Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2816 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/02/2017, (ud. 08/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18202-2010 proposto da:

C.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato FRANCO

BOUCHE’, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, LUCIA POLICASTRO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3705/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/01/2010 R.G.N. 3668/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato BOUCHE’ FRANCO;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.G. dipendente dell’INPS con qualifica di ispettore generale, con ricorso al Tribunale di Roma, chiedeva (per quanto ancora qui di interesse) che per il periodo compreso tra il giorno 1 aprile 1998 e il giorno 1 giugno 2000 gli fossero riconosciute le differenze retributive correlate all’avvenuto svolgimento delle superiori mansioni dirigenziali, derivante dalla temporanea assunzione per effetto dell’ordine di servizio n. 6 del 18 febbraio 1998 delle funzioni di titolare della direzione dell’Ufficio di Coordinamento Riscossione Contributi presso la Sede Regionale per il Lazio e dalla successiva assunzione delle funzioni di titolare dell’Ufficio GPA per l’Area agricola, con ordine di servizio n. 11 del 29 marzo 1999.

Il ricorrente aggiungeva di essere stato collocato a riposo il giorno 1 giugno 2000.

2. La domanda era rigettata dall’adito Tribunale di Roma.

3. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 28 gennaio 2010 attualmente impugnata, ha, in primo luogo, precisato che la domanda del ricorrente era limitata al periodo compreso tra il giorno 1 luglio 1998 e il 31 maggio 2000, in conseguenza del già dichiarato difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riguardo alle pretese relative al periodo del rapporto di lavoro svoltosi il 30 giugno 1998, dando atto del giudicato formatosi sul punto.

Nel merito, la Corte territoriale confermava la statuizione di rigetto del Tribunale. La Corte osservava che con il riassetto organizzativo disposto, con effetto immediato, dalla Delib. Consiglio di Amministrazione 28 luglio 1998, n. 799 adottata dall’Ente in virtù dei suoi poteri di autorganizzazione, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 27, comma 1, è stata disposta una riduzione delle figure dirigenziali e l’ufficio ricoperto dal ricorrente, benchè fosse dirigenziale nel precedente organigramma, non è più stato considerato tale, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

4. Il ricorso di G.C., illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per sei motivi; resiste, con controricorso, l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1. Il ricorso è articolato in sei motivi

1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c., per avere la Corte d’appello ammesso e posto a base della propria decisione documentazione “nuova” prodotta solo in appello (in particolare: la Delib. Consiglio Amministrazione INPS 28 luglio 1998, n. 799) e per avere consentito l’introduzione nel contraddittorio di tematiche nuove, non oggetto del giudizio di primo grado.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 2, commi 1 e 2 e artt. 3, 4, 6, 17, 19, 21 e 27 bis, nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, in relazione all’Ordinamento dei Servizi dell’INPS, approvato con Delib. 27 luglio 1989, n. 770, ed al Regolamento di Organizzazione dell’INPS nonchè all’Ordinamento dei Servizi approvato con Delib. 28 luglio 1998, n. 779 e del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 commi 3, 4 e 5, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998.

Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale non avrebbe correttamente considerato che gli organi di governo degli enti pubblici – e in particolare il Consiglio di Amministrazione dell’INPS – non hanno il potere di emanare, oltre agli atti normativi ed ai provvedimenti di cui del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 3, comma 1, anche le determinazioni operative per l’organizzazione degli uffici e i provvedimenti di gestione dei rapporti di lavoro con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro e che gli atti normativi e i provvedimenti di indirizzo politico amministrativo non hanno effetti diretti sui rapporti giuridici preesistenti, senza necessità di provvedimenti dei competenti organi della dirigenza.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, errata e falsa applicazione dell’art. 16 del Regolamento di Organizzazione di cui alla Delib. 28 luglio 1999, (recte: 1998), n. 799, in relazione al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 3, comma 2 e art. 17, nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, e all’art. 27-bis introdotto nel D.Lgs. n. 29 del 1993 dal D.Lgs. n. 80 del 1998. Ad avviso del ricorrente erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’art. 16 del Regolamento avesse ridisegnato le funzioni dirigenziali, poichè la disciplina delle attribuzioni, poteri e funzioni dei dirigenti è contenuta nelle norme citate, e non può essere modificata da provvedimenti amministrativi degli organi di governo degli enti.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, errata e la falsa applicazione dell’art. 13 del Regolamento di Organizzazione, approvato con Delib. n. 799 del 1998, in relazione al Regolamento di Organizzazione approvato con Delib. n. 770 del 1989 e al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 3, comma 2 e art. 17, nel testo originario e in quello modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998. Si assume che l’art. 13 aveva prorogato le competenze e le funzioni degli uffici dirigenziali dell’INPS in attesa dell’attuazione del nuovo modello organizzativo con l’adozione dei relativi provvedimenti da parte degli organi competenti della dirigenza, con la conseguenza che gli uffici qualificati dirigenziali dall’ordinamento dei servizi n. 770 del 1989 avevano conservato le competenze previste dall’ordinamento e i loro titolari le funzioni loro assegnate.

1.5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 3, 17, 19 e 21, nel testo originario ed in quello modificato, nonchè del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, commi 3, 4 e 5, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, in relazione all’accertato svolgimento di effettivo delle funzioni di dirigente dell’Ufficio di coordinamento riscossione contributi della sede regionale per il Lazio nonchè al livello dirigenziale riconosciuto a tale Ufficio dall’Ordinamento dei Servizi approvato con Delib. n. 770 del 1989.

Si ribadisce che per il periodo compreso dal 1 luglio 1998 fino al primo giugno 2000 (o, in subordine, fino all’11 ottobre 1999) G.C. ha diretto l’Ufficio di Coordinamento Riscossione Contributi della Sede Regionale per il Lazio, a seguito di incarico formalmente conferitogli e che tali funzioni avevano natura dirigenziale e si aggiunge che l’ordinamento dei servizi n. 770 del 1989 era rimasto in vigore fino all’emanazione dei provvedimenti di attuazione del regolamento di organizzazione, avvenuta con l’ordine di servizio n. 36 dell’11 ottobre 1999.

1.6. Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, relativamente alla asserita riduzione delle figure dirigenziali disposta dal Regolamento di Organizzazione n. 799 del 1998. Si sostiene che la Corte territoriale non avrebbe specificato in quale punto della relativa Deliberazione e in quale articolo del Regolamento sarebbe stata disposta tale riduzione e la sua entità. Si sostiene che, al contrario, nessuna modifica nell’organico era stata disposta prima della Delib. 12 luglio 2000, n. 409, che aveva fissato in 601 unità l’organico dei dirigenti.

3 – Esame delle censure.

2. Il ricorso non è da accogliere per le medesime ragioni da esposte da questa Corte in analoghe controversie (vedi, per tutte: Cass. 15 novembre 2015, n. 24062), che il Collegio condivide.

3. In particolare, il primo motivo è inammissibile per mancato rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione.

3.1. Premesso che della questione della tardività della produzione documentale non vi è traccia nella sentenza impugnata, il ricorrente omette di indicare quando la documentazione asseritamente “nuova” – e, in particolare: la Delib. del Consiglio Amministrazione INPS 28 luglio 1998, n. 799 – sarebbe stata introdotta in giudizio e quando ed in che termini sarebbero state sollevate eccezioni in merito, sì da consentire a questa Corte di apprezzare la veridicità dell’anzidetta asserzione. Inoltre la parte non trascrive nè produce unitamente al ricorso per cassazione la memoria difensiva dell’INPS da cui dovrebbe trarsi a contrario la prova della novità delle difese fondate sulla detta Delibera.

In tal modo la parte non rispetta il duplice onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366 c.p.c.., comma 1, n. 6 e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il quale impone che, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un error in procedendo, ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. 6 novembre 2012, n. 19157; Cass. 23 marzo 2010, n. 6937; Cass. 12 giugno 2008, n. 15808; Cass. 25 maggio 2007, n. 12239; vedi pure: Cass. 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass. 7 febbraio 2011, n. 2966).

3.2. Per contro, l’INPS, nel controricorso, ha trascritto la sua memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, da cui risulta (pagg. 2 e 3) che vi è stata una puntuale contestazione del diritto del C. alla qualifica di dirigente per effetto del nuovo assetto organizzativo e funzionale della sede regionale disposto dalla Delib. Consiglio Amministrazione 28 luglio 1998, n. 799, nonchè dalle Delib. 8 luglio 1999, n. 187 e Delib. 7 novembre 1998, n. 1128. A tali considerazioni deve aggiungersi che il rilievo attribuito dalla parte datoriale alla richiamata Delib. n. 799 del 1998 costituisce mera argomentazione difensiva nell’ambito della già espletata resistenza alle avversarie pretese (Cass. 18 gennaio 2012, n. 712), il che esclude che la questione soggiaccia a limiti e preclusioni.

3.3. Quanto alla tardività della produzione, essa non impedisce l’acquisizione del documento, in ragione della sua indispensabilità ai fini del giudizio, in quanto idoneo a sovvertirne l’esito, e tanto in forza dei poteri istruttori ufficiosi di cui dispone anche il giudice d’appello ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, (vedi, per tutte: Cass. n. 712 del 2012, cit.).

4. Gli ulteriori motivi di ricorso, la cui intima connessione ne consiglia la trattazione unitaria, sono infondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto modo di affrontare le tematiche giuridiche sollevate dal ricorrente (cfr., ex plurimis: Cass. 11 settembre 2007, n. 19025; Cass. 9 settembre 2008, n. 22890; Cass. 23 luglio 2010, n. 17367; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4757; Cass. 712 del 2012 cit.; Cass. 29 settembre 2014 n. 20466, Cass., 28 agosto 2015, n. 17290; Cass. 9 settembre 2015, n. 17841).

4.1. Nelle suddette sentenze è stato osservato che: a) in base al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 17 poi trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, gli enti pubblici non economici nazionali, e quindi anche l’INPS, devono adeguare i propri ordinamenti a quelli stabiliti nel decreto legislativo, adottando appositi regolamenti di organizzazione; b) l’INPS ha adempiuto a tale dovere con la ricordata Delib. n. 799 del 1998; c) nell’art. 16 sono state ridisegnate le funzioni dirigenziali, e, diversamente da altre disposizioni di carattere organizzativo, per l’efficacia di quelle attinenti alla dirigenza non è stato previsto alcun differimento sino all’integrale realizzazione del nuovo modello organizzativo; d) dal rilievo secondo cui il differimento costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitate senza quel modello, non può trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il modello precedente mantenessero il loro carattere dirigenziale; e) una simile conclusione da un lato non considera che una siffatta classificazione avrebbe in definitiva comportato la reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con le norme recate dal D.Lgs. n. 80 del 1998 (poi consolidate con il D.Lgs. n. 165 del 2001) e, dall’altro lato, non tiene conto dei profili valutativi (e peraltro indirettamente regolativi) delle norme di cui alla citata Delibera; f) le suddette fonti normative, nonchè il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore 1998/2001 – sottoscritto nel febbraio 1999 ma riguardante, per volontà delle parti (art. 2, comma 1, del CCNL stesso), il periodo dal 1 gennaio 1998 – portano a concludere che le medesime mansioni che nel precedente regime pubblicistico venivano considerate dirigenziali possono essere diversamente qualificate nel regime privatistico del pubblico impiego, in considerazione del diverso contenuto e rilievo che ad esse è stato attribuito in tale ultimo regime; g) nel suindicato ambito è collocabile anche il personale del ruolo esaurimento (espressamente preso in considerazione dall’art. 13, comma 1, del citato CCNL 1998/2001) e, nel nostro caso, gli ispettori generali del ruolo ad esaurimento, di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, in cui è confluito, fra l’altro, il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 (sul punto vedi anche: Cons. Stato, sez. 6, sentenze n. 1887 e n. 1888 del 2005).

4.2. Conseguentemente, la tesi di G.C., fondata sul rilievo secondo cui la funzione di direzione dell’Ufficio Coordinamento Riscossione Contributi avrebbe avuto natura e carattere dirigenziale, non è conferente, poichè, in base al ricordato D.Lgs. n. 80 del 1998, è dirigenziale solo la funzione che risponde al modello ivi disegnato, cosicchè, qualora l’ente pubblico interessato si adegui alle nuove regole, pur mantenendo transitoriamente un assetto non corrispondente al nuovo modello, la valutazione delle funzioni che si esercitano in tale organizzazione, per stabilire se esse siano o no dirigenziali, dovrà essere riferita alle nuove regole e non a quelle precedenti.

4. – Conclusioni.

5. In sintesi, la sentenza impugnata ha correttamente ancorato la propria valutazione a questi principi, sicchè essa non merita le censure pur diffuse ed articolate svolte nei motivi di ricorso (nello stesso senso, oltre alla richiamata Cass. 15 novembre 2015, n. 24062, vedi anche: Cass. 7 marzo 2014, n. 5332; Cass. 16 gennaio 2015, n. 664; Cass. 9 settembre 2015, n. 17841).

Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio si cassazione, liquidate in Euro 100,00 (cento/00) per esborsi, Euro 4.000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge nonchè rimborso spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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