo”, rilevando, in sostanza che – così come accertato dalla consulenza tecnica d’ufficio – non vi era compatibilità tra i danni lamentati dalla parte attrice e la dinamica del sinistro; elementi questi che rendevano irrilevanti le censure mosse alla c.t.u. ed il loro esame”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la resistente Assitalia spa è stata ascoltata in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore della resistente, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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