Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28158 del 24/11/2017


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 28158 Anno 2017
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso 23368/2016 proposto da:
Shahin Mia, elettivamente domiciliato in Roma, Via Sardegna
n.29, presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro, che lo
rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente contro
Prefettura di Roma;
– intimata –

C,53

avverso il provvedimento

del GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositato il 29/07/2016;
1

Data pubblicazione: 24/11/2017

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2017 dal cons. FALABELLA MASSIMO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

quanto di ragione.

FATTI DI CAUSA
1. — Il Prefetto della Provincia di Roma emetteva decreto
di espulsione in danno di Shahin Mia sul presupposto che lo
stesso, cittadino extracomunitario nato in Bangladesh e di
cittadinanza bengalese, era entrato irregolarmente nel territorio
dello Stato in data 1 ottobre 2015 attraverso la frontiera di
Trieste.
2. — L’impugnazione del decreto avanti al Giudice di pace
di Roma era definita con ordinanza di rigetto depositata il 29
luglio 2016.
3. — Contro la pronuncia ricorre per cassazione il predetto
Shahin Mia, il quale fa valere due motivi. Il Prefetto della
Provincia di Roma, intimato, non ha svolto attività processuale
nella presente sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. — Le due censure possono riassumersi nei termini che
seguono.
1.1. — Il primo motivo denuncia la violazione o falsa
applicazione degli artt. 13 d.lgs. n. 286/1998, come modificato
dal d.l. n. 241/2008 e 18 d.lgs. n. 150/2011 e la contestuale
violazione o mancata applicazione degli artt. 23 I. n. 689/1981,
737 e 738 c.p.c., 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, ratificata con I. n. 848/1955, nonché degli artt. 24 e
111 Cost., in relazione all’art. 14, comma 5
2

ter d.lgs. n.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per

286/1998; lamenta, altresì, l’irragionevolezza, l’arbitrarietà e
l’illogicità della motivazione. L’istante, in sintesi, si duole della
illegittimità della impugnata ordinanza, la cui motivazione
risultava del tutto incomprensibile.

2008/115/CE, come recepita dall’art. 3 d.l. n. 89/2011,
convertito in I. n. 129/2011, in riferimento alle modifiche
apportate dall’art. 13, comma 5, n. 1 d.lgs. n. 296/1998 e degli
artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, per come interpretati dalla Corte di giustizia nelle
sentenze rese con riferimento ai procedimenti C-166/13 e C383/13. L’istante deduce, in particolare, che il Giudice di pace,
nel respingere il secondo motivo di ricorso, aveva omesso di
giudicare della censura con la quale si era rilevato che la
mancata informativa circa la possibilità di chiedere il termine per
la partenza volontaria aveva di fatto leso il diritto di difesa e
violato il principio del contraddittorio, essendo stato lo stesso
istante sostanzialmente privato della possibilità di cooperare al
rimpatrio optando per la predetta modalità di esecuzione del
provvedimento.
2. — I due motivi possono esaminarsi congiuntamente e
appaiono fondati.
Come è esposto in ricorso, l’odierno istante aveva basato
l’impugnazione proposta avanti al Giudice di pace su due motivi.
Con il primo aveva dedotto che sarebbe stato preciso obbligo
della Prefettura provvedere ad idonea traduzione, per il tramite
della predisposizione di schede plurilingue, del decreto di
espulsione e del modulo recante l’informativa circa la facoltà di
richiedere un termine per la partenza volontaria. Con il secondo
aveva evidenziato di non aver avuto la possibilità di richiedere il
detto termine posto che, tra l’altro, il decreto di espulsione
3

1.2. — Il secondo motivo censura la violazione della dir.

impugnato era tradotto in lingua a lui non comprensibile.
Il Giudice di pace, nel respingere l’opposizione al decreto,
ha osservato che la lingua ufficiale del Bangladesh era l’inglese e
che non erano stati «portati elementi tali da consentire il rigetto

Va ricordato che secondo l’art. 13, comma 5.1, d.lgs. n.
286/1998, ai fini dell’applicazione del comma 5, e cioè
dell’eventuale esercizio da parte dello straniero, della
concessione di un termine per la partenza volontaria,

«la

questura provvede a dare adeguata informazione allo straniero
della facoltà di richiedere un termine per la partenza volontaria,
mediante schede informative plurilingue».
Ciò posto, il provvedimento di espulsione dello straniero è
rimesso alla potestà deliberativa esclusiva del prefetto, la cui
legittimità è nondimeno sindacabile avendo riguardo proprio al
fatto che il cittadino straniero non abbia potuto esercitare la
propria opzione in ordine alla richiesta di rimpatrio mediante
partenza volontaria, previa adeguata informazione a mezzo di
schede informative plurilingue (Cass. 28 gennaio 2014, n.
1809).
In tal senso, il Giudice di pace avrebbe dovuto accertare se
l’odierno ricorrente fosse stato posto nella condizione di
avvalersi della nominata opzione. E a tal fine l’affermazione,
contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui la lingua
ufficiale del Bangladesh è l’inglese non spiega se, in concreto,
all’odierno istante fosse stata rappresentata la possibilità di
richiedere un termine per la partenza volontaria: questione che,
come si è visto, Shahin aveva specificamente posto nel ricorso.
L’ordinanza adottata dal Giudice di pace risulta, dunque,
realmente priva di idonea motivazione, giacché la statuizione
non è comprensibilmente argomentata.
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della espulsione prefettizia».

Deve qui evidenziarsi che il provvedimento del giudice di
pace, anche se adottato all’esito del procedimento camerale di
opposizione all’espulsione, è affetto da nullità ove sia del tutto
privo dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la

avente ad oggetto diritti soggettivi (Cass. 4 agosto 2010, n.
18108).
3. — L’ordinanza impugnata va quindi cassata e rinviata al
Giudice di pace di Roma, incaricato di regolare anche le spese
del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la
causa al Giudice di pace di Roma, in persona di diverso
magistrato, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio
di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sezione Civile, in data 14 luglio 2017.

Il Consigliere estensore

1a

decisione, venendo in questione un procedimento contenzioso

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