Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28162 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8958-2017 R.G. proposto da:

HETA ASSET RESOLUTION ITALIA SRL” in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI

BATTISTA CAMPEIS;

– ricorrente –

contro

F.M., F.A., D.S.L., in proprio e nella

qualità di eredi di FR.MI., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato SELENIA

PARENTE, rappresentati e difesi dagli avvocati ROBERTO CATANI, MARIA

ELENA SACCHI;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 153/2017 della

CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 06/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CORRADO MISTRI, che chiede,

alla luce delle considerazione che precedono, che va disattesa

l’istanza di regolamento di competenza dichiarandosi per l’effetto

l’incompetenza del Tribunale di Udine ad emettere i decreti

ingiuntivi n. 2114 del 2011 e n. 268 del 2012, a motivo

dell’inosservanza delle disposizioni relative al c.d. foro del

consumatore, giusta il dispositivo dei cui al D.Lgs. n. 206 del

2005, art. 33, comma 2, lett. u).

La Corte osserva quanto segue.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. In data 15/5/2003 veniva stipulato tra la Punto Mediterraneo S.r.l., utilizzatore, e la Hypo Alpe Adria Leasing S.r.l., concedente, un contratto di leasing immobiliare, in relazione al pagamento del relativo canone prestarono garanzia F.A., F.M. e Fr.Mi. e D.S.L..

A seguito di ricorsi della concedente per il pagamento di determinati canoni, il Tribunale di Udine emetteva nei confronti della utilizzatrice e dei garanti i decreti ingiuntivi nn. 2114/2011 e 268/2012 per il pagamento, in solido, della somma di Euro 498.883,88 e di quella di Euro 38.036,98, oltre accessori.

F.A., F.M. e D.S.L., in proprio e nella qualità di eredi di Fr.Mi., proponevano distinte opposizioni, respinte dal Tribunale di Udine che, con sentenza del 22 agosto 2013, rigettava preliminarmente pure l’eccezione di incompetenza territoriale – eccezione proposta dagli opponenti in rapporto alla loro qualità di consumatori e alla conseguente applicabilità del relativo foro, speciale e inderogabile, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ex art. 33, comma 2, lett. u – qualificando la garanzia prestata come fideiussione e, in quanto tale, fonte di obbligazione accessoria a quella derivante dal contratto di leasing.

I garanti proponevano appello, in cui tra l’altro insistevano nella eccezione di incompetenza territoriale ha applicabilità del foro del consumatore. Accogliendo tale eccezione la Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 6 marzo 2017, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il Tribunale di Udine territorialmente incompetente ad emettere i decreti ingiuntivi, dichiarandoli quindi nulli.

Qualificato il rapporto come derivante da contratto autonomo di garanzia – in forza di una clausola per cui, in deroga all’art. 1945 c.c., i garanti non potevano opporre alla concedente le eccezioni spettanti alla società garantita – la Corte d’appello affermava peraltro che la qualificazione non incideva sulla competenza, rilevando invece la sussistenza o meno di specifici collegamenti tra i singoli garanti e la società garantita. Invero, alla luce della ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione Europea emessa il 19 novembre 2005 nella causa C-74/15 Tarcki contro Banca Comercialà Intesa Sanpaolo Romàsnia SA e altri, “se è vero che, perchè possa configurarsi nei contratti di garanzia la figura del professionista è sufficiente che il contratto venga posto in essere per uno scopo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale, deve però trattarsi in ogni caso di un contratto di garanzia stipulato da colui che ha la veste di amministratore ovvero di partecipante al capitale sociale in misura rilevante”. E nel caso in esame la corte territoriale ha ritenuto condurre all’accoglimento della eccezione di incompetenza il fatto che, dai documenti prodotti, sarebbe emerso che Fr.Mi. (deceduto nelle more della vicenda), F.M. e D.S.L. non erano mai stati nè soci nè amministratori della società garantita. Inoltre, quanto ad F.A. – pur titolare di quota maggioritaria della società e della stessa amministratore unico – sarebbe ricorsa la fattispecie di cumulo soggettivo ai sensi dell’art. 33 c.p.c., con conseguente applicazione anche per lui del foro del consumatore degli altri due opponenti, quale foro inderogabile più speciale di ogni altro.

2. Avverso la sentenza della corte territoriale Heta Asset Resolution Italia S.r.l. (già Hypo Alpe Adria Leasing S.r.l.) ha proposto impugnazione, sulla base di quattro motivi.

2.1 Il primo motivo denuncia, ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dei canoni legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 c.c. e ss.

La sentenza impugnata deriverebbe da una erronea interpretazione dei contratti, in quanto questi non includerebbero, a differenza di quel che viene affermato nella pronuncia, la clausola per cui, in deroga all’art. 1945 c.c., i garanti nei confronti della concedente non avrebbero avvalersi delle eccezioni a essa opponibili dalla società garantita. E inoltre, anche nei contratti autonomi di garanzia, all’obbligazione garantita dovrebbe riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore.

2.2 I secondo motivo denuncia, ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, e delle norme di competenza in relazione all’art. 29 c.p.c.

In stretta relazione a quanto addotto con il primo motivo, si sostiene che dichiarando l’incompetenza la corte territoriale avrebbe errato in ragione della deroga convenzionale dalle parti pattuita e specificamente approvata per iscritto, e perchè non sollevata in relazione ai criteri di cui all’art. 33 c.p.c.

2.3 II terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1306 c.c. e art. 33 c.p.c., nonchè dell’art. 29 c.p.c., per avere la Corte d’appello dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Udine anche in relazione alla posizione di F.A., pur riconosciuto professionista e non consumatore, benchè per lui la competenza convenzionalmente pattuita non fosse stata contestata nè in relazione ai criteri di cui agli artt. 18 e19 c.p.c., nè con riferimento all’art. 33 c.p.c.

2.4 II quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al rilievo ufficioso dell’incompetenza per territorio ex art. 33 c.p.c.

2.5 Gli intimati si sono difesi con controricorso.

Con ordinanza interlocutoria 14 febbraio 2019 la Terza Sezione civile di questa Suprema Corte ha qualificato l’impugnazione come istanza di regolamento di competenza, rimettendo pertanto la causa alla Sesta Sezione civile per la procedura ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c.

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto della istanza di regolamento di competenza, e quindi per la dichiarazione della incompetenza territoriale del Tribunale di Udine a emettere i decreti ingiuntivi de quibus per mancato rispetto del foro del consumatore di cui al D.Lgs. n. 2006 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u).

3. I motivi possono essere congiuntamente vagliati, considerata l’effettiva unitarietà del loro oggetto.

3.1 La corte territoriale, come si è visto, ha fondato le sue valutazioni sulla ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa il 19 novembre 2005 nella causa C-74/15 Tarcau contro Banca Comercialà Intesa Sanpaolo Romania SA e altri, che fornisce l’interpretazione – come è ben noto, vincolante per il giudice nazionale – degli artt. 1, paragrafo 1, e 2, lett. b), della direttiva 93/13, secondo la quale “tale direttiva può essere applicata a un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società” (così nella motivazione, p. 30). E già in precedenza (p.p. 2629) si era rimarcato: “quanto alla questione se una persona fisica che si impegna a garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di un istituto bancario in base a un contratto di credito possa essere considerata un “consumatore” ai sensi dell’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13, occorre rilevare che un siffatto contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto, in relazione al suo oggetto, come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce, dal punto di vista delle parti contraenti… si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale. E’ dunque in capo alle parti del contratto di garanzia o di fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito. A tale proposito è necessario ricordare che la nozione di “consumatore”, ai sensi dell’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13, ha un carattere oggettivo (v. sentenza Costea, C0110/14, EU:C:2015:538, punto 21). Essa deve essere valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione. Spetta al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, verificare, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come “consumatore” ai sensi della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza Costea, C110/14, EU:C:2015:538, punti 22 e 23). Nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata”.

3.2 La suddetta pronuncia ha indotto a modificare l’orientamento precedente di questa Suprema Corte, secondo il quale, per determinare la qualità di consumatore, occorreva invece rapportarsi alla natura della obbligazione garantita (v. p. es. Cass. sez. 3, 29 novembre 2011 n. 25212 e Cass. sez. 1, 9 agosto 2016 n. 16827), riconoscendo dunque che il parametro identificativo della qualità di consumatore non si colloca nella obbligazione in sè che il soggetto assume. E in tal senso, da ultimo, Cass. sez. 3, ord. 13 dicembre 2018 n. 32225, ha affermato: “I requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria – all’entità della partecipazione al capitale sociale nonchè all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore.”.

3.3 Correttamente, pertanto, la Corte di appello è pervenuta all’accertamento che F.M., Fr.Mi. e D.S.L. non potevano che qualificarsi consumatori in relazione alla loro assunzione della garanzia de qua, non connessa allo svolgimento di attività professionali ovvero funzionalmente collegate alla società. Al contrario, tale connessione è risultata sussistente per F.A., come già rilevato più sopra.

In proprio, quindi, F.M. e D.S.L. sono da considerare consumatori ai fini della competenza territoriale. Essendo deceduto Fr.Mi., nella qualità di suoi eredi – come si vedrà or ora – godono del foro del consumatore F.M. e D.S.L. nonchè F.A.. Quest’ultimo, invece, in proprio non è qualificabile consumatore, in quanto, quando assunse il ruolo di garante, lo fece a favore della società di cui possedeva l’80% delle quote e di cui era amministratore unico.

Prendendo le mosse, allora, dalla qualità di eredi dei suddetti, poichè per Fr.Mi. il foro del consumatore era Torino e ciò viene trasmesso agli eredi (cfr. Cass. sez. 6-2, ord.13 luglio 2018 n. 18579 e S.U. ord.19 maggio 2009 n. 11532), deve dichiararsi la competenza di primo grado del relativo Tribunale per F.A., F.M. e D.S.L. come eredi di Fr.Mi..

Il Tribunale di Torino risulta poi essere anche il foro del consumatore per D.S.L. in proprio. All’epoca dell’avvio della causa, il foro del consumatore per F.M. era il Tribunale di Torino, sezione distaccata di Chivasso; essendo stata nelle more attratta quest’ultima dal Tribunale di Ivrea, nel Tribunale di Ivrea risiede la competenza per F.M..

Erra, poi, la corte territoriale nell’estendere alla posizione di F.A. in proprio il foro del consumatore ai sensi dell’art. 33 c.p.c.

Invero, per quel che concerne l’art. 33 c.p.c., è sufficiente rilevare che l’attrazione al foro del consumatore può esplicarsi per le cause introdotte in cumulo con la causa ad esso soggetta (cfr. Cass. sez. 6-3, ord. 12 marzo 2014 n. 5705) laddove nel caso in esame la concedente, quale creditrice, ha realizzato il cumulo non presso il foro del consumatore, bensì presso il foro convenzionale, onde non può non applicarsi il foro del consumatore per F.A. in proprio.

F.A., pertanto, in quanto professionista, trova il foro competente nel Tribunale di Udine, tanto più che lo stesso ricorso adduce che non sia stata contestata la competenza di quest’ultimo Tribunale sotto profili diversi, il che comporta la carenza di effetto della eccezione in quanto incompleta.

E dunque deve essere disposta, previa separazione ai sensi dell’art. 49 c.p.c., la riassunzione in primo grado presso i fori come identificati – con intrinseca conferma della caducazione dei decreti ingiuntivi quanto alle cause per cui si dichiara la competenza del Tribunale di Torino e del Tribunale di Ivrea – e altresì la riassunzione in appello dinanzi alla Corte d’appello di Trieste quanto alla domanda proposta nei confronti di F.A. in proprio, previa caducazione della sentenza impugnata quanto alla nullità dei decreti ingiuntivi emessi nei confronti di quest’ultimo appunto in proprio.

4. La complessità della fattispecie processuale e l’esito diverso dei gradi di merito, determinato dalla sopravvenienza della ordinanza della Corte di Lussemburgo, giustificano ampiamente la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Dichiara la competenza in primo grado del Tribunale di Ivrea per la domanda contro F.M. e quella del Tribunale di Torino per tutti i garanti quali eredi di Fr.Mi. e quella del Tribunale di Udine per F.A. in proprio. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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