Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28160 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 28160 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

sul ricorso 14262/2013 proposto da:
Comune di Lentini, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,

duiravvocato

via G. Antonelli n.45, presso lo studio c= .0 sec

Manone Matteo, che Io rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

-ricorrente contro
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, SAISEB Tor di Valle S.p.a.;
– intimati nonchè contro

Data pubblicazione: 24/11/2017

SAISEB Tor di Valle S.p.a., già S.A.I.S.E.B. S.p.a., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bertoloni n.35, presso lo studio
dell’avvocato Critelli Gregorio, che la rappresenta e difende,
giusta procura a margine del controricorso e ricorso inciden-

-controricorrente e ricorrente incidentale contro
Comune di Lentini;
– intimato contro
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi
n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente avverso la sentenza n. 1981/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 16/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 28/06/2017 dal cons. VALITUTTI ANTONIO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale DE RENZIS LUISA che chiede che la
Corte di Cassazione rigetti il ricorso principale ed accolga il
secondo motivo di ricorso incidentale con le conseguenze
previste dalla legge.
Rilevato che:
la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1981/2012, depositata il 16 aprile 2012, accogliendo parzialmente gli appelli
della SAISEB TOR DI VALLE s.p.a. e del Ministero delle Infra-

tale;

strutture e dei Trasporti, e disattendendo il gravame incidentale proposto dal Comune di Lentini, ha parzialmente riformato la decisione n. 44961/2002, con la quale il Tribunale di Roma aveva condannato il Comune di Lentini ed il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, in solido, al pagamento

vore della SAISEB TOR DI VALLE s.p.a., in relazione alle riserve formulate con riferimento al contratto di appalto stipulato
tra l’ente locale e la predetta società in data 4 aprile 1980;
per la cassazione della pronuncia di appello ha proposto ricorso principale il Comune di Lentini, nei confronti della SAISEB
TOR DI VALLE s.p.a. e del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, sulla base di due motivi;
la resistente SAISEB s.p.a. ha replicato con controricorso e
con memoria;
l’intimato Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pur
non essendosi costituito formalmente con controricorso, ha
depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;
il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per
l’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale;
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e
falsa applicazione dell’art. 30 del d.P.R. 16 luglio 1962, n.
1063, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ. – il Comune di Lentini censura l’impugnata sentenza anzitutto (punto II) per avere posto a fondamento del rigetto
l’eccessiva durata delle sospensioni, senza distinguere, al riguardo, tra sospensioni determinate da «cause di forza maggiore», ai sensi dell’art. 30, primo comma, del d.P.R. n. 1063
del 1962, e sospensioni determinate da «ragioni di pubblico
interesse o necessità», laddove dai due diversi tipi di sospen-

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dell’importo di Euro 1.997.592,10, oltre interessi legali, in fa-

sione discenderebbero conseguenze diverse sul piano delle
pretese economiche che l’appaltatore potrebbe – in ipotesi avanzare;
il ricorrente si duole, poi, del fatto che la Corte territoriale
(punto III) abbia imputato al Comune di Lentini il ritardo nel

seguito del ritrovamento di importanti reperti archeologici nel
corso dei lavori, e di avere omesso di effettuare la preventiva
indagine del sottosuolo;
Rilevato che:
la vicenda per cui è causa trae origine da un contratto di appalto stipulato tra la SAISEB ed il Comune di Lentini in data 4
aprile 1980, avente ad oggetto la realizzazione della rete idrica e fognaria comunale, a seguito del quale l’esecuzione dei
lavori andava incontro a notevoli difficoltà che davano luogo
ad un giudizio arbitrale, conclusosi con l’emanazione del lodo
in data 5 giugno 1985, impugnato dal Comune di Lentini dinanzi alla Corte d’appello di Catania;
il 20 aprile 1988 veniva, peraltro, stipulato tra le parti un atto
di transazione cui faceva seguito, il 25 giugno 1989, una nuova – dopo la prima avvenuta il 18 dicembre 1979 – consegna
dei lavori all’impresa appaltatrice;
tali lavori, che avrebbero dovuto essere eseguiti in due anni,
terminavano, invece, solo il 30 novembre 1998;
Considerato che:
l’impugnata sentenza, a fronte del suesposto svolgimento dei
fatti, che evidenziava un’abnorme durata della fase di esecuzione dei lavori, ha rilevato che la norma di cui all’art. 30, secondo comma, del d.P.R. n. 1063 del 1962, invocata dall’ente
pubblico non poteva trovare applicazione, essendo la protrazione della sospensione dei lavori per un periodo eccessivo,

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richiedere il nulla osta alla Sovrintendenza dei beni culturali, a

come indicato dal consulente tecnico d’ufficio, ascrivibile a responsabilità del Comune, per non avere il medesimo predisposto le misure necessarie ad ovviare a situazioni prevedibili con
l’uso dell’ordinaria diligenza ed, in particolare, per non essersi
attivato per acquisire il nulla osta della Sovrintendenza – che

avere omesso una preventiva indagine nel sottosuolo, dalla
quale si sarebbe potuto rilevare la presenza di reperti archeologici nell’area interessata dai lavori;
Ritenuto che:
la Corte d’appello si sia conformata, al riguardo, all’ insegnamento di questa Corte, secondo cui, in tema di appalto di opere pubbliche, «le ragioni di pubblico interesse o necessità»
che, ai sensi dell’art. 30, comma secondo, d.P.R. 1063 del
1962, legittimano l’ordine di sospensione dei lavori, vanno
identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute,
non previste né prevedibili dall’Amministrazione con l’uso
dell’ordinaria diligenza, così che esse non possono essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza
dell’Amministrazione medesima (Cass. 25/10/2012, n. 18239;
Cass. 22/07/2004, n. 13643);
pertanto, debba considerarsi inadempiente all’obbligo di consentire l’esecuzione dei lavori il Comune che abbia stipulato il
contratto omettendo una preventiva attività d’indagine in relazione al sottosuolo archeologico ed abbia sospeso i lavori lasciando decorrere un tempo irragionevole prima di rilevare
l’impraticabilità di ogni progetto di esecuzione degli stessi nella zona, per l’esistenza di testimonianze archeologiche, dovendosi escludere che la causa della sospensione sia qualificabile come forza maggiore, costituita, quale «factum principis»,
dal denegato nulla osta della Soprintendenza, assumendo ri-

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avrebbe consentito una più rapida ripresa dei lavori – e per

lievo la colpa dell’amministrazione nella mancata attività d’indagine e di accertamento (Cass. 10/05/2005, n. 9795);
di conseguenza, in ipotesi di sospensione dei lavori disposta come nella specie – solo per ovviare al proprio comportamento negligente per la mancata predisposizione delle misure ne-

naria diligenza, l’Amministrazione – che non si avvalga, per
difetto dei presupposti, della facoltà di disporre la risoluzione
unilaterale o la rescissione d’ufficio del contratto d’appalto, o
l’esecuzione dei lavori ineseguiti in danno dell’appaltatore sia tenuta a risarcire quest’ultimo per i danni subiti per la illegittima protrazione della durata dei lavori (Cass. 08/06/2007,
n. 13509);
per le ragioni suesposte, non sia pertanto ravvisabile, nella
specie, la dedotta violazione del disposto di cui all’art. 30 del
d.P.R. n. 1083 del 1962, per cui la doglianza debba essere disattesa;
Considerato che:
con il secondo motivo di ricorso – denunciando il vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (nel
testo applicabile ratione temporis)

il Comune di Lentini si

duole del fatto che la Corte territoriale, nel respingere l’appello
dell’ente pubblico, abbia omesso di considerare che la sospensione dei lavori ordinata il 13 dicembre 1990, era stata disposta «a seguito di un evento sismico e della sopravvenuta necessità di deviare per un certo tratto il torrente Garunchio, a
causa del restringimento delle sezioni della galleria artificiale
evidenziatosi in fase esecutiva»;
la Corte d’appello sarebbe, pertanto, pervenuta alla decisione
di escludere la violazione del disposto dell’art. 30, comma 2,
del d.P.R. n. 1063 del 1962, senza tenere in considerazione

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cessarie a rimediare ad una situazione prevedibile con l’ordi-

alcuna tali eventi del tutto imprevedibili per la stazione appaitante;
Ritenuto che:
contrariamente all’assunto del ricorrente, la decisione di appello – sia pure in maniera sintetica e stringata – abbia moti-

comma, n. 5 cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis), avendo la Corte chiaramente ricondotto – sul piano generale, ivi compresa, quindi, la sospensione del 13 dicembre
1990 – l’abnorme durata dell’esecuzione dei lavori, «per i lunghi periodi indicati dal consulente tecnico ing. Nicola Ramires», ad esclusiva responsabilità del Comune;
il giudice del merito non sia tenuto a fornire un’argomentata e
dettagliata motivazione, laddove aderisca alle elaborazioni del
consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, mentre, ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, abbia l’obbligo di fornire una precisa
risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria
scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio (Cass.
19/06/2015, n. 12703; Cass. 20/05/2005, n. 10668);
nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non abbia neppure
dedotto – con autosufficiente allegazione – di avere proposto
specifiche e dettagliate osservazioni alla c.t.u. sul punto in
questione, sottoponendole al giudice di appello;
la censura debba, pertanto, essere disattesa;
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso incidentale, la SAISEB TOR DI
VALLE s.p.a. – denunciando la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1223, 1224, 1226 e 1227 cod. civ., in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – censura

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vato sul punto, in conformità al disposto dell’art. 360, primo

l’impugnata sentenza per avere la Corte d’appello applicato,
con riferimento alle diverse voci di danno riconosciute, un indice Istat inferiore a quello corrente nel periodo in questione,
e per avere applicato alla fattispecie gli interessi al tasso legale, anziché quelli previsti per le transazioni commerciali dal

conto della natura imprenditoriale dell’attività svolta dalla ricorrente;
Ritenuto che:
per quanto concerne la rivalutazione monetaria, in tema di
liquidazione del danno, fuori dai casi in cui è obbligatoria, l’applicazione dei cosiddetti indici Istat nel calcolo della svalutazione monetaria sia rimessa alla prudente discrezionalità del
giudice di merito e si sottragga al sindacato di legittimità, sotto il profilo dell’inosservanza dei limiti parametrici dei suddetti
indici, tutte le volte in cui il giudice di merito abbia adeguatamente giustificato la misura adottata della svalutazione monetaria, facendo riferimento ad un necessario criterio equitativo
(Cass. 11/05/2007, n. 10839);
nel caso di specie, la determinazione dell’indice Istat, operata
dalla Corte territoriale in relazione alle diverse epoche di verificazione del danno sofferto dall’impresa, anche tenendo conto
di quanto rilevato, al riguardo, dal c.t.u., non possa, pertanto,
costituire oggetto di censura in questa sede;
d’altro canto, l’erronea applicazione degli indici Istat di rivalutazione monetaria, ai quali il giudice di merito abbia fatto riferimento per la liquidazione di un danno derivante da illecito
extracontrattuale, possa costituire oggetto di ricorso per cassazione, non come violazione di legge a norma dell’art. 360,
n. 3 cod. proc. civ., come ha fatto la ricorrente nella specie,

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d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, o comunque un tasso che tenga

ma solo sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360, n.
5 cod. proc. civ. (Cass. 28/03/2001, n. 4504);
quanto agli interessi, la Corte d’appello abbia correttamente
applicato il disposto dell’art. 1224 cod. civ., che prevede la
liquidazione degli interessi al tasso legale, né risulta che la

troricorso (pp. 9 e ss.) – abbia richiesto in giudizio
l’applicazione del diverso tasso di cui al d.lgs. n. 231 del 2002;
la censura debba, di conseguenza, essere rigettata;
Considerato che:
il secondo motivo di ricorso – con il quale, denunciando sostanzialmente un’omissione di pronuncia – la SAISEB lamenta
che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi sulla
domanda proposta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, di pagamento del saldo lavori, per
l’importo di Euro 162.373,34, a titolo di importi regolarmente
contabilizzati e fatturati, e tuttavia non corrisposti all’impresa
a ppa ltatrice ;
Ritenuto che:
affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio
di omessa pronuncia, sia necessario, da un lato, che al giudice
di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione
autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tali domande o
eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti
termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o
del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state
proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo
luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività (Cass. 16/04/2003, n. 6055; Cass. 04/03/2013, n.

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SAISEB – come si desume dalla domanda trascritta nel con-

5344), anche ai fini della verifica dell’eventuale formazione del
giudicato interno su tale domanda o eccezione;
Rilevato che:
nel caso concreto, la SAISEB non deduce in alcun modo, nel
motivo di ricorso in esame, di avere riproposto la domanda di

sensi dell’art. 342 cod. proc. civ.
Ritenuto che:
di conseguenza, sia il ricorso principale che quello incidentale
debbano essere rigettati;
concorrano giusti motivi, tenuto conto dell’esito finale del giudizio, per dichiarare integralmente compensate tra le parti le
spese di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e il ricorso incide tale. ,‘Znpensa
integralmente le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 28/06/2017.

pagamento del saldo lavori anche nel giudizio di appello, ai

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