Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28163 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11168-2017 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO BELTRAME;

– ricorrente –

contro

AEDILA DI B.D. & C. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VILLI PICCOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 659/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 26/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

I coniugi C.R. e S.M. convenivano davanti al Tribunale di Udine Aedila s.n.c. di B.D. & C., adducendo di avere con essa stipulato il 28 settembre 2005 un contratto preliminare di compravendita – nel quale promissari acquirenti sarebbero stati gli attori – di un immobile sito in (OMISSIS), contratto che prevedeva la stipulazione del contratto definitivo il 30 settembre 2009, nonchè il pagamento frattanto del prezzo in rate mensili di Euro 1000 e il saldo alla sua stipulazione. Adducevano di avere versato acconti mensili fino a Euro 41.288,46 e che il contratto si sarebbe però risolto per fatto è colpa di controparte, di cui chiedevano pertanto la condanna alla restituzione della somma già versata.

La convenuta si costituiva resistendo e, in via riconvenzionale, chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto per fatto e colpa degli attori e che questi fossero condannati a risarcire il danno da illegittima occupazione dell’immobile, quantificato nell’importo degli acconti ricevuti, cioè Euro 41.240.

Con sentenza del 24 aprile 2015 il Tribunale di Udine rigettava le domande proposte dagli attori C.R. e S.M., accogliendo invece la domanda riconvenzionale proposta da Aedila s.n.c.

C.R. e S.M. proponevano appello, cui resisteva controparte, e che la Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 26 ottobre 2016, rigettava.

Il C. ha presentato ricorso, da cui si è difesa con controricorso Aedila s.n.c.

Diritto

RITENUTO

che:

Il ricorso si fonda su un unico motivo, denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 820,832 e 1226 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto il danno da indebita occupazione di immobile in re ipsa, così assumendo una posizione confliggente con la giurisprudenza di questa Suprema Corte.

A prescindere dal fatto che sarebbe sostenibile una discrasia, soprattutto nei più recenti arresti, sulla sussistenza o meno del danno in re ipsa per il proprietario nel caso di occupazione illegittima di un immobile (da ultimo, nel senso della configurabilità di un danno in re ipsa: Cass. sez. 2, ord. 6 agosto 2018 n. 20545; Cass. sez. 6-2, ord. 28 agosto 2018 n. 21239; e nel senso contrario – che questo collegio, si rileva per inciso, condivide -: Cass. sez. 3, 25 maggio 2018 n. 13071; Cass. sez. 3, ord. 4 dicembre 2018 n. 31233; Cass. sez. 3, 24 aprile 2019 n. 11203), il ricorso non può essere accolto in considerazione dell’effettivo fondamento della decisione impugnata.

La Corte d’appello, invero, qualifica sì il danno dei quo come un pregiudizio in re ipsa (motivazione della sentenza impugnata, pagina 11), ma poi, in realtà, opera un accertamento sulla sua effettiva sussistenza in riferimento ad elementi concreti, con particolare riguardo all’impossibilità, patita dalla società proprietaria, di ottenere dall’immobile frutti civili finchè i promissari acquirenti avevano continuato a godere essi stessi dell’immobile (motivazione della sentenza impugnata, pagina 12).

La censura promossa nel motivo, dunque, non si correla alla effettiva conformazione della motivazione con cui la corte territoriale esterna il suo iter di accoglimento della domanda risarcitoria.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato; considerata la questione, sopra evidenziata, della criticità della qualificazione del danno come in re ipsa, si ritiene che sussistano i presupposti per la compensazione delle spese.

Ricorrono D.P.R. n. 115 del 2012 ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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