Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28164 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 28164 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

sul ricorso 26868/2015 proposto da:
Autostrada Asti Cuneo S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi
n. 87, presso lo studio dell’avvocato Colarizi Massimo, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Prato Domenico, giusta
procura a margine del ricorso;
-ricorrente contro
Anas S.p.a., Porta Rossa S.p.a.;
– intimate 1

Data pubblicazione: 24/11/2017

nonchè contro

Porta Rossa S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via della Scrofa n.47, presso lo
studio dell’avvocato Anelli Lucio, che la rappresenta e difende

a margine del controricorso e ricorso incidentale;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro
Anas S.p.a., Autostrada Asti Cuneo S.p.a., Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1454/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 24/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/07/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

FATTI DI CAUSA

La S.p.A. Porta Rossa impugnò innanzi alla Corte d’Appello di
Torino la stima operata dal Collegio dei tecnici di cui all’art. 21 del
d.P.R. n. 327 del 2001 per l’espropriazione e l’occupazione
temporanea dell’estensione di mq. 117.059 della sua maggior
proprietà, ablata dalla Società Autostrada Asti Cuneo S.p.A., per
decreto 24.6.2013.
Con sentenza del 24.7.2015, resa nel contradditorio con
l’espropriante, nonché dell’ANAS e del Ministero delle Infrastrutture e
2

unitamente agli avvocati Leone Alberto, Bosco Teresio, giusta procura

Trasporti, nei confronti dei quali la notifica della domanda fu qualificata
come litis denunciati°, la Corte adita determinò le indennità in ragione
di C 8.657.807,22, quella di espropriazione, la aumentò del 10%, ex
art. 39, co 2, del TU n. 327 del 2001, e di C 3.607.419,67, quella
d’occupazione, e ne ordinò il deposito, con gli interessi legali.

una maggioranza ex art. 21 del TU espropriazioni, rigettò la domanda
dell’espropriata volta ad ottenere il risarcimento del danno da mancato
deposito dell’importo liquidato in perizia in titoli del debito pubblico, e
condannò l’espropriante alle spese di lite, ha proposto ricorso la
Società Autostrada, con un, articolato, motivo, successivamente
illustrato da memoria, al quale la Porta Rossa ha resistito con
controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale con due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col proposto ricorso, deducendo la violazione e falsa
applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 327 del 2001 ed omesso esame
di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, la ricorrente
afferma che nella determinazione del valore venale la Corte territoriale
non ha tenuto conto che in base al PRG vigente all’epoca del decreto
ablativo: la maggior parte dei terreni espropriati, pari a mq. 107.327
non è edificabile in quanto ricadente in zona destinata a “fascia di
ambientazione stradale e ferroviaria”, in altra parte, pari a mq. 4.090,
in zona TAP terreni agricoli periurbani, a natura agricola e, per il resto,
in ambito API2.os2. e APT1 in cui sono ammesse le destinazioni
produttive, terziarie e abitative. Tale essendo la situazione di fatto e
3

Per la cassazione della sentenza, che escluse essersi formata

di diritto che caratterizza i fondi, conclude la ricorrente, l’indennità non
riflette il criterio di legge -che è pari al valore di mercato, id est segue
il parametro economico della domanda e dell’offerta- ma lo supera,
non tenendo conto, in ispecie, delle contrattazioni intervenute per aree
analoghe per tipologia e caratteristiche.

ammissibile la deduzione di distinte censure nell’ambito di un motivo
formalmente unico, quando, come nella specie, la sua formulazione
permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde
consentirne, se necessario, l’esame separato (cfr. Cass. SU n. 9100
del 2015), l’impugnata sentenza incorre nella violazione di legge che
le è stata imputata: condividendo espressamente le conclusioni del
CTU, i giudici a quo,

hanno fatto riferimento alla destinazione

urbanistica (per la maggior parte a zona F 6 ed per il residuo a zona
S 5) antecedente a quella vigente alla data di emissione del decreto di
espropriazione, ritenendo la natura espropriativa del vincolo contenuto
nello strumento urbanistico in ragione della sua realizzabilità, solo, ad
opera della p.A. (cfr. quesito pag. 10 ed 11 al CTU e risposta relativa
pag. 14, primo pendo, della sentenza). 3. Così opinando, la Corte
territoriale non ha, però, tenuto conto della costante giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui:
a) la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, imposta dalla
disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del
territorio -anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della
collettività e della realizzazione di servizi pubblici va effettuata in
ragione del criterio dell’edificabilità legale, posto dall’art. 5-bis, co 3,
4

2. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del motivo, essendo

della L. n. 359 del 1992, tuttora vigente, e recepito negli artt. 32 e 37
del d.P.R. n. 327 del 2001, in base al quale un’area va ritenuta
edificabile solo quando la stessa risulti in tal modo classificata al
momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass.
7987/2011; 9891/2007; 3838/2004; 10570/2003; sez.un. 172 e

escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente
all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata
concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde
pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette
classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai
privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono
riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come
estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà,
ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass.
14840/2013; 2605/2010; 21095 e 16537/2009), soggetta al regime
autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia (cfr. Cass. n.
11503/2014; 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009;
17995/2009);
b) ai fini dell’anzidetta ricognizione legale va tenuto conto del
vincolo conformativo insistente nell’area, e non di quello espropriativo,
e la relativa individuazione va operata esclusivamente in relazione agli
effetti dell’atto di pianificazione: ove esso miri ad una zonizzazione
dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di
una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di
soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni
5

173/2001); e, per converso, le possibilità legali di edificazione vanno

ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha
carattere conformativo (a prescindere dal fatto che l’opera possa esser
realizzata solo dalla mano pubblica), mentre, ove imponga solo un
vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della
localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso va qualificato come

prescindersi nella qualificazione dell’area, dovendo, ancora,
aggiungersi che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr.
funditus Cass. n. 3620 del 2016) e del Consiglio di Stato (Cons. Stato

n. 1669 del 2015; n. 2118 del 2012), fuoriescono dall’anzidetta
dicotomia, e dunque non appartengono sicuramente alla categoria dei
vincoli espropriativi, tutti quei vincoli che non si risolvono nemmeno
in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al
contrario la realizzazione dei previsti interventi anche ad iniziativa
privata o promiscua pubblico-privata, e quindi senza necessità di
previa espropriazione del bene (cfr. Corte Cost. n. 179 del 1999);
c) il vincolo imposto sulle aree site in fascia di rispetto
autostradale o ferroviario si traduce in un divieto assoluto di
edificazione che ha carattere legale e conformativo, si impone in modo
indipendente dalle previsioni urbanistiche ed è sancito nell’interesse
pubblico, sicché, ai fini della determinazione dell’indennità di
esproprio, va esclusa la natura edificatoria del terreno ad esso
sottoposto, senza possa predicarsi l’eventuale trasferimento della
relativa volumetria su diversi immobili. Tale vincolo, pertanto, pur
concretamente applicabile in forza della destinazione di interesse
pubblico data al bene sottratto al privato, non arreca alcun
6

preordinato alla relativa espropriazione e da esso deve, dunque,

deprezzamento del quale debba tenersi conto in sede di
determinazione del valore dell’immobile, facendo difetto il nesso di
causalità diretto sia con l’ablazione, sia con l’esercizio del pubblico
servizio cui l’opera è destinata (Cass. n. 25668 del 2015).
4. L’impugnata sentenza, che si è attenuta a criteri diversi, va,

nonché i motivi di ricorso incidentale relativi all’extrapetizione, per
avere la Corte deciso sulla domanda relativa alla validità dell’operato
svolto dal Collegio dei tecnici, che era stata rinunciata, nonché sulla
liquidazione delle spese del giudizio.
5. Il Giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di
Torino in diversa composizione, provvederà a determinare il dovuto,
alla stregua degli esposti principi ed a regolare le spese del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale assorbito l’incidentale, cassa e
rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Torino in diversa
composizione.
Così deciso in Roma il 7.7.2017
Il

in conclusione, cassata, restando assorbita ogni altra questione,

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