Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28160 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 14/10/2021), n.28160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16185-2020 proposto da:

UL HAQ AHTSHAM, elettivamente domiciliato presso l’avv. GIUSEPPE

BRIGANTI, dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in

atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto RG 2431/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/04/2021 dal consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

U.H.A., cittadino del Pakistan, impugnò innanzi al Tribunale di Ancona, il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della domanda di protezione internazionale; con decreto del 3.3.2020 il Tribunale respinse il ricorso, osservando che: il racconto del ricorrente non era credibile in quanto pieno di contraddizioni e non verosimile circa la vicenda narrata dell’aggressione subita dai sunniti in una chiesa cristiana; pertanto, non ricorrevano i presupposti della protezione internazionale e di quella sussidiaria, anche riguardo alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto dal rapporto EASO del 2019 esaminato non si desumeva che nella regione di provenienza del ricorrente sussistesse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; non era altresì riconoscibile la protezione umanitaria, non ricorrendo condizioni individuali di vulnerabilità, per la mancata prova d’integrazione nel territorio italiano.

U.H. ricorre in cassazione con tre motivi.

Non si è costituito il Ministero.

Diritto

RILEVATO

Che:

Il primo motivo deduce la nullità del decreto impugnato per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, lett. a, e artt. 13, 737,135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, artt. 106,111 Cost., L. n. 46 del 2017, art. 2, avendo il Tribunale adottato una motivazione insufficiente ed apodittica, non esplicitando le ragioni per le quali era stata ritenuta la non credibilità del ricorrente, da configurare una motivazione puramente apparente. Il motivo censura anche la valutazione di non attendibilità dei documenti prodotti dall’istante, sia per non aver il Tribunale verificato l’autenticità degli stessi documenti, sia per la mancata indicazione delle ragioni poste a sostegno.

Il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi, sia in ordine a quanto riferito dal ricorrente in sede di audizione presso la Commissione e ai documenti prodotti, sia in ordine all’attuale situazione socio-politico-economica del Pakistan.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2,10 e 32 Cost., della L. n. 881 del 1977, art. 11, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27, 32, art. 35-bis, comma 1, lett. a), della Dir. Europea n. 32 del 2013, art. 6, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,6,7,14, in relazione all’art. 115 c.p.c., TU n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 2, avendo il Tribunale omesso di approfondire le dichiarazioni del ricorrente attraverso la cooperazione istruttoria, non verificando l’autenticità della denuncia prodotta.

Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione della Carta diritti fondamentali UE, art. 47, e della Dir. n. 32 del 2013, art. 46, per non aver il Tribunale rispettato il principio di effettività del ricorso attraverso la dovuta cooperazione istruttoria.

Il primo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili. Anzitutto, il Tribunale ha motivato in maniera chiara ed esaustiva in ordine alla valutazione di non credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente, in quanto ritenute generiche, incoerenti e non plausibili.

Inoltre, la critica tende al riesame dei fatti inerenti all’attendibilità del ricorrente. Invero, il Tribunale, confermando le ragioni espresse dalla Commissione territoriale circa la non genuinità della denuncia prodotta (riguardante presunte persecuzioni che il ricorrente avrebbe subito nel paese d’origine per la sua frequentazione di chiese cristiane), ha esaminato varie fonti internazionali sulla tendenza diffusa in Pakistan a presentare denunce false nei confronti dei cristiani. Il secondo motivo è inammissibile. Al riguardo, occorre ribadire quanto sopra esposto circa la corretta valutazione d’inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente e la non genuinità della denuncia prodotta. Inoltre, il motivo è diretto al riesame dei fatti nella parte afferente all’asserito omesso esame della situazione socio-politica del paese di origine del ricorrente, avendo il Tribunale accertato, sulla base dell’esame di varie fonti aggiornate, che sia in Pakistan che nella regione di provenienza dell’istante non sussiste né una situazione di diffusa violenza terroristica, né una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ai fini del riconoscimento delle protezioni internazionale e sussidiaria. Il quarto motivo è parimenti inammissibile, sia perché generico, sia in quanto, in sostanza, esprime le medesime critiche di cui ai motivi precedenti.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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