Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2816 del 12/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2816 Anno 2016
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

SENTENZA

sul ricorso 13785-2013 proposto da:
CARINELLI

LAURA

(c.f.

CRNLRA53R53F205Q),

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO CAVOUR 87,
presso l’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO
VASSALLE, giusta procura a margine del controricozso;
– ricorrente –

2015
2079

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.R.L., incorporante
la BANCA AGRICOLA MANTOVANA S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 12/02/2016

domiciliata in ROMA, VIA PIETRO COSSA 13, presso
l’avvocato MARIA TROPIANO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ENRICO MACCARI,
giusta procura a margine del controricorso;
controricorrente –

D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ARTURO ANTONUCCI
che ha chiesto raccoglimento;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato ENRICO
MACCARI che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del nono motivo
con l’assorbimento dei motivi quarto, quinto, sesto e
settimo e rigetto dei motivi primo, secondo, ottavo e

avverso la sentenza n. 1511/2012 della CORTE

terzo, assorbimento dei motivi decimo, undicesimo e
dodicesimo.

a
3.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Brescia con sentenza del 21
dicembre 2012 ha respinto l’impugnazione proposta contro
la decisione del Tribunale di Mantova del 17 dicembre
2007, la quale aveva dichiarato inammissibile la domanda,
avanzata da Laura Cannelli contro la Banca Agricola
mancanza di forma scritta del contratto-quadro,
dell’operazione di investimento in obbligazioni “Argentina
98/05 TV” per C 57.614,65 in data 9 marzo 2000, mentre
aveva respinto le domande di annullamento, risoluzione per
inadempimento, restituzione dell’importo investito e
risarcimento del danno.
La corte territoriale, disattesa l’eccezione di
carenza di rappresentanza processuale in capo alla
persona fisica che ha agito in nome della banca, ha
reputato inammissibile la domanda di nullità del
contratto-quadro, perché proposta solo nella memoria
2

ex

art. 6 d.lgs. n. 5 del 2003, dopo che entrambe le parti
avevano prodotto in giudizio ed allegato la regolare
conclusione del contratto stesso.
Nel merito, esclusa l’esigenza di forma scritta

ad

substantiam quanto ai singoli ordini di investimento, ha
ravvisato la ratifica agli ordini con il proprio
comportamento successivo della investitrice, ed avendo la
banca provato di avere ricevuto ordine di acquisto
telefonico mediante l’apposito modello sottoscritto
dall’operatore, e di avere annotato l’operazione sul conto
corrente della odierna ricorrente. Quindi, ha escluso
l’inadempimento della banca agli obblighi sulla stessa
gravanti, atteso il profilo dell’investitrice, con elevata
propensione al rischio.
Avverso

questa

sentenza

propone

ricorso

la
soccombente, affidato a dodici motivi. Resiste la banca
con controricorso. Le parti hanno depositato, altresì, la
memoria ex art. 378 c.p.c.
r.g.13785/2013

3

Il cons. r

Mantovana s.p.a., volta alla dichiarazione di nullità, per

MOTIVI DELLA DECISIONE
l. – I motivi del ricorso censurano la sentenza
impugnata per:
/) violazione degli art. 77 c.p.c., 2697 e 2725
c.c., per avere la corte territoriale ritenuto Vittorio
Zanichelli munito del potere di rappresentanza processuale
dell’ufficio legale della BAM s.p.a., estintasi tuttavia
per incorporazione nella Banca Monte dei Paschi di Siena
s.p.a., la quale aveva ceduto il relativo ramo d’azienda
ad una nuova società bancaria denominata ancora BAM s.p.a.
ed in ordine alla quale controparte non aveva provato il
conferimento del medesimo incarico allo Zanichelli; la
corte d’appello, invece, ha ritenuto presuntivamente che
il medesimo avesse conservato lo stesso ruolo di
responsabile dell’ufficio legale;
2) violazione degli art. 6, 2 ° comma, lett. b), del
d..lgs. n. 5 del 2003 e 112 c.p.c., non avendo la corte
d’appello ritenuto tempestiva la domanda di nullità per
mancanza di un valido contratto-quadro ed avendo omesso di
pronunciare sulla sua rilevabilità d’ufficio;
3) violazione degli art. 1352 e 1453 c.c., nonché
dell’art. 23, 1 ° comma, d.lgs. n. 58 del 1998, per avere
la corte territoriale affermato che l’ordine di borsa non
necessita di forma scritta – al contrario esso esigendo
tale forma ad substantiam

e ritenuto che l’ordine per

cui è causa fosse stato ratificato con l’incontestato
incasso delle cedole e degli interessi, la ricezione degli
estratti conto ed adesione all’offerta della Repubblica
Argentina; laddove invece anche il contratto ne prevedeva
la forma scritta e tale inadempimento doveva condurre alla
risoluzione del contratto-quadro;
4) violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la
corte d’appello deciso le domande di risoluzione e
risarcimento del danno;

r.g.13785/2013

4

11 cons. r

per la banca, sebbene egli fosse stato il responsabile

5) violazione degli art. 1333, 1399 e 1711 c.c., per
avere la corte territoriale accertato l’esistenza di una
valida ratifica da parte dell’investitrice con riguardo
all’ordine, mentre ha operato incongruo riferimento
all’ordine impartito dal padre dell’attrice, che invece
non aveva preso parte in alcun modo all’operazione; ma
mancava la forma scritta e l’inequivocità della ratifica
stessa, non integrata dall’accredito delle cedole, la
ricezione degli estratti, la adesione alla OPSV della
Repubblica Argentina, il trasferimento dei titoli presso
altro istituto;

6)

omesso esame di fatto decisivo oggetto di

discussione tra le parti, costituito dalla

menzionata

ratifica e dalla sua idoneità a comportare rinuncia a far
valere gli inadempimenti agli obblighi comportamentali
della banca;
7) violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la
corte d’appello pronunciato in ordine all’eccezione di
inidoneità delle condotte menzionate a costituire ratifica
e comunque a comportare rinuncia a far valere gli
inadempimenti agli obblighi comportamentali della banca;
8) violazione dell’art. 112 c.p.c. e del giudicato
interno, perché il primo giudice aveva accertato
l’inadempimento della banca ai propri obblighi informativi
e tale accertamento non è stato impugnato dalla banca,
onde sul medesimo si è formato il giudicato interno e la
corte d’appello non avrebbe potuto ravvisare, invece,
l’insussistenza di quegli inadempimenti;
9) violazione degli art. 28, 2 ° coma, e 29 Reg.
Consob n. 11522 del 1998, perché l’attrice non aveva
impartito l’ordine, onde la banca non aveva fornito ad
essa le informazioni circa la natura e i rischi
dell’investimento,

essendo

essa

un’operatrice

qualificata come ritenuto dalla corte territoriale;

r.g.13785/2013

5

nella specie non era mai stato dato mandato alla banca e

inoltre, la sentenza impugnata ha errato nel ritenere
l’operazione adeguata al profilo della cliente;
10) violazione degli art. 1175, 1337, 1338, 1374,
1375 c.c., per avere la corte territoriale mancato di
ritenere violate tali norme, le quali impongono doveri
collaterali di collaborazione con la controparte, non

rating dei titoli nella seconda metà del 2001, posto che
certamente la banca ne era a conoscenza;
//) violazione dell’art. 112 c.p.c., per l’omessa
pronuncia sulla violazione del divieto di acquistare i
titoli in nome proprio e per conto del cliente, posto
dall’art. 21, 2 0 comma, d.lgs. n. 58 del 1998, dal momento
che la banca il giorno stesso degli ordini per cui è causa
aveva acquistato presso terzi i titoli stessi;
12) violazione degli art. 27 e 32, 5 ° comma, Reg.
Consob n. 11522 del 1998, nonché dell’art. 1394 c.c., in
quanto nella prestazione del servizio di negoziazione per
conto proprio l’intermediario è tenuto a comunicare il
prezzo e non può applicare commissioni, obblighi nella
specie violati, avendo peraltro la banca applicato non una
commissione, ma una maggiorazione sul prezzo pagato al
terzo venditore dei titoli rivenduti alla cliente, mentre
l’art. 27 le imponeva di chiedere alla cliente
l’autorizzazione scritta all’operazione, alla quale
prendeva un interesse patrimoniale.
2. – Il primo motivo è infondato.
In presenza della prova del conferimento della
rappresentanza processuale al responsabile dell’ufficio
legale della banca ante fusione e della dichiarata
assunzione di tale veste da parte della persona fisica che
la rappresenta nel presente giudizio, nonché della
prosecuzione, senza soluzione di continuità, dei rapporti
di lavoro in caso di cessione dell’azienda bancaria ex
art. 2112 c.c., la corte territoriale ha ritenuto provati,

r.g.13785/2013

6

ll

cons

avendo la banca informato la cliente del declassamento del

in via presuntiva, i poteri di rappresentare in giudizio
la nuova BAM s.p.a. in capo allo Zanichelli.
Tale accertamento non presenta mende logicogiuridiche e non è intaccato dal motivo, posto che esso si
fonda sull’uso corretto dello strumento presuntivo, onde
va disatteso.

La ricorrente non si avvede, invero, che la corte
territoriale ha giudicato inammissibile la domanda di
nullità del contratto-quadro, dalla attrice in primo grado
introdotta con la memoria di replica di cui all’art. 6
d.lgs. n. 5 del 2003, con l’argomento che ciò è avvenuto
quando ormai entrambe le parti avevano prodotto in
giudizio il contratto stesso, affermandone per sovrappiù
la regolare conclusione.
In tal modo, la corte del merito ha esposto una

ratio decidendi

l’esistenza di una comune allegazione e

produzione del contratto di investimento in strumenti
finanziari, depositato da entrambe in giudizio, come tale
ormai oggetto di prova in ordine alla sua conclusione per
iscritto – che non è colta dalla ricorrente.
Contrariamente all’assunto della stessa, la corte
del merito non ha dichiarato il contratto-quadro nullo
d’ufficio proprio in quanto essa afferma esserne stata
prodotta la copia in giudizio da ambo le parti, onde la
ricorrente è altresì priva di interesse al motivo.
4. – Il terzo motivo è infondato.
Questa Corte ha ormai chiarito che la disposizione
dell’art. 23 t.u.f., secondo cui i contratti relativi alla
prestazione di servizi di investimento debbono essere
redatti per iscritto a pena di nullità del contratto,
deducibile solo dal cliente, attiene al contratto-quadro,
che disciplina lo svolgimento successivo del rapporto
volto alla prestazione del servizio di negoziazione di
strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di
investimento o disinvestimento che vengano poi impartiti
r.g.13785/2013

7

3. – Il secondo motivo è inammissibile.

dal cliente all’intermediario, la cui validità non è
soggetta a requisiti di forma (Cass. 19 ottobre 2012, n.
18039; 13 gennaio 2012, n. 384; 22 dicembre 2011, n.
28432).
Quanto al profilo della ratifica dell’ordine, per
esso si rimanda all’esame dei motivi dal quinto al

La censura di violazione dell’art. 1352 c.c., per
violazione di una forma scritta convenzionale degli
ordini, infine, è nuova, di essa non facendo parola la
sentenza impugnata, né avendo la ricorrente dedotto il
luogo ed il tempo della precedente deduzione, in modo che
questa Corte possa al riguardo apprezzare la censura
proposta alla decisione impugnata.
5. – Il quarto motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha escluso l’inadempimento
della banca ai propri obblighi (di informare il cliente,
di astenersi dall’eseguire operazioni inadeguate e di non
agire in conflitto di interessi): a parte quanto oltre si
dirà, ciò palesa che, difettando un elemento costitutivo
della fattispecie risolutoria e risarcitoria, tali domande
sono state respinte, come evidenzia anche il dispositivo
di integrale conferma della sentenza di primo grado.
6. – Il quinto, sesto e settimo motivo, che possono
essere trattati congiuntamente in quanto intimamente
connessi riguardando essi l’esistenza degli ordini, in
ogni caso “ratificati” dalla ricorrente, sono infondati.
La corte del merito ha accertato che l’ordine
verbale, impartito presumibilmente dal padre dell’attrice,
è stato da essa “ratificato” con il proprio comportamento
successivo, avendo 1a stessa incassato le cedole, ricevuto
gli interessi ed omesso di contestare gli estratti conto;
in ogni caso, la banca ha provato di avere ricevuto ordine
di acquisto telefonico mediante l’apposito modello
sottoscritto dall’operatore e di avere annotato
l’operazione sul conto corrente della odierna ricorrente.
r.g.13785/2013

8

Il cons. r

settimo.

Dunque, la corte del merito ha esposto una triplice
motivazione: da un lato, ha affermato che Laura Cannelli
ha ratificato l’ordine con il proprio comportamento
successivo; dall’altro, ha rilevato come il padre avesse
comunque impartito l’ordine alla banca per conto della
figlia; dall’altro lato ancora, ha accertato l’adempimento
ricezione dell’ordine telefonico.
La seconda ratio decidendi esposta, la quale accerta
nella sostanza l’esistenza di un mandato conferito al
padre della investitrice perché provvedesse, per conto
della figlia, ad impartire l’ordine – circostanza che la
sentenza afferma provata – è, da un lato, rispettosa del
ricordato principio che afferma la validità dell’ordine
non impartito per scritto, e, dall’altro lato, non
censurata dalla ricorrente, onde è di per sé idonea a
sorreggere la decisione. Va, invero, considerato come il
solo rilievo esposto dalla ricorrente – secondo cui il
riferimento al padre della medesima, contenuto nella
sentenza impugnata, non corrisponde a come si svolsero
effettivamente i fatti – costituisce, semmai, un errore
revocatorio, la cui deduzione resta inammissibile in
questa sede.
Dunque, questa seconda ratio decidendi, non scalfita
dalla ricorrente, è da sola idonea a sorreggere la
decisione.
Ciò, inoltre, palesa l’infondatezza della censura
proposta

ex

art. 360, l ° comma, n. 5, c.p.c., come

modificato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in
legge 7 agosto 2012, n. 134 ed applicabile alle sentenze
pubblicate dal giorno 11 settembre 2012 (sesto motivo),
nonché la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. (settimo
motivo): invero, la decisione ha esaminato anche la
dedotta “ratifica” e si fonda autonomamente sull’esistenza
di un valido ordine impartito per conto della figlia, la

r.g.13785/2013

9

degli obblighi a posteriori della banca dopo la legittima

cui

smentita

in

fatto,

operata

dal

motivo,

è

inammissibile, per quanto sopra esposto.
Infine, la menzione – ora ai fini dell’omessa
pronuncia

ex

art. 112 c.p.c., ora del vizio di omesso

esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le
parti – della dedotta inidoneità della “ratifica” a
cliente, gli inadempimenti agli obblighi comportamentali
della banca non coglie nel segno, non avvedendosi la
ricorrente che la sentenza impugnata proprio quegli
inadempimenti ha invece valutato, dopo aver stigmatizzato
l’errore della sentenza di primo grado, che quella
“rinuncia” aveva invece ravvisato.
7. – I motivi ottavo e nono riguardano il dedotto
inadempimento della banca ai propri obblighi, onde possono
essere unitariamente trattati.
Essi sono in parte infondati ed in parte
inammissibili.
La sentenza impugnata – dopo avere censurato il
tribunale, laddove aveva ritenuto automaticamente
rinunciato dalla cliente il diritto a far valere gli
inadempimenti della banca, e dopo, dunque, avere
riesaminato i fatti – ha ritenuto positivamente provato
l’adempimento della banca agli obblighi di informare il
cliente (previsti dagli art. 21, 28, 94 d.lgs. n. 58 del
1998), di non procedere ad operazioni inadeguate (art. 29
Reg. Consob n. 11522 del 1998) e di non agire in conflitto
di interessi (art. 27-29 e 32 del regolamento).
Non è fondata la tesi del giudicato interno circa
l’esistenza di condotte inadempienti della banca ai propri
obblighi informativi (che il giudice di primo grado
avrebbe ravvisato in ragione della mancata prova
dell’ordine diretto della cliente, per poi comunque
respingere la domanda sulla base

della

sopravvenuta

ratifica): posto che il giudicato, anche interno, si forma
su capi della decisione, ossia su domande, o su questioni
r.g.1.3785/2013

Il cons.

comportare la rinuncia a far valere, da parte della

autonome, non su passaggi logici ed accertamenti parziali
della medesima, come nel caso di specie.
Ed invero, costituisce principio consolidato che il
giudicato sostanziale, esterno ed interno, si forma sui
capi della sentenza non impugnati, concernenti questioni
indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame: la

su un determinato capo della sentenza investita dal
gravame, infatti, può verificarsi soltanto con riferimento
ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in
quanto concernenti questioni affatto indipendenti da
quelle investite dai motivi di impugnazione, perché
fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto,
tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia
precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre,
invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute
nella sentenza che costituiscano mera premessa logica
della statuizione adottata, ove quest’ultima sia oggetto
del gravame (Cass. 23 febbraio 2009, n. 4363; 31 maggio
2006, n. 13003).
Né la corte del merito ha affatto reputato l’odierna

ricorrente un’operatrice qualificata (nel significato
tecnico-giuridico di cui all’art. 31 Reg. Consob n. 11522
del 1998), essendosi limitata ad affermare che essa era
abitualmente dedita ad operazioni speculative.
Va, al riguardo, ribadito che il contenuto degli
obblighi informativi si determina in relazione al loro
destinatario, mentre l’investitore ha l’onere di allegare
specificamente quali siano gli obblighi rimasti
inadempiuti nei suoi confronti, ovvero le specifiche
circostanze in cui gli inadempimenti dell’intermediario si
sono concretizzate, tali che l’avrebbero indotto, ad
esempio, a non acquistare i titoli (fra le altre, cfr.
Cass. 25 settembre 2014, n. 20178; 24 maggio 2012, n.
8237). Nel giudizio per risarcimento dei danni promosso
dal cliente, grava sull’intermediario l’onere della prova
r.g.13785/2013

formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione

di aver agito con la specifica diligenza richiesta (art.
23, ultimo comma, t.u.f.); ma a carico dell’investitore il
quale abbia agito in giudizio resta pur sempre l’onere sia
di allegare l’inadempimento delle obbligazioni
disciplinate dal t.u.f. e dalla normativa regolamentare,
sia di provare il danno ed il nesso di causalità che a
all’intermediario provare l’avvenuto adempimento delle
specifiche obbligazioni poste a suo carico ed allegate
come inadempiute e, sotto il profilo soggettivo, di avere
agito con la specifica diligenza richiesta (Cass. 17
febbraio 2009, n. 3773).
La sentenza impugnata ha accertato il profilo
dell’investitrice, da lunghi anni cliente della banca,
negli anni effettuando investimenti ad

“elevato

rendimento, cedole a breve, facile negoziabilità”,

tanto

da essersi resa acquirente di valori mobiliari esteri ed
italiani con rendimento di gran lunga superiore ai titoli
di Stato, con conseguente dimostrazione di elevata
propensione al rischio, e, dunque, palesandosi
un’investitrice abituale di una certa esperienza, in
particolare allorché aveva acquistato i titoli argentini,
che esprimevano nel 1999 rendimento del 6,61%, ed
all’epoca valutati ad un rating medio; in definitiva, essa
aveva acquistato i titoli, adeguati al suo profilo, con là
piena consapevolezza del rischio ivi insito.
Pur essendo demandato a questa Corte il giudizio
d’integrazione della fattispecie cd. elastica con riguardo
ai parametri che ne costituiscono la specificazione, in
quanto essa si caratterizza per il fatto che il precetto
si completa con riferimento alla realtà sociale ed
economica (cfr., fra le altre, Cass. 10 novembre 2015, n.
22950), il profilo della cd. adeguatezza dell’operazione
d’investimento allo specifico cliente é oggetto di
apprezzamento di merito della corte territoriale, non
ripetibile in sede di legittimità.
r.gA37852013

12

cons

quell’inadempimento lo lega, mentre compete

A ciò si aggiunga che la controversia è soggetta
all’art. 360, 1 ° coma, n. 5, c.p.c., come modificato dal
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto
2012, n. 134, onde il vizio di motivazione non può essere
più sottoposto alla Corte.
8. – Il decimo motivo è infondato.
violato gli obblighi d’informazione successiva agli
acquisti, perché l’investitrice, mediante gli estratti
conto, era in grado di verificare il rendimento dei titoli
e valutare se ricollocarli sul mercato con la relativa
perdita che ne sarebbe seguita, mentre il

default

del

dicembre 2001 non è stato preceduto da notizie di stampa o
altro, e la banca aveva poi prestato assistenza per
aderire alla offerta pubblica.
Il vizio di violazione di legge denunziato non
sussiste, pertanto, avendo la corte del merito, nel
proprio giudizio qui non ripetibile, ravvisato da parte
della banca l’adempimento anche agli obblighi successivi
all’acquisto.
9.

– I motivi undicesimo e dodicesimo sono

infondati.
La corte di merito ha accertato che non sussiste il
conflitto di interessi, avendo la banca acquistato i
titoli presso terzi ad essa estranei. La commissione
applicata rappresenta il compenso lecito della
negoziazione in contropartita diretta, ossia uno dei
servizi ammessi per l’intermediario. Ha aggiunto che non
si applica alla specie l’art. 91 d.lgs. n. 58 del 1998,
perché non è provato che la banca abbia svolto attività di
sollecitazione all’investimento con obbligo di prospetto.
Dunque, essa si è posta in coerenza con il principio
secondo cui le operazioni in contropartita diretta, cioè
di acquisto delle obbligazioni (anche in mancanza di un
mandato del cliente) e successiva rivendita a
quest’ultimo, non generano di per sé un conflitto di
r.g.13785/2013

13

La corte del merito ha escluso che la banca abbia

interessi, già enunciato dalla giurisprudenza di questa
Corte, la quale ha ritenuto che la negoziazione in
questione costituisca uno dei servizi di investimento al
cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della
negoziazione per conto terzi, come si evince dalle
definizioni contenute nell’art. 1 t.u.f., essendo essa una
ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti
finanziari impartito dal cliente, con la conseguenza che
l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di
per sé sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli art.
1394-1395 c.c. (Cass. 10 aprile 2014, n. 8462; 19 ottobre
2012, n. 18039; 22 dicembre 2011, n. 28432).
Quanto all’assunto secondo cui, in sostanza, la
banca avrebbe realizzato una sollecitazione
all’investimento, con conseguente obbligo di pubblicazione
di un prospetto informativo, correttamente la corte
a

territoriale ha escluso l’esistenza di tale obbligo, in
quanto previsto dagli art. 94 t.u.f. e 29 del regolamento
Consob n. 11971 del 1999 solo per l’ipotesi di
sollecitazione all’investimento, diversa da quella, in
esame, di negoziazione su base individuale.
La deduzione circa la mancata comunicazione della
maggiorazione sul prezzo – tale qualificandolo la stessa
ricorrente, onde inammissibile è la censura sulla non
debenza di commissioni – è nuova, dunque inammissibile in
questa sede.
10. – Le spese seguono la soccombenza.
Deve provvedersi altresì all’accertamento di cui
all’art. 13, comma l

quater,

d.P.R. 30 maggio 2002, n.

115, inserito dall’art. 1, comma 17, 1. 24 dicembre 2012,
n. 228, applicabile ai procedimenti iniziati dal
trentesimo giorno successivo alla data di entrata in
vigore della legge, avvenuta il 30 gennaio 2013.
P.Q.M.

r.g.13785/2013

14

Il cons

delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese di lite, liquidate in C 5.200,00,
di cui C 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie
ed agli accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti per il
raddoppio del versamento del contributo unificato, ai
n. 115.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
15 dicembre 2015.

sensi dell’art. 13, coma l quater, d.P.R. 30 maggio 2002,

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